L’intervento di Severino Dianich sul silenzio dei teologi (Settimananews, qui), che ha provocato vari interventi, spinge a riflettere sui problemi riguardanti sia la vita interna della Chiesa sia il mondo contemporaneo. Uno di essi, non certo il minore, è la guerra tra lo stato di Israele e i popoli vicini, a partire da quello che avrebbe diritto a costituirsi come stato indipendente nel medesimo territorio.
A questo problema hanno tentato di rispondere le istituzioni politiche, l’ONU in particolare, le iniziative diplomatiche degli stati, le discussioni di ordine giuridico e geopolitico, le esortazioni dei capi delle Chiese, in particolare del papa, i soccorsi umanitari.
Impressiona il silenzio pressoché totale dei teologi. La pretesa dello stato di Israele di occupare “la terra” (ha-arez) e di sottomettere o estromettere tutti gli altri abitanti della Palestina si fonda sulle Scritture, considerate “parola di Dio” sia dagli ebrei sia dai cristiani. Che cosa dire, dal punto di vista teologico, di questa pretesa, le cui conseguenze pratiche sono sotto i nostri occhi?
Una risposta netta, certo non condivisibile da parte ebraica, si legge nella Lettera agli Ebrei:
«Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso […]. Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città» (Eb 11,8-10.13-16).
Dal punto di vista cristiano, la terra promessa non è (più) quella abitata un tempo dalle dodici tribù di Israele, bensì quella «celeste», «la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso» (cf. Eb 12,22; 13,14). Prima ancora, con le parole: «Beati i miti, perché avranno in eredità la terra» (Mt 5,5, cf. Sal 37,1) Gesù prometteva il «regno di Dio», non certo il possesso della terra promessa in senso materiale.
Meriterebbe approfondire la questione in dialogo con l’ebraismo e con l’apporto delle discipline storiche e filosofiche, allo scopo, anzitutto, di mettere a fuoco questo tema biblico e ultimamente di superare la sua strumentalizzazione politica con le disastrose conseguenze che conosciamo.
Si tratta, in particolare, di prendere in esame i testi del Primo Testamento riguardanti la “terra” (Genesi, Esodo, Numeri, Deuteronomio… Geremia…), poi quelli del Nuovo Testamento, gli scritti giudaici post-biblici, la teologia patristica e quella medievale (con particolare riguardo alle Crociate), senza trascurare il rapporto tra Islam e storia politica, sia in passato che oggi.
Ma occorre altresì rileggere la storia dell’Occidente cristiano, per riconoscere come e quando la fede è stata strumentalizzata dal potere imperiale o dai singoli sovrani.
La reazione illuministica ha davvero messo fine all’antico connubio fra trono e altare, o non l’ha piuttosto sostituito con nuovi imperialismi ideologici?
Un riesame critico delle fonti e della/e tradizione/i teologica/he che ne sono derivate potrà gettare luce sul fenomeno storico della nascita dello stato di Israele e del suo imporsi contro ogni legittima difesa delle popolazioni locali e contribuire al superamento dei conflitti.
Più ampiamente, potrebbe contribuire a liberare la Chiesa dalla compromissione con il potere politico e dalla mondanizzazione dei suoi ministeri (cf. Mt 20,20-28).
I teologi hanno fatto sempre e solo danni. Che tacciano e’ cosa buona e giusta. Il laicismo è ipocrita e usato solo a favore degli opportunisti. La verità è una dimensione solo divina e quindi noi ci scambiamo opinioni e basta. La mia mi dice che il sionismo nasce per necessità spinta dal secolare antisionismo del mondo cristiano. La provvidenza volle che un movimento certamente velleitario come quello dei sognatori di Israele incontrasse nella storia l’uomo del destino, Adolf Hitler! Ed è l’Olicausto il motivo del diritto degli ebrei a vivere in Israele. Il mondo se ne faccia una ragione e si pieghi al cospetto delle piaghe ebraiche. I teologi tacciono per vergogna e vigliaccheria. La palestina è terra araba e gli ebrei lo sanno molto bene. Ma gli arabi hanno teologi con menti ottenebrate dalla follia e preferiscono dividersi tra loro per litigi tra i vari parenti e discendenti di Maometto. E quindi che guerra sia! Alla fine le teste dure, comprese quelle ebraiche, capiranno che le leggi le fanno i carri armati e non le scritture sacre o gli azzecca garbugli
Gesu’ Cristo ha superato l’ ebraismo e questo non si vuole ammetterlo. Gli antichi ebrei si sentivano il popolo eletto e avevano da Dio il.permrsso di sterminare i loro nemici. Dopo Gesu’ non e’ piu’ cosi’.
Non esiste un popolo eletto a cui Dio destina il potere su tutto gli altri popoli . Se i moderni sionisti si sentono cosi’ sbagliano. Perche’ i cristiani non hanno il coraggio di dirlo ? Dopo Cristo tutto e’ cambiato ,anche per gli ebrei .
Il perno teologico-canonistico su cui in età medievale la Chiesa ha strutturato teoria e prassi delle crociate è rappresentato dall’idea delle Terra Santa come terra consacrata da Cristo con il proprio sangue. Tale atto, secondo papi, teologi e canonisti medievali, ha reso il litorale siro-palestinese una proprietà personale del Cristo che lo ha poi a sua volta data in eredità ai suoi fedeli cristiani. Di qui la convinzione che fosse pienamente legittimo “liberare” tale terra da chi cristiano non lo era, se necessario anche con la forza. Tutto ciò era presentato sulla base di una precisa rielaborazione di temi e citazioni bibliche tra di loro “sapientemente” intrecciate. La Chiesa ha impiegato secoli per rivedere criticamente questa sua posizione, e forse almeno in tale revisione non è ancora pienamente compiuta e “metabolizzata”, mi azzarderei a dire anche a causa di una insufficiente cultura storica da parte di non pochi ecclesiastici e teologi. Dovrebbe interrogare il fatto che una simile dinamica di appropriazione e “reinvenzione” del testo biblico (in particolare del Primo Testamento) sia alla base delle pretese di dominio esclusivo sulla stessa regione avanzate da una parte del mondo politico e sociale israeliano e (ahimè) anche da non pochi esponenti religiosi dell’ebraismo. Di certo è una questione molto complessa e di difficile comprensione e risoluzione, ma resta il fatto che è sempre in nome della Rivelazione biblica che si prova a giustificare il ricorso alla forza. Su questo occorrerebbe magari interrogarsi seriamente e senza pregiudizi
Onestamente, mi chiedo a cosa serva la storia se devo leggere cose cosi false. Le crociate nascono dall’esortazione di un Papa stanco di intervenire nelle lotte feudali tra emeriti mascalzoni francesi. Disse che se avevano il sangue caldo potevano andare a lottare per il Santo Sepolcro e cacciare gli infedeli da Gerusalemme. Ed i facinorosi non si fecero pregare e partirono ad ondate per onorare il sacro sito ammucchiando cadaveri di innocenti. Dopo poco più di due secoli i “crociati” si scannarono tra loro per la successione al trono del Regno dei Celi e il Saladino li mangio’ a pranzo cotti al sole dei pozzi di Hattin. Altra pagina veramente ignobile del mondo “civile” cristiano
Finalmente un biblista che dice una parola su questa santa terra, spaventosamente insanguinata, benedetta e maledetta! Ogni giorno, o quasi, chi prega la liturgia delle ore resta ferito dalle parole dei salmi e dei testi in lettura rammemoranti la terra di Israele. Troppo facile, quanto inutile, spiritualizzare, quando su quella terra oggi si uccide e si muore ammazzati. Abbiamo bisogno estremo che i biblisti facciano un passo in avanti e passino dalla filologia e dalla critica storica alla critica esistenziale dei sacri testi. Se è parola di Dio, avrà pur qualcosa da dirci sullo strazio che se ne sta facendo oggi in Israele.
Severino Dianich
In una problematica del genere ci si sposta a mio avviso o ci si muove quantomeno anche su piano di fede. Sia l’autore dell’articolo sia P. S. Dianich riflettono sui testi sacri del Primo e Nuovo Testamento definendoli “parola di Dio”. Ma, anche sul piano di fede, la definizione è equivoca, perché per i credenti in Gesù quei testi “contengono la parola di Dio”, ma non sono nella loro interezza parola di Dio. E’ una differenza fondamentale, che andrebbe sempre rilevata, ma che continua a essere trascurata. E l’unico criterio per fare la selezione tra quei contenuti è di carattere cristologico. Gesù stesso ha azzerato norme, principi di esclusione e di separazione della tradizione precedente. Altrimenti in cosa consisterebbe il vangelo? Persino il concetto di classe sacerdotale come realtà mediatrice è venuto meno nelle prime generazioni di credenti in Gesù (finalmente anche in italiano c’è un libro puntuale scritto da R. Penna in merito). Certo, preso atto di questo, bisognerebbe radicalmente rivedere liturgia delle ore e anche i lezionari. Ma bisogna fare questo atto di coraggio e di verità. Come dice P. Dianich, spiritualizzare non serve a nulla. Ma il principio di revisione è cristologico e da qui bisogna partire. Superfluo peraltro ricordare che la fede è stata strumentalizzata storicamente non solo dalle istituzioni politiche, come si ricorda nell’articolo, ma dalle stesse istituzioni ecclesiastiche (la gerarchia). La filologia e la storia dei testi ci aiutano anche a capire come una serie di scritti, anche materialmente separati, sono confluiti progressivamente in un unico supporto materiale e sono stati così considerati in blocco come parola di Dio tout court. Da questo punto di vista, gli antichi si muovevano su un terreno migliore. I testi circolavano su unità materiali separate. E si toccava immediatamente con mano la diversità dei testi stessi.
I Giudei vi spaventano come foste fanciullini e non ve ne accorgete.