Nella Chiesa antica, quando ad essere battezzati erano gli adulti, il sacerdote, dopo aver domandato il nome del battezzando, diceva: che cosa domandi alla Chiesa di Dio? Risposta: la fede! Poi aggiungeva: la fede che cosa ti dona? Risposta: la vita eterna!
Riscoprire il battesimo
Il cammino quaresimale è un cammino per riscoprire il fondamento della nostra scelta: la fede che dona l’eternità, in vista della Pasqua.
Nel tempo della post-modernità o della modernità liquida e liquidata, tra le tante pratiche che in questo tempo di quaresima siamo chiamati a fare (devozioni, preghiere, pellegrinaggi, via crucis ecc.), abbiamo quasi scordato l’importanza della riflessione della vita eterna che ci viene donata con la scelta radicale nel battesimo.
Il tempo quaresimale è tempo buono e bello che Dio ci dona per ri-scoprire e ri-dare significato al battesimo, alla fede che abbiamo ricevuto, alla vita eterna che desideriamo più di ogni altra cosa.
Un racconto rabbinico narra della condizione primordiale di Adamo ed Eva. Non erano stati creati nudi, ma con un vestito di luce (‘or). Dovevano essere trasparenti l’uno all’altro. Questa trasparenza doveva essere fonte di gioia e di luce. Dopo il peccato, persero questo vestito di luce che si trasformò in pelle (hor). Adamo ed Eva conobbero la sensualità, la volontà di dominarsi. Il loro itinerario spirituale consisteva nel ritrovare la luce malgrado la sensualità. Però questa lotta è illuminata dalla speranza messianica. Il Messia, quando verrà, affermano le fonti rabbiniche, riporterà il vestito di luce di Adamo. In molte icone il battesimo al Giordano viene rappresentato con Gesù che esce dall’acqua, la colomba sopra la testa e, al fianco, tre angeli con le vesti di luce.
Il battesimo ri-dona la veste di luce primordiale, rinnova interiormente e ci fa figli nel e del Padre. È importante oggi riscoprire questa figliolanza, questa bellezza della veste di luce; l’uomo non è destinato alla morte del peccato ma alla luce dell’amore generoso e misericordioso di Dio.
La vita eterna è il desiderio del cristiano, diventa impegno quotidiano ad essere illuminati e sanati da Gesù Cristo, a camminare con lui sulla strada della preghiera, dell’elemosina e del digiuno. Queste tre dimensioni ci mantengono svegli, ci incoraggiano in un cammino al cui traguardo incontriamo il Risorto.
La solidarietà
Il tempo quaresimale è un tempo forte, nel senso che ci invita a rafforzare il nostro impegno per e con Cristo, sulla scia della lettera ai Colossesi che invita a rivestirsi di Cristo possiamo dire: «Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi» (Col 3,13). Il nostro maggior maestro è e rimane Cristo, ci insegna la quaresima attraverso il perdono, la misericordia, la preghiera e il digiuno e così anche noi cerchiamo di insegnarlo agli altri.
Papa Francesco ci invita a guardare alla povertà di Cristo per essere ricchi. Questa povertà di Cristo è rivestirsi di lui: saper amare, perdonare, avere misericordia come Cristo. La povertà non è la miseria. La miseria è la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza. Possiamo distinguere tre tipi di miseria, scrive papa Francesco: la miseria materiale, la miseria morale e la miseria spirituale. La Chiesa si fa diacona (serva) dei poveri e dei miseri, non fa assistenzialismo, al contrario, cerca in tutti i modi di combattere e risolvere le cause della povertà e della miseria.
La quaresima, inoltre, è occasione per tante famiglie di rivedere il loro progetto di vita, il loro amore, le scelte fatte alla luce della parola di Dio e dell’eucaristia domenicale e del sacramento del matrimonio.
“Parce, Domine”
La quaresima, infine, ci chiama alla conversione, alla purificazione del cuore e della mente, a lasciare una vita misera e povera di peccati per una vita bella e ricca di virtù.
Oggi siamo spesso e volentieri silenziosi sul peccato, sembra quasi che non soffriamo più degli effetti mortali che ha sulla coscienza. Quando uno ruba, è infedele, corrotto, bugiardo, calunniatore, pettegolo e non si accorge più del male, questo porta un danno enorme alla Chiesa e alla comunità. Il convertire vuol dire ridare al cuore e alla coscienza quella sensibilità perduta.
San Gregorio Magno (540-604) è ricordato come il papa che ha messo ordine e dato lustro alla Chiesa. Padre Guéranger ha scritto di lui: «Le sue fatiche intorno al servizio divino, in tutto il corso dell’anno, non si limitarono ad arricchire gli Uffici d’alcuni cantici; l’intera Liturgia romana lo riconosce per il suo principale organizzatore. Fu lui a raccogliere e ordinare le preghiere e i riti istituiti dai suoi predecessori, e quindi a dare loro la forma che hanno attualmente».
Fanno riflettere le parole di un inno gregoriano che la Chiesa canta in tempo di quaresima: parce Domine, parce populo tuo (perdona, Signore, perdona il tuo popolo). L’inno invita alla preghiera e al pianto perché con la nostra cattiveria abbiamo offeso la clemenza e la misericordia di Dio. Nel canto nasce anche la preghiera di rinnovamento e di conversione che, con le lacrime, bussa alla carità di Dio: «Mentre ci doni un tempo favorevole, dà lacrime in abbondanza: lava quella vittima del cuore che la carità brucia in letizia. Tu che scruti intimamente i cuori, tu che conosci la debolezza: a coloro che tornano porgi la grazia della riconciliazione».