Di fronte a un grande autore, soprattutto quando egli ha vergato migliaia di pagine e profuso la sua ricerca per decenni, può sorgere facilmente la domanda circa cosa egli ritenga essenziale, oppure più importante, all’interno del suo vasto paesaggio di scritti. A volte, capita che questa domanda venga assecondata dal pensatore in prima persona, perché egli sceglie di affidare a uno scritto uno sguardo in retrospettiva, oppure proponga egli stesso una sintesi del suo pensiero, o affidi a un’intervista, o a qualche memoria, delle considerazioni che aiutano a orientarsi, o possiedano il sapore di un testamento intellettuale e un lascito per i posteri.
Ad esempio, Balthasar ci ha consegnato il testo La mia opera ed epilogo, oppure i Paradossi di de Lubac possono certo essere una lente per guardare il vastissimo orizzonte delle sue opere. Su questa linea si pone anche l’intensa autobiografia intellettuale di Ricoeur, Riflession fatta, e così via.
Anche Romano Guardini (1885-1968) continua a essere un gigante il cui magistero influenza esplicitamente o implicitamente molte tendenze attuali. Basti citare che ben tre papi sono legati a doppio filo con Guardini: Paolo VI, Benedetto XVI e papa Francesco.
Il lascito del teologo nato a Verona e vissuto sempre in Germania − docente a Berlino dal 1923 al 1939, fino alla chiusura della sua cattedra da parte del regime nazionalsocialista, e poi di nuovo all’università di Tubinga nel 1948 e, infine, a Monaco di Baviera, fino al 1962 − deve ancora essere sviscerato in molti dei suoi anfratti. Ad esempio, le migliaia di pagine inedite che, dal 1968, giacciono negli archivi bavaresi, attendono ancora di essere pubblicate e studiate.
Il breve scritto Verità e ironia, del 1962, può essere considerato un testamento intellettuale di Guardini, a conclusione del suo lungo insegnamento universitario, insieme alla raccolta Stationen und Rückblicke, del 1965, che raccoglie dei testi in retrospettiva.
Tra le prime opere a essere pubblicate postume, spiccano le Lettere teologiche a un amico, uscite nel 1976, a cura di Johannes Spörl. Si tratta di un testo incompiuto e inedito, formato da undici scritti, quattro dei quali solamente in forma di appunti. La forma scelta da Guardini è quella di lettere indirizzate all’amico di una vita, Josef Weiger, incontrato nel 1908 durante gli studi teologici a Tubinga.
In una nota «In caso di morte», Guardini scrive: «La cartellina che reca il titolo “Essenza della Rivelazione” contiene alcuni abbozzi, risalenti agli anni 1963-1966, relativi a idee per me importanti in ordine al lavoro teologico a venire» (p. 29). La nota, invece, che accompagna tali materiali si conclude così: «Sulla scorta di queste intuizioni improvvise, in queste lettere ho fissato alcune riflessioni che mi paiono importanti da un punto di vista teologico, ma non sono ancora adatte per la pubblicazione. Forse vi si trovano i prolegomeni a nuove questioni teologiche o a un modo nuovo di affrontarle» (p. 31).
La scelta dei temi e il loro svolgimento, dunque, offrono uno sguardo su quanto Guardini considerava importante, dopo quasi cinquant’anni di studio, insegnamento e pubblicazione. Uno dei temi centrali è la comprensione cristiana del mondo e il rapporto del cristiano con esso, nella libertà e nella responsabilità. Le prime quattro lettere ruotano attorno a questi assi.
Un altro plesso tematico è costituito dall’interpretazione del contesto storico-culturale, in particolare per quanto riguarda l’esperienza religiosa e il ruolo della tecnica (lettere V-IX).
Una lettera è dedicata a Teilhard de Chardin (VII) e l’ultima è un abbozzo sull’impostazione della teologia (XI).
La lettera decima, l’unica nel cui manoscritto originale Guardini aveva apposto il sottotitolo «Una lettera teologica», è forse la perla di grande valore racchiusa in quest’opera. Si tratta di un breve testo dedicato alla fiducia che l’autore considera «la quintessenza dell’autentico comportamento umano». Le ultime righe di questa lettera sono il migliore augurio per ogni lettore: «Ti prego di riflettere bene su quel che ho detto. Probabilmente la via che conduce alla fiducia è diversa per ciascuno di noi e quel che conta è trovare la propria. Il mio augurio è che tu possa riuscirvi» (p. 153).
Questo testo, così particolare, trova una nuova vita in Italia attraverso una nuova traduzione e curatela, come volume delle opere di Guardini. L’attualità dei temi contenuti in tale volume mantiene intatta la sua freschezza e, indubbiamente, aiuta ad abitare la complessità del nostro tempo con lo sguardo di chi ha attraversato stagioni ugualmente difficili, alla luce della fede.
Romano Guardini, Lettere teologiche a un amico (Opere di Romano Guardini-Nuova serie 45), a cura di Giulio Osto, traduzione di Alessio Dal Pozzolo, Morcelliana, Brescia 2024, pp. 176, € 16,00. Don Giulio Osto è Vice Direttore dell’ISSR di Padova.
Verissimo! Guardini (cfr. https://iltuttonelframmento.blogspot.com/2019/07/a-50-anni-dalla-sua-morte-ritratto-di.html) è un teologo che merita essere letto e sono felice che vengano pubblicate le sue opere. Peccato che di altri teologi non vegano pubblicato più le loro opere che meriterebbero essere lette e rilette.