Gaza: oltre ogni limite

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AP Photo/Abdel Kareem Hana – Associated Press/LaPresse

Farid Adly è il direttore editoriale della agenzia di informazione sul Medio Oriente ANBAMED che, da un anno, documenta quotidianamente la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza.

La situazione umanitaria della popolazione di Gaza è oltre ogni limite: sofferenze per i bombardamenti con il loro flagello di morti, feriti e dispersi, evacuazioni forzate da un posto all’altro, su e giù per la Striscia sotto i bombardamenti, fame e sete, mancanza di cure dei malati e dei feriti; sofferenze ancora maggiori sono quelle psicologiche, in particolar modo dei bambini, che non si cancelleranno per generazioni.

In un anno di occupazione, al 7 ottobre 2024, l’esercito israeliano ha determinato la morte di 41.909 civili e il ferimento di altri 97.303. Ci sono inoltre 17 mila dispersi denunciati dalle famiglie, probabilmente morti e sepolti sotto le macerie, mentre molti corpi smembrati sono sepolti in fosse comuni.

Una nuova Nakba

È una nuova catastrofe, una nuova Nakba in arabo, come nel 1948, quando Israele fu istituito dagli ex colonialisti sulla Palestina, cacciando con la violenza delle armi la sua popolazione.

Due milioni e 300 mila persone sono chiuse in un piccolo territorio di meno di 360 kmq, che è l’area di tutta la Striscia di Gaza, assediata da terra e da mare dal 2006 da parte dell’esercito e della marina israeliane.

Dall’inizio dell’ultima aggressione, dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, la popolazione di Gaza è senza elettricità, senza cibo, acqua, medicine e carburanti. L’esercito israeliano ha frenato l’ingresso degli aiuti umanitari forniti dagli organismi dell’ONU, lasciando passare una quantità che non basta al 24% dei bisogni, secondo un rapporto del Programma Alimentare Mondiale (PAM).

All’inizio di questo mese di ottobre, l’UNRWA ha dichiarato che la popolazione palestinese di Gaza ha la possibilità di consumare − un giorno sì e l’altro no − un solo pasto.

Il 90% degli abitanti è nella condizione di sfollato e la stragrande parte ha subito anche 5 o 6 sfollamenti, per sfuggire ai bombardamenti.

L’aspetto veramente diabolico nel disegno dei generali israeliani è quello di aver distrutto le fonti di acqua per costringere la popolazione a sfollare verso Sud, a Rafah e nella zona di Al-Mawassi, definita sicura, per poi bombardarla e causare, ad oggi, la più grande strage di questa guerra: a Nuseirat, a giugno, un campo di sfollati formato da tende di plastica e listelli di legno è stato bombardato con bombe al fosforo bianco, provocando l’uccisione di 275 persone e il ferimento di quasi 700. Mentre nel Nord della Striscia, tutti i pozzi di acqua potabile, sia quelli urbani sia quelli agricoli, sono stati distrutti e chiusi con il calcestruzzo.

L’opera di distruzione sistematica ha toccato anche il sistema fognario e le strade, tutte distrutte con i bulldozer, per impedire ogni nuova urbanizzazione della zona. Il 65% delle costruzioni sono state completamente distrutte e un altro 20% parzialmente danneggiato. Per la ricostruzione ci vorranno almeno 10 anni e 80 miliardi di dollari, secondo i calcoli di un istituto urbanistico statunitense. Il costo dello sgombero di 37 milioni di tonnellate di detriti richiederà il lavoro di 800 camion per un anno e mezzo, con un lavoro su tre turni di 24 ore al giorno.

Colpi mortali

Un altro settore nel quale si è fortemente palesata la capacità di devastazione dell’esercito israeliano è stato quello dell’agricoltura: i terreni agricoli sono stati arati con i bulldozer, le serre distrutte e gli alberi sradicati o bruciati. Interi allevamenti di pollame e ovini sono stati depredati o bruciati.

Gli ospedali e il sistema sanitario sono stati presi di mira, in modo predeterminato: sono stati bombardati 36 ospedali e distrutti oltre 124 ambulatori e altre strutture sanitarie specialistiche. Sono 868 gli operatori sanitari, medici e infermieri, uccisi nei bombardamenti; 150 le ambulanze distrutte dalle bombe. Gli ospedali che sono rimasti in piedi lavorano a singhiozzo per la mancanza di elettricità, di medicine e materiale sanitario di consumo. Negli ospedali rimasti in funzione al minimo delle loro capacità, i medici affermano che per sterilizzare le usano l’acqua del mare e operano senza anestesia.

Secondo un rapporto dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale di Sanità, 25 mila malati e feriti palestinesi di Gaza hanno bisogno di cure all’estero ma, dai primi di maggio, il valico di Rafah è stato occupato dall’esercito israeliano per cui non vi passa più nulla, né merci, né persone. Particolarmente grave è la situazione dei malati di cancro e di coloro che hanno bisogno della dialisi: sono condannati alla morte lenta.

Un altro capitolo drammatico è quello degli arresti arbitrari di circa 10 mila gazzawi, molti dei quali solo sulla base di sospetti determinati dalla loro giovane età. Molti sono stati in seguito rilasciati e hanno narrato storie indicibili di torture, maltrattamenti e violenze sessuali.

«Siamo stati lasciati all’aria aperta in mezzo al deserto, completamente nudi con dei pannoloni per i bisogni, senza acqua e con un pasto al giorno fatto di un pezzo di pane con un cetriolo o un pomodoro. Durante gli interrogatori ci picchiavano sulle ginocchia, sulle caviglie, sulla testa e sui genitali, una forma di tortura per non uccidere ma per causare menomazioni permanenti»: lo ha detto un detenuto liberato nell’agosto 2024 che da Sde Tieman, nel deserto del Negev, ha raggiunto la sua città Khan Younis a piedi.

Nel campo di concentramento di Sde Tieman e in altre carceri israeliane, secondo un rapporto dell’ente nazionale palestinese per la protezione dei detenuti, sono morti 36 prigionieri di guerra palestinesi, tra i quali un giornalista e tre medici.

Un colpo mortale lo ha ricevuto l’istruzione. Tutti gli studenti di ogni livello e grado hanno perso un anno scolastico e stanno per perdere il secondo. Sono 17 mila i bambini uccisi, 21 mila quelli orfani di almeno un genitore e 50 mila le donne incinte che a causa dei bombardamenti, sfollamenti e malnutrizione, sono in pericolo di perdere i bambini prima del parto oppure di farli nascere con forti rischi di malformazioni.

Occupare per sempre

Ogni giorno i rapporti giornalistici ci informano delle statistiche della morte a Gaza. Non c’è giorno che non ci siano tra i 50 e i 100 uccisi in stragi che cancellano intere famiglie: una delle ultime è avvenuta qualche giorno fa, mercoledì 9 ottobre, nel campo di Breij, ove sono state uccise 17 persone, tutte della stessa famiglia.

Dall’inizio di ottobre 2024, l’esercito sta riprendendo di mira soprattutto la popolazione del Nord di Gaza. Il cosiddetto “Piano dei Generali” intende svuotare il Nord della Striscia di Gaza dagli abitanti, per lasciare spazio, in un non lontano futuro, alla colonizzazione. La zona presa in considerazione è quella a Nord del Wadi, ridenominata da Israele corridoio Netzarim dal nome di un’ex colonia smobilitata nel 2005. Da oltre 10 giorni, la regione era stata dichiarata “zona militare chiusa”. Il comando militare israeliano ha ordinato agli ultimi tre ospedali operanti, parzialmente, nel territorio, di evacuare personale e pazienti. I bombardamenti sono stati intensi in questo periodo nei pressi degli ospedali Kamal Adwan di Jebalia e Shuhadaa Aqsa di Deir el-Belah. Si tratta di un piano studiato per la pulizia etnica a Gaza in tre fasi: bombardare a tappeto, mettere fuori servizio gli ospedali, far morire e ordinare l’evacuazione.

Il quotidiano Haaretz ha svelato, nel numero di martedì 8 ottobre, che il consiglio di sicurezza governativo israeliano, alla presenza del premier Netanyahu, ha discusso del piano dei ministri estremisti Ben Gvir e Smotrich riguardante il passaggio della distribuzione degli aiuti umanitari direttamente all’esercito di occupazione: è la scelta che segnala la volontà di occupare permanentemente Gaza e di sottomettere la popolazione ai militari.

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