Alluvioni, clima e illusioni

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Vittorio Marletto, fisico, già responsabile dell’osservatorio clima Arpae, oggi nel direttivo dell’associazione scientifica Energia per l’Italia fondata da Vincenzo Balzani (qui). Qui risponde alle domande di Giordano Cavallari, dopo i ripetuti fenomeni alluvionali in Emilia-Romagna e in altre regioni italiane. Per contatti: qui.

  • Vittorio, una nuova devastante alluvione, nella stessa zona, dopo 16 mesi dalle precedenti, già considerate eccezionali: che sta succedendo al clima?

Il clima globale, con quello italiano, sta peggiorando a tutta velocità, sotto la spinta delle continue emissioni di anidride carbonica e di altri gas serra generate dall’umanità (siamo da anni al livello record di 50 miliardi di tonnellate annue, ben oltre 6 tonnellate per abitante). L’anno 2023 in particolare è stato molto più caldo di tutti quelli precedenti a livello globale; l’estate 2024 la più calda.

  • Vuoi spiegare, di nuovo, cos’è il riscaldamento globale e quali sono gli effetti, di per sé, apparentemente, contraddittori, tra siccità e alluvioni?

Il clima si surriscalda sotto l’effetto del continuo accumulo in atmosfera di nuova CO2 (e metano più altri gas serra minori). Sopra le nostre teste pende invisibile una massa di quasi 1.000 miliardi di tonnellate di nuova CO2, accumulatasi in particolare nel secondo dopoguerra, a seguito dell’enorme sviluppo economico globale, sorretto da un uso estremamente massiccio di fonti energetiche fossili quali carbone, petrolio e gas metano. Gli effetti di questa innaturale iniezione di gas serra sono stati ampiamente previsti dai climatologi già molti anni fa perché i modelli del premio Nobel Suki Manabe risalgono al 1967: questi generano un aumento delle temperature in tutte le stagioni, con particolare forza in estate e alle latitudini più elevate, con un cambiamento della meteorologia, caratterizzato dalla diminuzione dei giorni di pioggia, l’aumento dei periodi siccitosi, e la concentrazione delle precipitazioni in eventi estremi come quello che si è abbattuto lo scorso 18 settembre sull’Appennino romagnolo, nelle stesse zone già colpite dagli eventi del maggio 2023.

  • Perché vanno sott’acqua le stesse zone? Quali le caratteristiche idrogeologiche e gli interventi umani, evidentemente sbagliati, avvenuti sulle colline, sui corsi d’acqua e in pianura?

Le zone più colpite dalle precipitazioni estreme sono quelle montane e pedemontane, dove l’aria molto umida e calda è costretta a salire in fretta, con l’effetto di una rapida condensazione del vapor d’acqua e la sua precipitazione localizzata in forma di pioggia e grandine, o neve alle quote più alte. Le dimensioni delle piogge generate dal nuovo clima sono tali da mettere in crisi i sistemi tradizionali di regimazione delle acque superficiali, concepiti per un clima diverso dal presente e ormai relegato al passato. Urge una profonda revisione dei concetti di idraulica applicata al territorio.

  • Stiamo assistendo al consueto rimpallo di responsabilità e competenze tra gli Enti – Stato, Regioni, Comuni – e tra figure istituzionali varie. Ha senso?

Purtroppo, in Italia le burocrazie che ruotano intorno al governo delle acque di superficie hanno l’aspetto di un vero e proprio ginepraio, con competenze distribuite tra lo stato, le regioni, i comuni e una pletora di altri enti, come le autorità di bacino, i consorzi di bonifica ecc. Tutto questo ostacola l’efficacia e la rapidità degli interventi necessari. Perciò, vengono spesso messi in campo i «commissari straordinari». Ma appare evidente che il sistema non funziona e soprattutto risulta inadeguato di fronte all’urgenza di proteggere i cittadini e il territorio dalla furia degli elementi.

  • Quali erano o quali sono i piani di intervento, non solo di ripristino, ma anche di vera prevenzione?

L’Italia è in grave ritardo rispetto alle altre nazioni europee per quanto riguarda l’adattamento ai cambiamenti climatici. La pianificazione per l’adattamento in Francia è cominciata all’inizio del secolo mentre noi solo di recente abbiamo visto uscire un piano nazionale, che peraltro è stato subito e ampiamente criticato per la sua inadeguatezza. Per capire cosa fare, si deve studiare quel che accade all’estero, per esempio consultando la piattaforma europea Climate Adapt, a cura dell’Agenzia europea per l’ambiente. In Emilia-Romagna, in particolare, penso sia urgente la nomina di una commissione scientifica composta da professori ed esperti, anche internazionali, di chiara fama, capace di indirizzare l’azione dei diversi enti al contenimento dei danni da pioggia, sia nelle città che nelle campagne. Siamo in prossimità delle elezioni regionali di novembre. Sono curioso di sapere cosa intendono fare i diversi candidati su questi temi cruciali.

  • Torniamo alla causa: è ancora possibile frenare i cambiamenti climatici determinati dal riscaldamento globale?

È’ ancora possibile evitare che le condizioni climatiche peggiorino ulteriormente, ma per arrivare a questo si devono abbattere drasticamente le emissioni climalteranti, come chiede a gran voce il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, laureato in fisica e dunque perfettamente in grado di capire il messaggio della scienza climatica condensato nei rapporti IPCC.

In particolare, si devono seguire le istruzioni fornite dal piano europeo «Green deal» e non ostacolarle in ogni modo, come vedo fare dai governi nazionali e persino regionali (Todde e la sua moratoria sulle energie rinnovabili). Servono in fretta grandi quantità di rinnovabili, in particolare solare ed eolico, per arrivare a spegnere le centrali termoelettriche (gli inglesi hanno in questi giorni spento l’ultima centrale a carbone). Serve passare alle auto a batteria per abbattere le emissioni dei trasporti, che in Italia sono enormi, solo le auto fanno 65 milioni di tonnellate di CO2, quanto l’intera Romania. Bisogna anche smettere di sovvenzionare gli inquinatori, per esempio gli aeroporti devono smettere di dare soldi a Ryanair, che ormai è il decimo grande emettitore europeo. La mitigazione non è un gioco e richiede chiarezza di scopi e volontà ferrea da parte dei politici.

  • Il governo – e l’alta industria – ci sta insistentemente parlando di soluzione nucleare: è così? È questa la soluzione? O qual è?

Per accendere una nuova centrale nucleare in Finlandia ci hanno messo 25 anni, mentre in Italia l’anno scorso abbiamo installato nuovo eolico e solare per la stessa potenza. Con le rinnovabili possiamo fare in fretta e senza rischi quel che ci serve, ovvero generare elettricità a basso prezzo e senza emissioni. Il nucleare peraltro già lo usiamo, acquistando a basso prezzo l’eccesso produttivo francese. Non perdiamo tempo e soldi dietro alle chimere.

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