Il governo nicaraguense ha abrogato lo status giuridico di oltre 25 organizzazioni cattoliche, tra cui ordini religiosi come i francescani, i carmelitani e gli agostiniani, un’altra Caritas diocesana e gruppi cattolici laici, nell’ambito di un attacco alla società civile con la chiusura di 1.500 organizzazioni non governative.
Le chiusure, annunciate il 19 agosto dal Ministero degli Interni, hanno preso di mira gruppi religiosi e civili che vanno dalle Chiese protestanti al Rotary club, alle associazioni di produttori agricoli e persino alla Federazione nazionale di scacchi.
Una fonte che ha familiarità con il Nicaragua ha descritto le azioni del 19 agosto come «uno sforzo straordinario dello Stato nicaraguense per schiacciare le organizzazioni non governative in tutta la società nicaraguense».
L’attacco del regime sempre più totalitario del presidente Daniel Ortega e di sua moglie, la vicepresidente Rosario Murillo, ha ulteriormente eliminato gli spazi civili al di fuori del loro controllo, attaccando ulteriormente la libertà di culto.
Il regime ha chiuso almeno 5.000 organizzazioni non governative e messo a tacere i media indipendenti dal 2018, quando i manifestanti sono scesi in piazza per chiedere la destituzione del presidente andando incontro alla violenza della polizia e dei paramilitari.
Le chiusure del 19 agosto hanno preso di mira soprattutto le organizzazioni e le Chiese evangelicali, molte delle quali sono state descritte come modeste dai media indipendenti.
È proseguito anche l’assalto alle organizzazioni cattoliche, che ha visto tra gli ordini religiosi cancellati: i Frati Minori Cappuccini, le Suore Carmelitane del Divin Cuore di Gesù, i monaci e le suore agostiniane, i Missionari Mercedari di Berriz, l’Ordine dei Cistercensi della Stretta Osservanza (noto anche come Suore Trappiste) e i Fratelli della Carità.
Due organizzazioni salesiane sono stati cancellati: l’Associazione dei Cooperatori Salesiani e l’Associazione delle Donne Salesiane. Altre organizzazioni cattoliche che hanno perso la loro status giuridico sono i Missionari Catechisti Lumen Christi, la Fondazione San Pio e l’Associazione delle Comunità Cristiane di Base.
Anche la Caritas della diocesi di Granada è stata abrogata. La chiusura segue quella del 12 agosto della Caritas della diocesi di Matagalpa, guidata dal vescovo in esilio Rolando Álvarez. La fonte che ha parlato con OSV News ha descritto l’attacco alle sedi della Caritas come un attacco del regime che «non vuole che nessuno, se non lo Stato o chi considera affidabile, fornisca servizi alla cittadinanza».
Il Ministero degli Interni ha affermato che i 1.500 gruppi di ONG che hanno perso la loro registrazione non hanno reso conto in modo corretto allo Stato delle loro finanze «per periodi compresi tra uno e 35 anni», oltre ad aver «ostacolato il suo controllo e la supervisione» su tali organizzazioni. Lo Stato nicaraguense sequestra di fatto i beni dei gruppi non governativi che perdono il loro status giuridico.
La abrogazione di così tante Chiese e organizzazioni ecclesiastiche – evangelicali e cattoliche – rimarca la soppressione della vita religiosa sotto il regime sandinista.
In una dichiarazione del 19 agosto, il Centro de Asistencia Legal Interamericano en Derechos Humanos ha descritto le Chiese evangelicali come «gli ultimi luoghi in cui i nicaraguensi possono riunirsi liberamente. Di conseguenza, le ONG rimaste esercitano la libertà di associazione in maniera minima». Il gruppo per i diritti umani Colectivo Nicaragua Nunca Más ha riferito che almeno 21 pastori evangelicali sono stati esiliati, mentre a tre è stato negato il rientro nel Paese – contando le cancellazioni legali di circa 420 organizzazioni cristiane.
Fino a poco tempo fa le Chiese evangelicali del Nicaragua erano considerate meno vocali e non attiravano le ire del regime.
Secondo le fonti, le Chiese cattoliche sono da tempo oggetto di spionaggio e i sacerdoti devono stare attenti alle loro parole, anche durante le omelie. Il regime ha inoltre proibito le espressioni di fede, chiudendo i media cattolici, cancellando i progetti di beneficenza della Chiesa e fermando le processioni e le celebrazioni dei santi patroni al di fuori delle proprietà ecclesiastiche.
Martha Patricia Molina, un avvocato in esilio che segue le aggressioni contro la Chiesa cattolica nicaraguense, ha contato 9.688 tentativi di impedire processioni e attività religiose dall’aprile 2018. Il suo ultimo rapporto sulla persecuzione della Chiesa è stato pubblicato il 15 agosto e ha documentato 154 tra vescovi, sacerdoti, diaconi, seminaristi e 91 suore impossibilitati a lavorare in Nicaragua, essendo fuggiti dal Paese, esiliati con la forza o semplicemente impediti a rientrare dopo un viaggio all’estero.
Dal 2018, secondo il rapporto di Molina, quasi 250 sacerdoti, suore, vescovi e altri membri della Chiesa cattolica sono stati costretti a lasciare il Paese, con tre vescovi e 136 sacerdoti espulsi e giunti negli Stati Uniti o in Vaticano.
Almeno 14 cattolici laici sono attualmente imprigionati per motivi religiosi, ha dichiarato Molina all’agenzia di stampa Confidencial. Altre carenze hanno decimato diocesi come Matagalpa ed Estelí – entrambe guidate dal vescovo Álvarez – insieme alla diocesi di Siuna, da cui è stato esiliato il vescovo Isidoro Mora. Entrambi i vescovi Álvarez e Mora sono stati esiliati a gennaio in Vaticano, insieme ad altri 17 ecclesiastici.
Secondo Molina, la diocesi di Matagalpa ha perso più dell’80% dei suoi sacerdoti, mentre le diocesi di Estelí e Siuna hanno subito perdite significative di clero. «Poiché non ci sono sacerdoti nella zona, sono i laici ad assumere alcuni ruoli, come le celebrazioni della Parola o visitare i malati per portare loro la comunione» – ha detto Molina.
La cancellazione di 1.500 ONG è avvenuta mentre altri due sacerdoti sono stati esiliati in Vaticano: i padri Leonel Balmaceda e Denis Martínez sono stati inviati a Roma il 17 agosto, secondo i media indipendenti nicaraguensi.
La Compagnia di Gesù, che è stata cacciata dal Nicaragua nel 2023, ha rilasciato una dichiarazione in occasione del primo anniversario della confisca della sua prestigiosa Università centroamericana, poi riaperta dal governo come istituzione allineata ai sandinisti, chiedendo al governo di «fermare la repressione, smettere di commettere violazioni sistemiche dei diritti umani e rilasciare i prigionieri politici».
La dichiarazione del 15 agosto della Provincia centroamericana dei gesuiti continuava esortando il governo ad «accettare la ricerca di una soluzione razionale, in cui prevalgano la verità, la giustizia, il dialogo, la libertà accademica e lo stato di diritto».