Rinaldo Paganelli: una vita per la catechesi

di:

barbon

Ho conosciuto padre Rinaldo Paganelli, dehoniano, quando – in un periodo particolarmente ricco di stimoli e di fermenti per la pastorale e la catechesi italiana – insieme, abbiamo frequentato l’Università Salesiana per poi, nello stesso anno, conseguire la licenza in Catechetica.

Da allora più volte le nostre strade si sono incrociate: insieme abbiamo scritto, partecipato alla stesura di vari documenti e sperimentato una collaborazione ricca e rispettosa delle caratteristiche di ciascuno: lui, più riflessivo e profondo, sapeva leggere i segni dei tempi e dare completezza alle mie intuizioni e proposte creative.

Poi è accaduto che – dopo molti anni di lavoro e di sperimentazione sul campo – abbiamo conseguito il dottorato mettendo al centro la formazione dei catechisti e degli operatori pastorali. Una passione che Rinaldo, nel frattempo, aveva maturato nel periodo di servizio presso la redazione di Evangelizzare e nei numerosi incontri formativi con le diocesi italiane.

Ma, di là di questi miei ricordi personali, va detto che la sua recente scomparsa ha lasciato un grande vuoto di riflessione e di “visione” dentro la Chiesa italiana nell’ambito della catechesi e della pastorale, per cui credo che sia non solo doveroso ma anche “opportuno” rimettere a fuoco la ricchezza del suo percorso ricordando cronologicamente alcuni passaggi del suo pensiero e della sua produzione sia scientifica che giornalistica per poi, in conclusione, fare emergere qualche aspetto particolarmente significativo che può ancora illuminare l’oggi.

Gli anni del rinnovamento catechistico

Rinaldo inizia gli studi, le pubblicazioni e, in seguito, la direzione della rivista Evangelizzare, proprio nel tempo della revisione dei Catechismi CEI e della loro nuova stesura. Collabora a varie commissioni per la raccolta e la rielaborazione delle verifiche che arrivano dalle diocesi e offre la sua competenza nella ri-stesura di alcuni catechismi, in modo particolare quelli dei giovani e quello degli adulti. Si tratta di un periodo ricco di confronto, di ricerca e di studio e ciò per poter individuare modalità adeguate alla nuova stagione della catechesi italiana e così renderla veramente significativa per le donne e gli uomini del nostro tempo.

È mia profonda convinzione che questo periodo così ricco e fecondo vissuto da p. Rinaldo nel confronto con i catecheti di varie nazioni e con i docenti dell’UPS, abbia segnato profondamente il tempo delle sue pubblicazioni nonché delle sue varie collaborazioni nella Chiesa.

Sono anni in cui – grazie al suo significativo lavoro presso Evangelizzare e Settimana – la sua produzione letteraria si intensifica molto. Ce lo dicono i suoi numerosi articoli sempre molto attenti a ciò che sta a cuore alle persone, in costante ascolto del movimento e del rinnovamento in ambito catechistico, con particolare attenzione alla storia e al mondo.

Le molte varie collaborazioni che, via via, prendono forma gli consentono di maturare quello stile che, in seguito, diverrà il segno distintivo della sua opera, caratterizzato dalla valorizzazione di ogni competenza, di ogni visione e di ogni intuizione che potesse essere utile all’autentico servizio dell’annuncio.

É durante questi anni che – intuendo come ogni contributo, al di là della sua provenienza, possa dischiudere nuovi orizzonti e potenzialità – nasce in lui una profonda ricerca di nuove modalità di lavoro: dapprima in gruppo e, in seguito, in équipe, convinto che sia solo confrontandosi insieme con i diversi punti di vista che i passaggi del rinnovamento possono essere proficui.

Il tempo della riflessione e delle pubblicazioni

In un contesto nel quale (siamo alla fine degli anni ‘80) a livello di ricerca e di pubblicazioni i catecheti in Italia e in Europa sono molto attivi, la mente vivace e feconda di padre Rinaldo si trova perfettamente a suo agio: egli, infatti, con una scrittura fluida ma mai superficiale, instancabilmente raccoglie i nuovi fermenti e (soprattutto) li rielabora; non a caso, gli viene chiesto di collaborare con l’Ufficio Catechistico Nazionale, nell’ambito del quale, fino alla fine dei suoi giorni, lavorerà a vari progetti.

In quegli anni rimane tuttavia significativa la sua partecipazione ad un gruppo ristretto che elabora – a partire dal grande Convegno italiano dei catechisti nell’88 e dalla successiva riconsegna del Documento di Base per la catechesi – un testo che presenta gli orientamenti e gli itinerari per la formazione dei catechisti. (Orientamenti e itinerari di formazione dei catechisti – 1992 a cura della Conferenza episcopale italiana).

Nel 2006 Rinaldo partecipa alla stesura di un nuovo documento per la formazione dei catechisti che darà continuità e indicazioni concrete a quello degli anni ‘90. È in questo ambito che nasce in lui anche il desiderio di rendere accessibile a tutti i catechisti e ai loro formatori l’intuizione della conduzione corretta di quei cammini formativi che iniziavano a delinearsi in Italia. Ed è così che – mettendo insieme il suo studio e la sua visione ampia e la mia esperienza sul campo – nasce il nostro primo libro in collaborazione. Desiderio di Rinaldo era la preparazione di testi semplici (come amava spesso dire) “da usare”, affinché ogni lettore potesse prendere ciò che serve per il proprio gruppo o per la propria formazione personale.

Il primo volume è Cammino per la formazione dei catechisti (1992), al quale segue Il catechista incontra la Bibbia 1994) e poi Annunciare a partire dal cuore (1998). I testi – fedeli al suo stile caratterizzato dal coinvolgere, condividere, collaborare, creare una possibilità di ricerca comune e offrire quindi una visione più ricca – sono sempre a due mani: dapprima con Giancarla Barbon e poi con Vincenzo Giorgio.

A questi primi volumi ne seguono tantissimi altri, alcuni, come via crucis o sussidi catechistici e strumenti di preghiera, più immediati, altri (sempre facilmente fruibili), ricchi di intuizioni fondamentali non solo catechetica ma anche per la vita come il racconto “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico” della significativa visita in Perù che dà voce, insieme ad Enza Annunziata, a tante storie dei più piccoli.

La pubblicazione della tesi di dottorato Formare i formatori dei catechisti: valori e itinerari sottesi al processo formativo, raccogliendo in modo ancor più sistematico il suo pensiero, orienterà poi le scelte a cui – pur nella trasformazione richiesta dai cambiamenti ecclesiali e cultuali – rimarrà sempre fedele e che, mi pare, si possa così sintetizzare: solo una formazione seria, flessibile, fondata, proposta da formatori formati in modo globale e integrale permetterà all’evangelizzazione e alla catechesi di intraprendere percorsi nuovi, fedeli all’uomo di oggi e a quel Dio che si è incarnato.

I quattro volumi: Si seppe che Gesù era in casa, Sono con voi tutti i giorni, Gustate e vedete come è buono il Signore, Li pose in un giardino – tutti pensati per gruppi di adulti o per famiglie/genitori e coppie – comunicano che è la vita reale colta nella dimensione della quotidianità il luogo del Vangelo.

Lo spazio, il tempo, il cibo, la terra… sono tutti elementi che, nella loro concreta ferialità, Rinaldo vede intrisi della presenza di Gesù Cristo, e perciò in grado di far risuonare in modo autentico e “vicino” la buona notizia di un Dio che, incarnandosi nelle pieghe della nostra storia, ci rivelano il suo amore.

Nondimeno significativa è la collana dedicata alle narrazioni evangeliche che, scritta a quatto mani con lui, rappresentano preziose possibilità di raccontare quegli incontri di e con Gesù che permettono ad ogni persona di entrare nei testi evangelici scoprendoli non solo vicini, ma addirittura “coinvolti” nella propria vita.

Quindici anni fa la malattia ha bussato per la prima volta alla porta della sua vita e anche in quell’occasione – fedele alla convinzione che sia solo l’incontro con l’autenticità delle nostre storie ad evangelizzare – ha saputo trasformarla in una raccolta di pensieri, intuizioni e frammenti di esistenza da consegnare ai suoi molti lettori nel prezioso e toccante testo Malato, mi hai visitato.

I suoi numerosi scritti sono accomunati da questa certezza teologica: Dio è presente, si fa storia, si fa parola viva nelle vicende del mondo, nelle nostre storie personale, in ogni frammento di eternità che l’amore sparso nel mondo ci regala.

E perfino la storia drammatica del tempo del covid è diventata occasione di confronto con alcuni catecheti e membri dell’équipe: La barca pensante raccoglie il lavoro dell’estate 2020 e Immagina puoi la riflessione del 2021.

L’ultima parte del suo lavoro appare ancora insistentemente legata alla formazione degli operatori pastorali e dei catechisti: Pensare e attuare la formazione, per culminare nell’ultima sua opera che, quasi come una consegna per invitare tanti a provare e a mettersi in gioco, si presenta come una riflessione a due voci sul tirocinio e il lavoro in équipe nell’ambito pastorale: Provando si impara.

Il tempo dell’accompagnamento formativo

Padre Rinaldo mentre studia, pubblica e insegna – prima a Bologna presso lo Studio Teologico Francescano “S. Antonio” e poi a Roma presso la Pontificia Università Salesiana – si dedica alla formazione partecipando a convegni, giornate di studio, percorsi di accompagnamento, seminari in varie diocesi d’Italia: i suoi piedi di messaggero di lieti annunci percorrono più volte le strade dell’Italia, incontrando diocesi e gruppi e, soprattutto, accompagnando: una caratteristica importante di ogni autentico formatore, un modo per far crescere le persone, le équipes diocesane, i nuovi direttori degli Uffici Catechistici.

Formare, accompagnare, sostenere gli annunciatori, gli accompagnatori dei catechisti è stata ed è la missione della Scuola nazionale per formatori all’evangelizzazione e alla catechesi; conosciuta dapprima come scuola della Mendola (TN), di Malosco (TN), di Siusi (BZ), e ora di Asolo (TV) è una proposta che accompagna dalla fine degli anni ‘80 il cammino catechistico della Chiesa italiana con la quale padre Rinaldo, dopo gli studi di catechetica, inizia a collaborare finché, negli anni ‘90, gli viene chiesto di assumerne la guida, compito che, con appassionata ed umana competenza, Rinaldo porterà avanti fino all’ultimo respiro della sua vita…

Il Centro Catechistico Dehoniano con la rivista Evangelizzare promuove questa iniziativa che, pian piano, fedele ai cambiamenti che i tempi richiedono, diventa sempre più un laboratorio di idee e di rinnovamento che affiancherà la formazione di figure “chiave” nelle varie diocesi della Chiesa italiana. L’Ufficio Catechistico Nazionale la sostiene perciò fin dagli inizi.

La “scelta forte” di questa esperienza formativa riguarda la conduzione agita secondo lo stile del laboratorio. L’averlo assunto e accolto come stile non passeggero ha dato la possibilità di affinarlo e di coglierne tutte le potenzialità di cambiamento nel rispetto della vita delle persone.

In effetti, quella di Asolo, sembra una delle poche esperienze ecclesiali che continua a vivere questo spirito in modo convinto, deciso e forte, nell’intero arco del percorso formativo e non solo in alcuni suoi segmenti, convinta com’è che sia la prassi/esperienza ad illuminare i momenti di approfondimento e di ricerca, così come sia la vita che, pur modificando e rimodulando il percorso, ne mantiene sempre aperta e chiara la direzione.

Padre Rinaldo ha voluto e sostenuto fortemente questa scelta che si rivela esigente perché imprime una dinamica che disarticola l’impianto tradizionale richiedendo duttilità di strutture, di modelli organizzativi e di ruoli a cui i gruppi di formazione non sono abituati, mettendone in crisi alcune modalità formative unidirezionali.

Questo modo di formare non è facile né da assumere né da vivere, perché provoca uno spiazzamento: disorienta, costringe ad un trasloco, richiede di abbandonare gli abiti più comodi del vissuto domestico per indossare quelli del pellegrino.

In tutti questi anni posso testimoniare come queste siano scelte che permettono ai gruppi e ai formatori stessi di vivere la logica pasquale: qualcosa muore, lasciando uno spazio vuoto, ma questo è necessario perché qualcosa di nuovo possa nascere.

Fedele a questa intuizione e a questa scelta, scopro che anche la morte inattesa e improvvisa di p. Rinaldo è in continuità con ciò che lui stesso ha indicato a tante realtà di Chiesa.

Insieme alla Scuola, punto centrale per l’accompagnamento, ci sono stati tanti altri spazi di vicinanza e di sostegno alla catechesi italiana: dalla collaborazione creativa ai convegni nazionali dei direttori diocesani della catechesi, dai seminari di studio alla presenza sempre puntuale e significativa alla consulta dell’UCN.

Inoltre, Rinaldo aveva riscosso la stima dei membri dell’équipe europea dei catecheti della quale faceva parte, tanto che, nel congresso del giugno scorso in Romania, era stato eletto nel consiglio come rappresentante dell’Italia. Anche questo incarico indica la preziosità del suo lavoro e un forte riconoscimento per il suo pensiero e il suo stile.

Alcune caratteristiche importanti del suo modo di essere nella Chiesa italiana

Il mio lavorare con lui per molti anni mi ha dato modo di raccogliere alcune caratteristiche che sento importanti e che non possono essere disperse. Sento il compito di farle emergere e di rilanciarle. Nell’azione pastorale e catechistica siamo chiamati a:

Imparare ad ascoltare. L’ascolto è la prima attitudine che sta alla base di tutte le altre competenze formative. È il fondamento della catechesi detta “di generazione”, così come la vive Gesù in tutti gli incontri del vangelo: il riconoscimento che lo Spirito è già all’opera in tutto e in tutte le relazioni interpersonali. Questo ritornello: … Dio c’è già, è presente e agisce nelle persone che incontriamo lo ripeteva spesso, ma soprattutto lo viveva come stile formativo.

Imparare a guardare. Guardare in profondità, per poterci accompagnare sui cammini della vita. Sulla realtà e sulle persone è importante posare uno “sguardo differenziato”, comprese quelle che non incarnano completamente l’ideale cristiano, per andare insieme più lontano, oltre, “con pazienza e delicatezza”.

Imparare ad accompagnare. L’accompagnamento, dal latino ad-cum-panis, cercare di dividere il “pane con”, è sempre richiesto, perché questo fa parte del cammino dell’uomo. Un tale accompagnamento si sviluppa come una vera catechesi progressiva e permanente, da realizzare come un processo graduale e continuo di maturazione.

Imparare a discernere. La formazione che Rinaldo offriva doveva servire a creare nei catechisti una cultura del discernimento, specialmente in rapporto alle tante situazioni particolari e complesse, alle proposte che arrivano da varie parti.

Imparare a integrare. I profondi cambiamenti in atto chiedono di sviluppare azioni di integrazione e di compassione. Tutta la comunità cristiana è incaricata di questa integrazione, in una catechesi di tutti, per tutti e da tutti, nessuno escluso.

Saper lavorare insieme. La produzione di p. Rinaldo non è stata mai un’esaltazione delle sue capacità e delle sue numerose competenze, ma ha sempre coinvolto altri, ha visto doni nascosti e li ha fatti brillare, ha voluto tenacemente e sempre vivere e fare équipe e ha insegnato in vari corsi e convegni a trovare sempre strade per fare équipe e lavorare insieme.

Valorizzare tutte le risorse e competenze. La lunga esperienza formativa con lui mi fa dire che aveva “occhio” e che sapeva individuare talenti e risorse in tante persone. Riusciva a cogliere quelle competenze, quelle potenzialità che potevano arricchire il gruppo, l’annuncio, la proposta, l’équipe stessa. È stato così in modo visibile sia per la redazione di Evangelizzare sia per la scuola di Siusi/Asolo, laddove ha cercato le persone giuste per le relazioni, per gli articoli, per i laboratori.

Coniugare maschile e femminile. Prima ancora che la questione femminile diventasse così centrale nelle riflessioni ecclesiali, padre Rinaldo ha reso visibile, perché reale, un modo di pensare e scegliere, proporre e intervenire dove uomo e donna, maschile e femminile si armonizzano in modo naturale senza prevaricazioni o rivendicazioni. L’ho sperimentato in lunghi anni di lavoro insieme: mai mi sono sentita “quota rosa” o meno protagonista; ciò che avevo di specifico è sempre emerso nella relazione e nella condivisione alla pari. Con me altre donne hanno potuto sentire il valore della loro competenza e della loro presenza a servizio di altri.

Attingere dalla vita e da tutto ciò che ci circonda. Nel mondo ci sono scintille di eternità, tracce di vangelo o, come ha voluto intitolare una sua intensa meditazione ad Asolo, il 16 luglio 2024, “fili di fede”…, a volte nascosti, a volte impercettibili, ma un cuore vigile e attento li sa scoprire. È un altro importante insegnamento che ci raggiunge: pagine di autori contemporanei, opere d’arte, brani musicali, racconti di vita, articoli di giornale diventavano luoghi di vangelo, occasioni di leggere una “storia sacra” che è già all’opera nel mondo.

Vivere la libertà evangelica anche nell’annuncio. E, infine, un annuncio che si espone al rischio del rifiuto, del non essere capito e accolto come è sempre accaduto per l’annuncio evangelico. Essere liberi di proporre e di offrire sapendo che noi siamo solo servi inutili, seminatori che non possono trattenere ciò che hanno ricevuto, altri e Altro porterà a maturazione ciò che abbiamo gettato nel campo del Regno di Dio.

Una consegna per tutti coloro che hanno a cuore l’annuncio

Durante l’ultima giornata di proposta a più voci, il 20 luglio scorso, durante la Scuola Nazionale per i Formatori all’Annuncio ad Asolo, padre Rinaldo offriva una riflessione molto ricca e significativa. Riporto alla lettera qualche passaggio come una consegna:

  • «La percezione del proprio limite porta a considerare e a capire il limite degli altri. È solo attraverso le piccole cose che si scopre l’uomo, nella comprensione di ogni giorno, nel poter guardare in viso l’altro da sé e coglierne i segni del dolore visibili in un’espressione che sa di fine, mentre si chiede inutilmente perché ancora dolore. Una domanda che rimanda alla paura.
  • Non è possibile consolarsi se si è avvolti dal mondo impaurito. Occorre che ci sia un uomo vicino che ricordi che, anche dopo un temporale che ha sradicato un villaggio, uscirà il sole e risplenderà la luce, e che gli uccelli cinguetteranno e la vita continuerà. Questo è un uomo, questo forse è l’uomo. L’uomo del dolore, l’uomo della fragilità, l’uomo della comprensione, l’uomo della consolazione, colui che canta inni di speranza e giunge persino a pregare un Signore che forse non c’è ma che, se ci fosse, sarebbe bene delegargli la propria inconsistenza, la propria insufficienza, i propri limiti. L’uomo è un gigante che porta dentro di sé un bambino ed è bene che dica, che mostri che quella stazza gigantesca non deve intimorire poiché è piena di bontà, di voglia di essere amato, magari da un nano, da chi pensa di esser troppo piccolo per vivere, ma può diventare necessario a un gigante.
  • Nel nostro contesto è importante cercare un “dio” della fragilità, che sappia ascoltare e aspettare me che temo la solitudine e il dolore, nel mio deserto. Questo è Dio. La figura del Cristo, l’immagine di Dio che più si avvicina alla nostra paura e debolezza. Ha pianto, ha rimproverato il Dio che è nei cieli, ha sofferto sulla croce, è stato insultato, ha agito nell’impotenza e nella fragilità ed è morto di fragilità. Cristo, un grande uomo, Figlio di Dio. L’insieme di questi criteri chiarisce e rende complesso l’orientamento di proposte di percorsi catechistici. Occorrerà molta cura nell’intreccio delle diverse iniziative per orientare sulle questioni pratiche».

Sì, abbiamo bisogno di coloro che ci annunciano un Dio fragile che in Gesù è vicino a tutti, che è stato accanto a Rinaldo nell’ultimo tratto di strada terrena, in quei giorni lui lo ha raccontato con lo sguardo, i silenzi, le paure, le benedizioni e i grazie donati a tutti noi.

Non basta aver visto, se poi non si comunica agli altri ciò che è accaduto sotto i nostri occhi. Non basta aver udito, se poi si ammutolisce davanti al tribunale della storia. Non basta aver contemplato, se non si attua quel “passa parola” che provoca brividi di gioia sulla pelle di chi l’ascolta… e, dopo che ne hanno letto il messaggio, possano benedirvi. (Tonino Bello, vescovo)

Benediciamo per questa storia intrecciata alla storia di tanti.

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3 Commenti

  1. Enzo 6 novembre 2024
  2. Giuseppina Tavernise 6 novembre 2024
  3. Alberta 6 novembre 2024

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