È celebre la distinzione tra post hoc e propter hoc: non sempre, infatti, dire che “B” accade dopo “A” corrisponde all’affermazione secondo la quale “A” sia causa di “B”. E il filosofo David Hume (1711-1776) sottolineava proprio come spesso quelli che noi consideriamo nessi causali siano in realtà nessi temporali.
Sarà il pensiero fenomenologico, poi, più di altri, a provare a cogliere le differenze fra l’idea di causa, appunto, quella di ragione, quella di motivo. Maurice Merleau-Ponty, ad esempio, in Fenomenologia della percezione riesce in meno di dieci righe a renderle nella loro importanza e, direi, potenza. Non di semplici sfumature si tratta, infatti.
«… il concetto di causa come determinante esterno del suo effetto e quello di ragione come legge di costituzione intrinseca del fenomeno». La causa, dunque, corrisponde a quella che Aristotele definiva la causa efficiente: “A” è causa di “B”. La “ragione”, invece, è una sorta di “causa interna”: vi sono fattori interni ad “A” che lo portano a svolgersi, a “dipanarsi” in un certo modo anziché in un altro».
E Merleau-Ponty coglie un limite della Gestalttheorie (dalla quale pure tanto attinge e a cui tanto riconosce) nel fatto che, «come ogni psicologia», prigioniera delle “evidenze” della scienza e del mondo, «può scegliere unicamente fra la ragione e la causa».
«Il concetto fenomenologico di motivazione è invece uno di quei concetti ‘fluenti’ che, se si vuole ritornare ai fenomeni, è necessario formare. Un fenomeno ne fa sorgere un altro, non per un’efficacia oggettiva, come quella che collega gli avvenimenti della natura, ma per il senso che offre –, c’è una ragion d’essere che orienta il flusso dei fenomeni senza essere esplicitamente posta in nessuno di essi, una specie di ragione operante».
Ecco, l’esperienza clinica di psichiatra e psicoterapeuta mi suggerisce che spesso (non sempre) sia proprio di quest’ultimo tipo il nesso che collega le cose (i fatti, le situazioni e i sintomi, ad esempio, o il “romanzo familiare”, la biografia e il disturbo), permettendoci di comprenderle.
Non solo: accostandoci, poniamo, ai grandi classici della letteratura o, più in generale, alle piccole e grandi “narrazioni”, alle “storie”, ai “racconti” di vario genere, si rintracciano, a me sembra, motivi, più che vere e proprie cause o ragioni. Più in generale, si può forse dire che sono soprattutto essi a caratterizzare la trama della vita, di quella individuale come di quella collettiva.