Memorie /1: Paesi Bassi, preti sposati e celibato

di:

bluyssen

È il novembre del 1979. Fa freddo nella campagna del Brabante. Walter Goddjin, professore all’università di Tilburg, che incontro nella sua casa a Diessen, è un sociologo della religione di fama internazionale, personaggio di spicco ai tempi del famoso «concilio olandese» (1965-1970).

I Paesi Bassi sono inquieti per il caso-Schillebeeckx, il teologo domenicano sotto processo da parte dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede. E sono anche inquieti perché il sinodo di metà gennaio 1980, convocato da Giovanni Paolo II, è un affare di vertice. Non si conosce l’agenda dei lavori, tenuta nascosta, si dice, perché vescovi e preti non ne discutano con la base.

***

Il sinodo incomincia lunedì 14 gennaio del 1980 a Roma. Il presidente della Conferenza episcopale, card. Johannes Willebrands, aveva proposto alla Santa Sede di rendere noto il documento di lavoro e di studiare la maniera migliore per consultare gli esperti, preti e laici. Si sarebbe discusso sulla collegialità, dato che i vescovi olandesi non andavano d’accordo.

La Santa Sede aveva nominato due vescovi tradizionalisti, Adrianus Simonis e Joannes Baptist Matthijs Gijsen, rispettivamente nelle sedi di Rotterdam e Roermond. Preti e fedeli reagirono agli attacchi contro i preti sposati portati da Gijsen, ricordando l’Assemblea pastorale nazionale, tenutasi nell’ottobre 1978 a Noordwijkerhut, dove per la verità capitò di tutto. Vescovi contestati, il card. Willebrands in difficoltà, mons. Bluyssen, vescovo di ‘s-Hertogenbosch, applaudito e Gijsen e Simonis fischiati.

Nel corso dell’Assemblea, i vescovi olandesi approvarono nove «raccomandazioni» su dieci, ma alla settima si opposero: «Invitiamo con forza a sperimentare l’accesso al servizio presbiterale di uomini sposati, donne, preti che vogliono sposarsi o che già lo sono, chiediamo di nuovo alla Conferenza episcopale di porre la questione anche a Roma se non sia il caso di riammettere nei luoghi di formazione teologica i docenti (preti) sposati. Pertanto, chiediamo al nostro arcivescovo di trattare nuovamente la richiesta, da tempo manifestata all’interno della Chiesa olandese, in un colloquio collegiale con i rappresentanti dell’episcopato mondiale sotto la direzione del papa».

***

Sul reinserimento dei preti sposati e l’abolizione del celibato obbligatorio, l’Olanda non intende mollare. Lo fa capire bene nel corso del 1979 anche il numero tre della rivista Tijdschrift voor Theologie, che contiene stimolanti studi sul tema del sacerdozio a firma di Haarsma, Kerkhofs, Houptepen, Vollenberg, Schillebeeckx. I preti sposati appaiono ancora negli annuari delle diocesi. Alcuni tengono lezioni addirittura negli istituti di formazione sacerdotale; i più insegnano religione nelle scuole. C’è chi conduce vita comunitaria con amici preti celibi.

Sul celibato mons. Vermeulen, vicario episcopale di Utrecht, molto ascoltato, è chiaro: «Il celibato non è più per noi un problema. È stato oggetto di tante discussioni, ma ora siamo convinti che la cosa più importante sia annunciare il Vangelo e per questo abbiamo bisogno di gente, preti e laici, sposati o no. Speriamo che il problema venga ripreso in una situazione nuova. Fra dieci anni non avremo più preti. Ma non discutiamo più sul celibato, perché la nostra preoccupazione è rivolta alla formazione degli operatori pastorali, molti dei quali sono disposti a farsi preti, una volta abrogata la legge del celibato. Sarà dunque il futuro, che pensiamo vicino (!), a porre il problema».

Dal 14 al 31 gennaio del 1980 si celebra dunque il «sinodo olandese romano». Sedici giorni di lavoro, ventotto sedute generali, circa trecento interventi. Con i sette vescovi olandesi vi partecipano due religiosi, il neo nominato vescovo di Malines-Bruxelles, Godfried Danneels, co-presidente delegato insieme al card. Willebrands, i cardinali capi dicastero della curia romana, prefetti di congregazioni competenti per questioni all’ordine del giorno.

Dal sinodo viene escluso il mitico card. Bernard Jan Alfrink, arcivescovo emerito di Utrecht.

***

Il documento conclusivo − intitolato Conclusioni del sinodo particolare dei vescovi dei Paesi Bassi (31 gennaio 1980) − affronta la questione del clero. Dice no al «clero di riserva», rappresentato dagli operatori pastorali laici che hanno studiato teologia e ai quali è affidata una responsabilità pastorale a diversi livelli, fino a sostituire il sacerdote in tutto, tranne che nella celebrazione eucaristica e nella confessione. Questi operatori pastorali qualificati sono circa trecento, nelle varie diocesi, retribuiti dallo Stato come personale ecclesiastico pubblicamente riconosciuto. Tra loro, diversi preti sposati che, d’accordo con i rispettivi vescovi, sono rimasti in attività nella pastorale diretta.

Nel suo documento finale il sinodo afferma che «non c’è motivo di prendere in considerazione un nuovo “officio” o ministero … né una funzione permanente di portata globale». E questo per una ragione semplice: «evitare la creazione di un clero parallelo, che si presenterebbe come un’alternativa al sacerdozio e al diaconato».

Roma è preoccupata del costituirsi di questo «clero di riserva», primo passo verso la domanda del conferimento del sacerdozio a uomini sposati, richiesta già formulata durante il Consiglio pastorale nazionale. Viene ricordata la dichiarazione comune dei vescovi olandesi del 19 gennaio 1970: «I vescovi ritengono che sarebbe un bene per la Chiesa se, a fianco del sacerdozio celibatario, scelto in tutta libertà, fosse ammesso nella Chiesa latina il sacerdozio coniugato con l’ordinazione di uomini sposati e, in casi particolari e a certe condizioni, con la reintegrazione nel ministero sacerdotale di sacerdoti che si sono sposati».

***

L’Olanda reagisce con rabbia e delusione alle «conclusioni» del sinodo. Saranno molte le dichiarazioni di vescovi, preti e fedeli che seguiranno. Riporto l’amara riflessione del vescovo Bluyssen, un anno dopo il sinodo di Roma: «Mi pare che le acque si siano un po’ calmate, ma subito dopo il sinodo la gente era smarrita. Il motivo? Per lo stile del documento conclusivo. Autoritario? Senza dubbio l’immagine della Chiesa è troppo gerarchica. Ho cercato di spiegare alla gente che il documento finale non è tutto il sinodo, che avevamo parlato a lungo dei problemi. Ma bisogna ammetterlo: il documento del sinodo sui problemi olandesi nello stile e linguaggio è romano».

Gli fa eco Hubertus Cornelis Antonius Ernst, vescovo di Tilburg: «Non penso a una revisione del documento conclusivo, molto discutibile. In tempi brevi non c’è da aspettarsela. Ma sui tempi lunghi i problemi che abbiamo posto riguarderanno la Chiesa universale. E allora…».

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto