Gesuiti-abusi: uno sportello per le vittime di padre De Luca

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Durante il viaggio di Francesco in Belgio non sono mancate polemiche e richiami severi sul tema degli abusi, dall’intervento del primo ministro al saluto inziale, cui il papa ha risposto allargando a braccio il discorso, alla domanda della giornalista che chiedeva l’istituzione di una struttura indipendente, con maggiore autonomia anche in termini economici dell’attuale commissione.

Il momento importante è stato l’incontro con le vittime, segno della volontà di attenzione. Il gruppo di 15 persone è stato selezionato partendo da un gruppo di ottanta e presentava le diverse posizioni delle vittime: da chi vedeva in Francesco il nemico a chi riconosceva nel papa una figura portatrice di speranza a chi sottolineava la necessità di indennizzi che davvero coprano le tante spese di chi si sentiva ormai fuori dall’incubo. Tra questi c’era anche chi ha dichiarato di attendere dal papa parole «inattese».

Effettivamente questo è il desiderio di tutti. Anche chi convintamente non fa passare sotto silenzio i continui casi che emergono, sente il bisogno e spera di giungere a una svolta «decisiva» sul tema, a tutti i livelli.

Un nuovo caso italiano

Per ora dobbiamo solo registrare un altro caso. Le accuse a padre Sauro De Luca − gesuita, morto nel 2012 − «riguardo atti di abuso sessuale su minore perpetrati durante le attività del MEG» (Movimento eucaristico giovanile dei gesuiti), che il religioso ha guidato dal 1967 al 1998.

Siamo ancora di fronte a un personaggio di spicco, ma parlandone si scopre che «tra la gente» ancora ci si stupisce che siano soggetti che ricoprono un ruolo di leader. E questo significa che ancora, almeno in Italia, la cosa è percepita come una serie tristemente finita, ma una serie e non un sistema.

Già nel 2010 c’era stata un’inchiesta interna a seguito di denunce e p. Sauro aveva confessato e ricevuto la destinazione a Gallarate, dove c’è una comunità che funge da infermeria. Lì non aveva potuto incontrare nessuno al di fuori della comunità.

E tuttavia stupisce che in un bollettino locale on line (il Centro 8 giugno 2012) si sia potuto dare risalto a una messa di ricordo. La preghiera non si nega a nessuno, ma celebrarlo come grande animatore del movimento certo sarà stato urtante per le vittime.

Oltre alle vittime di allora, recentemente si sono fatte avanti altre donne, così da indurre l’attuale responsabile del MEG, padre Renato Colizzi, a prendere iniziative.

In questo caso i gesuiti si sono mossi con determinazione. È stata istituita una commissione di ascolto, presieduta da Grazia Villani dell’associazione METER, fondata da don Fortunato di Noto per contrastare la pedofilia offrendo vari tipi di supporto. E tutte le persone coinvolte sono state invitate a denunciare.

Qualcosa si è mosso meglio

Rispetto alle lentezze e alle contraddizioni nella gestione di altri casi, si può dire che qualcosa si è mosso meglio. Il fatto che p. Sauro sia deceduto ha sicuramente facilitato il compito.

Il comunicato riconosce in certo senso tutto questo perché dichiara di aver voluto ribaltare il punto di vista. Con l’istituzione di uno sportello di ascolto, specifico per questo caso, i gesuiti hanno qui dimostrato di avere a cuore la vita delle vittime e non la vita dell’istituzione.

La situazione, che poteva anche indurre a lasciar perdere dato che il padre non c’è più, sembra non incidere sulle decisioni della Compagnia, perché appunto si tratta di riconoscere la fatica di chi vive certe situazioni e riesce a elaborale solo dopo molti anni, dopo aver trovato il coraggio necessario. In questo caso le denunce sono di donne che all’epoca dei fatti avevano 15 e 16 anni.

Il merito poi del comunicato della Compagnia è forse quello di essersi posto la domanda su possibili altre vittime. Da qui la decisione di aprire lo sportello («una fase di ascolto di chiunque abbia qualcosa da dire in proposito»).

In questa vicenda si possono vedere luci e ombre. Ad esempio, un’indagine interna che non ha coinvolto la giustizia penale, ma anche il fatto che la confessione dello stesso padre ha certo reso più facile muovere dei passi, così come la sua morte.

La dichiarazione finale del comunicato stampa rinvia a una prospettiva di liberazione dal male: «Iniziamo un cammino, la via appunto, per arrivare alla verità, nella speranza che questa produca vita. Per le vittime sopravvissute, per il MEG, per la Compagnia, per la Chiesa».

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