I messaggi di Sinwar e gli umori del Medio Oriente

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Sinwar1

Osama Bin Laden si nascose a lungo nelle caverne di Tora Bora. Da lì riusciva anche a far arrivare i suoi messaggi, che a quel tempo influivano sugli umori popolari che poi hanno voltato le spalle ad al Qaida.

Yahya Sinwar si nasconde nei tunnel di Gaza, da dove recentemente sembra aver deciso di far arrivare suoi personali messaggi. Una novità poco studiata ed emersa in questi ultimi tempi.

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Sinwar è leader ufficiale di Hamas dai giorni successivi all’assassinio del precedente capo di Hamas, Ismail Hanyeh, ucciso a Tehran alla fine di luglio. Il primo messaggio ufficiale attribuito a Sinwar, l’architetto del pogrom del 7 ottobre, è stato un inusuale ma importante messaggio di felicitazioni per la rielezione ai vertici dell’Algeria, il 7 settembre scorso, del presidente uscente Abdelmajid Tebboune.

Elezioni anticipate d’ufficio di tre mesi nello scorso marzo (inizialmente erano previste a dicembre) dallo stesso presidente, che non aveva ritenuto opportuno fornire, agli elettori algerini e alle opposizioni, plausibili ragioni per giustificare la decisione: ha voluto rendere più complicato ai suoi avversari fare campagna elettorale in pieno agosto? È un’ipotesi: di certo lui ha ottenuto un consenso altissimo, forse troppo: il 94% dei voti. Forse però conta anche dire che ha votato il 23% degli aventi diritto. Regime militare e da molti definito spietato, quello algerino, per parlare del quale occorrerebbe scrivere un libro. Si può dire che è da sempre molto simile al regime della Siria, apparentemente laico, ma nella sostanza vicino all’Iran, che di laico ha molto poco. A lui, a Tebboune, Sinwar ha voluto far arrivare le sue pubbliche felicitazioni per la vittoria.

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Ora il nuovo capo di Hamas, a pochi giorni da questo messaggio, ne ha fatto pervenire un altro ufficiale, questa volta al capo di Hezbollah, la milizia filo-iraniana che dal Libano è impegnata in una guerra d’attrito con Israele dal 9 ottobre – che fa parte del famoso “asse della resistenza”, che coinvolge la Siria, milizie irachene e i famosi Houti yemeniti, quelli che per contrastare Israele colpiscono le navi di questo o di quello in transito per il Mar Rosso.

Ufficialmente infatti questa guerra d’attrito è una “guerra di sostegno” a Gaza. E proprio di questo Sinwar ringrazia Nasrallah. Nessuno dei due ha mai spiegato in cosa consista questo sostegno. Come l’azione di Hezbollah avrebbe aiutato Gaza e i suoi abitanti non si capisce.

L’azione militare israeliana ha seguito il suo corso per quasi un anno ormai; e gli israeliani che hanno dovuto lasciare il nord di Israele per le bombe di Nasrallah hanno offerto un argomento a chi sostiene non il cessate il fuoco a Gaza, ma la guerra al terrorismo.

Ma a quell’emergenza creata a nord ha corrisposto a un’emergenza di cui mai si parla, quella dei centomila libanesi che dal sud del Libano sono dovuti fuggire mai ricordati da Hezbollah. Oggi fanno la fame per le strade di Beirut. E la campagna contro Gaza procede.

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Nel messaggio di Sinwar si affermerebbe testualmente, secondo il testo letto dalla televisione di Hezbollah, che “Hamas e i suoi combattenti continueranno a seguire [le posizioni di Haniyeh], prima fra tutte l’unità palestinese sulla scelta del jihad e della resistenza, e l’unità della nazione, con al centro l’asse della resistenza”.

Questa unità è in realtà l’imposizione di una linea precisa e non certo unitaria, quella di mettere la questione palestinese nel cesto iraniano. Questa linea non rappresenta che la visione di una corrente.

Dunque con i suoi due messaggi Sinwar va a collocare chiaramente Hamas nel campo filo-iraniano, cercando anche di allargarlo e in altro senso di cementarlo? Si consideri che secondo i libanesi che si oppongono a Hezbollah, quel campo non ha alcun interesse a difendere gli interessi del popolo palestinese, ma solo quelli politici degli ayatollah iraniani – che intendono consolidare ed estendere la loro area di influenza regionale conquistando la questione palestinese intestandosela.

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Le speculazioni sulle reali finalità, preferenze, obiettivi di Sinwar richiedono grandissima conoscenza di ciò che si muove dentro il suo campo, se non proprio dentro di lui. Ma è certo che l’allineamento a Teheran, ora evidente, avrà un significato.

Per capirsi: esistendo campi e politiche diverse, chi  avesse voluto favorire il cessate il fuoco a Gaza avrebbe tenuto una linea, un’altra chi avesse voluto favorire una identificazione della questione palestinese con “l’asse della resistenza” patrocinato dai pasdaran iraniani.

Ma questi movimenti hanno un effetto non solo sui soggetti direttamente coinvolti e suoi loro Paesi. La guerra di Gaza, per moltissimi osservatori, ha influito anche sull’esito delle recenti elezioni giordane. Non notate da quasi nessun osservatore straniero, come anche dalla vastissima maggioranza degli elettori giordani, le elezioni giordane hanno comunque dato un’indicazione importante.

Certo, ha votato solo un milione dei cinque milioni di giordani che avevano diritto al voto, ma nella esigua fetta di Parlamento che viene determinata in base al consenso conseguito dai partiti (ciò che pesa viene determinato dal re e dai capi tribali) ha avuto un successo eclatante la Fratellanza Musulmana, cuore di quell’islam politico che tanto preoccupa anche la corona giordana.

Ovviamente la maggioranza parlamentare resta solidamente fedele al re, ma gli umori della piazza, che avevano riservato più magri bottini ai Fratelli Musulmani nelle passate competizioni, dicono molto di quanto il non raggiungimento del cessate il fuoco influisca sugli umori.

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