Memorie /2: Inghilterra, i sogni svaniti di Hume

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Dal 2 al 6 maggio 1980, oltre duemila delegati della Chiesa cattolica d’Inghilterra e del Galles discussero a Liverpool su “Gesù Cristo, via, verità e vita”, riuniti nel Congresso nazionale pastorale, una specie di “concilio” per dibattere una serie di problemi scottanti: dalla corresponsabilità nella Chiesa al ministero sacerdotale, dalla famiglia alla società, dall’educazione cristiana alla giustizia nel mondo. La preparazione, minuziosa e coinvolgente, durò circa due anni per arrivare alla scelta dei delegati.

Emerse che metà dei cattolici inglesi non aveva mai sentito parlare del concilio Vaticano II, che non accettava l’enciclica di Paolo VI, l’Humanae vitae sulla contraccezione, che non era d’accordo sull’obbligatorietà del celibato dei preti. Dibattiti serrati e schietti.

Il Congresso chiedeva di discutere la possibilità di ammettere le donne al sacerdozio, anche se Paolo VI aveva scritto al primate della Chiesa anglicana che la Chiesa cattolica non era affatto d’accordo per ragioni teologiche e storiche. Il Congresso si mostrò favorevole al conferimento del sacerdozio a uomini sposati, invitando la gerarchia ad esaminare la questione.

Era noto che il card. Hume, arcivescovo di Westminster, era favorevole alla revisione della prassi ecclesiastica e che ne aveva parlato in Vaticano.

Il clamore del Congresso riaccese la speranza di un rinnovamento della Chiesa, ma inquietò Roma.

I preti della National Conference of Priests, che rappresentava cinquemila preti di Inghilterra e Galles, dal 1° al 5 settembre si riunirono a Birmingham per riflettere sui risultati del Congresso di Liverpool, appena una settimana dopo la conclusione. Approvarono le conclusioni delle varie commissioni.

Un cenno sia pure fugace spetta al card. Hume. Figlio di un noto medico scozzese, non cattolico e di madre francese, si fece benedettino, prendendo il nome di Basilio nel 1945. Si laureò in storia ad Oxford e prese la licenza in teologia a Friburgo. Insegnò lingue moderne e storia nel celebre collegio benedettino di Ampleforth. Divenne abate nel 1963; arcivescovo di Westminster nel marzo del 1976, creato cardinale lo stesso anno da Paolo VI. Nel 1979 fu eletto presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa. Partecipò al concilio, dove, tra lo stupore dei padri, raccontò alcuni sogni per descrivere la Chiesa come “tenda di Abramo”.

Gli chiesi un parere sul famoso Congresso di Liverpool nel 1980. «Lei sa che la Chiesa ha tempi lunghi. È importante il fatto che si sia arrivati a un congresso, dove vescovi, preti, laici, adulti e giovani si sono confrontati e hanno discusso animatamente. È stata un’ottima esperienza». Riguardo al conferimento del presbiterato a uomini sposati, mi confermò che si sarebbe inoltrata la richiesta a Roma. Così pure in riferimento all’accettazione di pastori anglicani sposati.

In un incontro, nel luglio 1985, gli chiesi un parere sul posto delle donne nella Chiesa. Fu sincero e schietto: «Penso che bisogna dare delle responsabilità alle donne nella Chiesa. È sempre vivo il problema dell’ordinazione della donna. La Chiesa si è pronunciata negativamente al riguardo e accetto l’autorità papale, ma penso che, al di fuori dell’ordinazione al sacerdozio, possa esistere per le donne un ruolo molto importante. È una questione sulla quale la Chiesa deve riflettere e non perdere tempo».

Sul conferimento del diaconato alle donne fu esplicito: «Sarei felice se la Chiesa si decidesse per il diaconato alle donne, perché di fatto esercitano il diaconato».

E sul calo delle ordinazioni fu altrettanto schietto ed esplicito: «È necessario che, in certe parti del mondo, venga ordinato qualcuno nella comunità perché possa celebrare l’eucaristia. Per me è importante la celebrazione dell’eucaristia. Non bisogna privare il popolo della celebrazione eucaristica, non bisogna privare la gente del sacramento della riconciliazione. A motivo dell’eucaristia bisogna riflettere se, in certi luoghi, si possa trovare qualcuno, rispettato nella comunità, che possa celebrare l’eucaristia e questi possa essere sposato. Importante è che goda di grande rispetto».

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