Baltici e Russia: timori e confini

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tallin

A inizio settembre mi sono recata nei Paesi Baltici spinta dalla voglia di visitare queste splendide terre e con un obiettivo ben preciso: comprendere l’atmosfera che aleggia nelle tre ex Repubbliche sovietiche, situate alle porte della Russia, alla luce della guerra in Ucraina.

Russofobia

È risaputo che tra i Paesi Baltici e la Federazione Russa non scorre buon sangue e questo ormai da diverso tempo, da quando l’Unione Sovietica incorporò forzatamente le tre Repubbliche al proprio territorio.

In seguito a quest’annessione, avvenuta nel 1940, mai riconosciuta dall’Occidente e mai accettata dagli stessi Baltici, l’Unione Sovietica avviò un intenso processo di russificazione, che vide la migrazione di molti cittadini russi verso quest’area. Subito dopo, dal 1941, ebbero inizio le deportazioni di migliaia di cittadini estoni, lettoni e lituani verso i gulag siberiani.

L’obiettivo di queste azioni era, a livello sociale, quello di spegnere le aspirazioni indipendentistiche dei tre Paesi e, a livello economico, quello di espropriare le terre dei contadini per avviare un’operazione di massiccia collettivizzazione dell’agricoltura tramite la creazione dei kolchoz. Tali azioni provocarono profonde ferite nelle tre Repubbliche che, fino al giorno dell’indipendenza, non smisero mai di lottare.

Il fantasma di quegli anni non ha mai smesso di aleggiare tra le strade e la paura di una nuova invasione non ha mai smesso di bussare alla porta, portando alla nascita di un clima di paura e di russofobia. Questo fu evidente quando, dopo l’indipendenza, Riga e Tallinn introdussero delle leggi sulla cittadinanza volte a riconoscere cittadini, lettoni ed estoni, solo coloro che risiedevano nel paese da prima del giugno del 1940, ovvero prima dell’occupazione sovietica. Successivamente, però, fu introdotta la possibilità di ottenere la cittadinanza tramite dei processi di naturalizzazione.

lituania

Queste preoccupazioni hanno spinto i paesi Baltici a schierarsi immediatamente in prima linea al fianco dell’Ucraina in seguito allo scoppio del conflitto, avvenuto il 24 febbraio 2022, sostenendo quest’ultima a livello militare e accogliendo migliaia di ucraini in fuga. Inoltre, tali timori hanno portato Tallinn, Riga e Vilnius a rafforzare i propri confini e i propri eserciti.

La tensione emerge anche dalle parole del ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, il quale, il 18 gennaio, dichiarò al World Economic Forum di Davos, che l’Occidente avrebbe dovuto cambiare il proprio messaggio di sostegno all’Ucraina da «finché serve» a «qualsiasi cosa serva», in quanto solo questo, secondo la sua visione, potrebbe dissuadere la Russia dall’attaccare gli Stati Baltici.

Anche coloro che non seguono gli sviluppi geopolitici del conflitto in Ucraina, recandosi in questi Paesi, possono percepire la tensione. Per le strade di Riga, ad esempio, si vedono molti giovani in tenuta militare, con il borsone in spalla, che vanno o tornano dal periodo di leva obbligatorio, reintrodotto in Lettonia nell’aprile del 2023.

I confini con la Russia

I timori dei Baltici non sono legati esclusivamente all’invasione russa dell’Ucraina, ma anche ad altri due elementi: il primo è la vicinanza con la Bielorussia, mentre il secondo è costituito dall’esistenza del corridoio di Suwalki.

riga

Tutti e tre i Paesi confinano con la Russia: Estonia e Lettonia confinano con essa a est, mentre la Lituania vi confina a ovest, con l’Oblast’ di Kaliningrad, situato tra Polonia e Lituania. La sua città principale, Kaliningrad – terra di Immanuel Kant – è conosciuta anche con il nome di Königsberg e, ad oggi, è un importantissimo porto e snodo militare, uno dei più importanti di tutta la Russia.

L’importanza di questa exclave è nota, tant’è vero che: con l’adesione alla NATO di Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania e con il continuo dispiegamento di truppe NATO sempre più vicine, anno dopo anno, ai confini russi, Mosca ha risposto con la militarizzazione dell’area. Il Cremlino, nel corso degli anni, ha rafforzato la marina e l’aeronautica con sistemi antiaerei, il trasferimento di caccia supersonici e l’installazione di missili ipersonici e balistici con capacità nucleare.

La Lituania, però, oltre a confinare con la Russia, essendo tra i tre paesi Baltici quello geograficamente più a Sud, confina per la quasi totalità del suo fianco Sud-Est, con la Bielorussia, paese che, da sempre, ha forti legami politici, economici e militari con Mosca. Questa scomoda vicinanza con la Bielorussia, avvertita anche dalla Lettonia, fa sì che i Baltici siano pressoché accerchiati.

suwalki

L’unico corridoio che rimane a collegare le tre Repubbliche al resto dell’UE, in particolare alla Polonia, è il corridoio di Suwalki, un lembo di terra lungo circa 65 km. Questo corridoio, da quando la Polonia e i Baltici hanno lasciato rispettivamente il Patto di Varsavia e l’Unione Sovietica, riveste una posizione di estrema importanza dal punto di vista militare, geopolitico ed economico, poiché rappresenta l’unico collegamento terrestre tra Kaliningrad e Minsk. Allo stesso tempo, rappresenta il «tallone d’Achille» della NATO, in quanto potrebbe ipoteticamente fare ricongiungere Russia e Bielorussia, isolando di fatto la Lituania, la Lettonia e l’Estonia.

Nida

Durante questo viaggio, mi sono recata fino al confine russo-lituano, a Nida (3.530 abitanti). Nida è una cittadina lituana situata nella Penisola di Neringa, una striscia di terra lunga circa cento chilometri e condivisa tra Lituania e Russia, con l’Oblast’ di Kaliningrad. Nida è caratterizzata da uno dei paesaggi più esclusivi d’Europa ed è patrimonio dell’UNESCO. Un paesaggio mozzafiato, con enormi dune di sabbia alte fino a cinquanta metri, fitte foreste, piccoli laghi, spiagge lunghissime, prati erbosi, più di 900 specie di piante e una ricchissima varietà di fauna selvatica: cervi, alci, cinghiali, volpi…

nida

Nida, però, è un luogo estremamente interessante anche dal punto di vista geopolitico e questo è dovuto alla sua vicinanza alla Russia. Il centro città, infatti, dista solo tre chilometri dal confine con Kaliningrad e io non potevo assolutamente non andarci.

Conoscendo la delicata situazione geopolitica; avendo visto le strade di Vilnius pullulare di soldati e di messaggi pro-Ucraina; conoscendo l’astio profondo dei Baltici nei confronti della Russia e sapendo della corsa agli armamenti intrapresa da questi ultimi, mi aspettavo che Nida fosse una zona estremamente militarizzata e con un’atmosfera molto tesa… mi sbagliavo di grosso.

Nella realtà, Nida è una cittadina molto tranquilla nella quale, ovviamente, qualcuno nutre dei timori, ma che non si concretizzano in un atteggiamento di paura e nella presenza di soldati per le strade. La frontiera si raggiunge seguendo la strada principale che attraversa il bosco, ma attualmente è chiusa e gli unici autorizzati a raggiungerla sono i membri dell’esercito.

Nonostante ciò, però, il confine si può osservare da altri punti: per raggiungerlo basta camminare lungo la spiaggia o attraversare le dune di sabbia, fino ad arrivare a una «zona cuscinetto». Quest’area è situata in territorio lituano, si estende per circa un chilometro e l’attraversamento è assolutamente proibito e illegale. A sorvegliare e a delimitare questa «zona cuscinetto» non ci sono soldati o posti di blocco, ma solo cartelli che intimano di non proseguire e una lunghissima, rudimentale recinzione.

nida

Questa “stranezza”, se così vogliamo chiamarla, mette l’accento su una questione importante: è vero che i Baltici sono i Paesi NATO pronti più di tutti a contrapporsi alla Russia, spinti da timori che affondano le proprie radici nel passato. Ma, allo stesso tempo, non sono dei paesi sull’orlo del conflitto armato come viene spesso raccontato nei nostri giornali. Essi stanno certamente aumentando le proprie abilità militari e mettendo diversi bastoni tra le ruote alla Russia, ma si guardano bene dall’entrare veramente a gamba tesa in un conflitto armato.

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