Il cinquantesimo della morte del teologo gesuita e cardinale Jean Daniélou (1974-2024) è passato totalmente inosservato, tanto che il 20 maggio 2024 non è apparsa una riga da nessuna parte, per tale anniversario. Capita infatti che una persona, nonostante abbia compiuto migliaia di cose apprezzabili e rilevanti, sia vittima di un solo episodio che incornicia per sempre la sua figura, come uno stigma, tanto più se esso è connesso proprio alle circostanze della morte, quasi a tacciare in retrospettiva tutta l’esistenza precedente[1].
Stupisce anche il silenzio, imbarazzante, dei confratelli gesuiti che, da un lato, stanno spendendo molte energie per Henri de Lubac (1896-1991), tanto da portare avanti la pubblicazione dell’Opera Omnia[2], mentre per il suo collega, confratello e amico con il quale l’autore di Meditazione sulla Chiesa (1950)[3], nel 1942 diede alla grandiosa collana Sources Chrétiennes, non ci sia stata, in questi cinquant’anni, nessuna azione di memoria, ricerca e custodia dell’eredità intellettuale.
Essendo nemo profeta in patria, ci hanno pensato teologi dell’Opus Dei prima[4], e dei Legionari di Cristo poi[5], a promuovere qualche convegno e pubblicazione negli scorsi anni, cogliendo la portata e l’attualità di molte intuizioni dello studioso parigino.
Ascoltare ancora
Se il nome di Jean vive tale oblio nel mondo teologico ed ecclesiale, il fratello più giovane Alain invece ha dato vita a un’eredità quanto mai vivace e tuttora attiva. Cercando nel web i due nomi dei fratelli Daniélou chiunque può restare sorpreso dalle scarse e irrilevanti informazioni su Jean, quanto alle numerose, variegate e aggiornate notizie su Alain.
Madre fervente cattolica, padre politico socialista, figlio maggiore gesuita e figlio minore indologo e indù sono l’ampiezza degna dei quattro punti cardinali della famiglia Daniélou. Il Cardinale e l’Induista. Il mistero dei fratelli Daniélou si intitola una brillante narrazione del 1999[6]. Come se non bastassero i pruriti così maliziosi sulla morte di Jean, si aggiungono quelli altrettanto pruriginosi sull’ugualmente geniale fratello minore, traduttore dal sanscrito di numerosi saggi[7], musicologo e iniziatore di una fondazione tuttora attiva, nonché di un ampio lascito librario presso la Fondazione Cini a Venezia.
Sgombrato il campo da tutte queste notizie dal sapore del gossip, per quanto riguarda lo spessore dell’eredità intellettuale dei due fratelli Daniélou la scelta migliore è quella di puntare all’oro custodito intatto[8] sotto tanta paglia che è molto visibile e voluminosa, ma effimera rispetto a contributi che mantengono intatta la loro forza e lungimiranza[9].
L’azione migliore da suscitare non è quella di parlare su Daniélou, ma di mettersi di nuovo ad ascoltarlo. Questa intenzione sta all’origine di un’operazione di restauro di una sua opera. Il pionieristico saggio, del 1946, Il mistero della salvezza delle nazioni ritrova una nuova vita.
Pubblicato in traduzione italiana per la prima volta nel 1954, torna a disposizione dei lettori italiani, che lo potranno apprezzare maggiormente grazie a un’ampia introduzione a firma di Gilberto Sabbadin, che ha dedicato a Daniélou un corposo saggio di ricerca. Il libretto è poi arricchito da un ampio apparato di note esplicative, inserite nella nuova edizione, e anche da una curiosa appendice stesa dal curatore a partire da alcune ricerche di archivio in seguito alla scoperta di alcune censure al testo presenti nella prima edizione italiana (1954), soprattutto in seguito all’enciclica Humani generis del 1950.
Il percorso del libro
I sette capitoletti del libro sono frutto delle meditazioni periodiche che Daniélou teneva al Circolo di San Giovanni Battista, un «gruppo missionario» attivo per oltre trent’anni a Parigi, dal 1944 al 1975, e del quale il teologo era l’animatore spirituale e intellettuale[10]. Il Circolo voleva nutrire una spiritualità missionaria e, al contempo, attivare delle prassi di incontro e di evangelizzazione. Questo spiega l’energico titolo del primo capitolo: «L’importanza attuale della questione missionaria».
Il percorso proposto dal piccolo, ma assai intenso, libro esplora le ragioni, gli orizzonti e gli stili della vita cristiana che è chiamata a continuare «La missione del Verbo» (cap. 2) e a innestare nei solchi della storia il seme della Parola, attivando così una trasformazione, nella perenne tensione tra «Ciò che deve vivere e ciò che deve morire» (cap. 3). Il Vangelo, infatti, non è un albero già ben cresciuto, in un terreno culturale preciso, da esportare e trapiantare così com’è in ogni contesto. Bensì, il Vangelo è un seme gettato in tutti i terreni, cioè nelle culture e nelle religioni. Ogni terreno porterà frutto, nella pazienza e nell’azione dello Spirito.
Daniélou allarga gli orizzonti immaginando con meraviglia le tante sorprese che l’evangelizzazione potrà vivere quando il seme del Vangelo crescerà in India, in Cina, entrerà in contatto con linguaggi, riti, filosofie totalmente diverse da quelle europee. «Incarnazione e trasfigurazione» (cap. 4) sono le due dinamiche di assunzione e di cambiamento che trasformano costantemente religioni e culture.
Daniélou è stato forse il primo teologo cattolico del Novecento a prendere di petto la questione delle religioni da un punto di vista teologico. Il mistero della salvezza delle nazioni è un testo che contiene la quasi totalità degli spunti che egli poi svilupperà in altri innumerevoli scritti. La storia, della quale culture e religioni sono un elemento costitutivo, è da leggere nella luce del mistero pasquale che ne dischiude l’origine e l’orizzonte. L’indole escatologica pervade le pagine di Daniélou e il tempo della Chiesa è quell’intervallo da abitare tra «Missione e parusia» (cap. 5), nel quale i cristiani sono destinatari e protagonisti della «Missione dello Spirito Santo» (cap. 6), fino alla manifestazione della «Gloria di Dio» (cap. 7), quando «Dio sarà tutto in tutti».
Nella nostra Europa un po’ stanca, nella quale le Chiese cedono spesso alla nostalgia di epoche ormai concluse e fanno fatica a intravvedere «cosa lo Spirito dice alle Chiese», il libretto del 1946, quando lo scenario non era certamente di grande entusiasmo, tra le rovine della guerra, è un vero germoglio di speranza. Doveva ancora nascere l’ONU, la dichiarazione dei diritti umani e il Vaticano II sarebbe arrivato dopo tanti anni. Eppure, Daniélou sa cogliere la freschezza del Vangelo e intuire con lungimiranza dove andare.
Jean Daniélou, Il mistero della salvezza delle nazioni, a cura di Giulio Osto, introduzione di Gilberto Sabbadin, Morcelliana, Brescia 2024, 226 pagine, € 19,00.
[1] Cf. G. Pasquale, Jean Daniélou, Morcelliana, Brescia 2013.
[2] J. Daniélou – H. de Lubac, Correspondance 1939-1974, présentation D. Bertrand, témoignage de M.-J. Rondeau, annotation M.-J. Rondeau et É. Fouilloux (Henri de Lubac, Œvres complètes 48), Cerf, Paris 2021.
[3] H. de Lubac, Meditazione sulla Chiesa, Jaca Book, Milano
[4] G. Maspero – J. Lynch, Finestre aperte sul mistero. Il pensiero di Jean Daniélou, Marietti 1820, Bologna 2012.
[5] M. Bravo Pereira, Tra l’eternità e il tempo. L’ufficio del teologo nella vita e nella proposta metodologica di Jean Daniélou, Efesto, Roma 2024.
[6] E. De Boysson, Le Cardinal et l’Hindouiste. Le mystère des frères Daniélou, Albin Michel, Paris 1999.
[7] A. Danièlou, Yoga, metodo di reintegrazione, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1973.
[8] J. Daniélou, Le Signe du Temple ou de la Présence de Dieu, Gallimard, Paris 1942; tr. it., Il Segno del Tempio o della Presenza di Dio, Morcelliana, Brescia 1953; Id., Le mystère du salut des nations, Èditions du Seuil, Paris 1946, tr. it., Il mistero della salvezza delle nazioni, Morcelliana, Brescia 1954; Id., Le mystére de l’Avent, Èditions du Seuil, Paris 1948, tr. it., Il mistero dell’Avvento, Morcelliana, Brescia 1966; Id., Essai sur le mystère de l’histoire, Préface de H. de Lubac et M.-J. Rondeau, Cerf, Paris 1953; tr. it., Saggio sul mistero della storia, Morcelliana, Brescia 20123
[9] G. Sabbadin, La Chiesa, trasfigurazione della prima creazione. L’ecclesiologia come principio di lettura unitaria della teologia di Jean Daniélou, Pontificio Seminario Lombardo-Glossa, Roma-Milano 2019
[10] F. Jacquin, Histoire du Cercle Saint Jean-Baptiste. L’enseignement du père Daniélou, Beauchesne, Paris 1987
Non è vero che sia passato inosservato sui media italiani come su quelli francesi. In questo anno sia Avvenire, sia l’Osservatore Romano sia Domani con un articolo a firma di Giovanni Maria Vian hanno dedicato dei ricordi sul grande patrologo gesuita e cardinale per volere di Paolo VI. A 40 anni dalla sua morte umiliata. E poi De Lubac è molto ricordato perché si sta aprendo in Francia la causa di beatificazione e poi ricordare De Lubac vuol dire in fondo ricordare lo stesso Danélou…entrambi figli della scuola teologica di Fourviére-Lyon al cui sapere si abbeverò Hans Urs von Balthasar.
Purtroppo, a torto, a causa della sua morte in un luogo poco ecclesiastico, stiamo perdendo il valore di una produzione teologica che oggi andrebbe letta, approfondita e sviluppata. Ottima idea riproporre un classico!!