Il mondo odierno sembra scosso fin dalle sue fondamenta: terza guerra mondiale a pezzi, emergenze sanitarie e ambientali, crisi climatica, scontri etnici, chiusure nei confronti dei migranti, persecuzioni nei confronti di milioni di cristiani… Uomini e donne fanno ormai molta fatica a orientarsi, perché talvolta i punti di riferimento tradizionali sono scomparsi.
Eppure questa incertezza può trovare insospettate affinità con altre epoche storiche, persino a noi molto lontane. L’indimenticato biblista, il cardinale e arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini, in questo classico della spiritualità ora ripubblicato, intreccia una sorta di collegamento con la storia ebraica con gli albori della cristianità, tramite una lettura attenta che va dal libro dei Giudici agli Atti degli Apostoli e all’Apocalisse. Sono testi che riflettono tempi di instabilità come i nostri. Martini propone alcuni esempi di impegno nell’evangelizzazione validi ancora oggi.
Le sei riflessioni raccolte nel libro sono nate in contesti molto variegati e conservano a tratti il tono colloquiale. L’autore non analizza i testi con il metodo esegetico ma con quello della lectio divina, che sfrutta i risultati della ricerca scientifica, la quale colloca i testi nel loro ambiente di nascita, sforzandosi, al contempo, di individuare il messaggio attuale per la vita del lettore.
Il confronto con la propria vita in un clima di preghiera e di raccoglimento permette di enucleare linee di cammino per l’oggi ispirate dalle costanti di fondo presenti nella Bibbia, che at-testa la storia della salvezza che abbraccia ogni tempo.
Ciò che ha sorretto Martini è sempre stata a convinzione che la Parola di Dio è viva, vibrante anche oggi, capace di penetrare come spada a discernere nell’animo umano e nelle società ciò che è disumanizzante, ponendolo a confronto col progetto liberante di Dio in Gesù per tutti gli uomini. Martini trasmette la speranza «che, in mezzo a tante parole vuote, ci si accorga che questa parola lascia il segno, non si accosta mai invano e che, dopo averla lasciata risuonare nel cuore, nessuno è più come prima» (p. 10).
Comunità cristiane antiche e il giovane ricco
Il primo capitolo è incentrato sulla vita delle comunità cristiane negli Atti degli Apostoli. Si indaga il messaggio che le comunità della Chiesa primitiva può offrire a quelle che oggi vivono immerse in un mondo secolarizzato. Ci si domanda quali comunità fossero, quali problemi dovessero affrontare, il motivo per cui rivolgersi ad esse per illuminare il presente ecclesiale, come evangelizzassero in concreto. Martini riporta alcuni esempi concreti.
Il secondo testo, dal titolo “Gesù incontra il giovane ricco: raffronto con una società materialistica”, è stato pronunziato nella cattedrale di Westminster in occasione delle celebrazioni centenarie e vuol aiutare a cogliere gli stimoli che vengono da una parola esigente di Gesù per il nostro modo di vivere in Occidente. Oggi siamo immersi in una società materialistica e Martini analizza il dialogo di Gesù col giovane ricco, fornendo una meditatio sul racconto evangelico che possa essere illuminante anche per i tempi odierni.
Cosa fare in tempi difficili?
“Che cosa fare in tempi difficili?” è la terza meditazione, offerta a un vescovo che si è trovato in quegli anni a dover affrontare situazioni di grande difficoltà civile e politica: mons. Šustar, arcivescovo di Lubiana.
Si tratta di una riflessione su uno dei tempi politicamente più travagliati della storia di Israele, quello dei Giudici e, in particolare, su una triste vicenda di vendetta e di sangue. Era un tempo in cui non c’era il re e ognuno faceva come meglio gli pareva. Una pagina nera nella storia di Israele.
Si tratta di Gdc 19, con la storia tragica del levita delle montagne di Efraim che va a Betlemme a riprendersi la concubina che lo aveva abbandonato per tornare da suo padre. Nel viaggio di ritorno i gabaoniti vogliono violentare il servo del levita, il quale però dà in pasto alle loro voglie la concubina. Essa viene violentata a morte tutta la notte. Il levita fa a pezzi il corpo della donna e lo invia alle dodici tribù di Israele, invitandole a decidere sul da farsi di fronte a una violenza mai vista prima.
Martini introduce al libro dei Giudici, alle caratteristiche di quel tempo in Israele, a una risposta provvidenziale ai problemi del popolo, per concludere raccogliendo gli insegnamenti che il libro biblico può offrire per un tempo di transizione.
«Che cosa può dire ai nostri giorni – si domanda l’autore – la pagina biblica che rievoca tali episodi? Quali insegnamenti contiene per un tempo di transizione, qual è quello che stiamo vivendo un po’ in tutti i paesi europei?» (p. 8).
La risposta data dal libro non è secondo Martini di tipo politico-amministrativo, ma teologica. «Si tratta di una risposta a livello di interpretazione teologica: le calamità politiche a cui il popolo va ripetutamente incontro sono dovute alla dimenticanza di Dio e della sua alleanza. Ciò che tiene insieme le tribù non è primariamente l’organizzazione politica, bensì i grandi valori comuni, e la loro perdita conduce inevitabilmente alla disunione, al disordine, all’oppressione. Il Libro dei Giudici, dunque, non fornisce una soluzione politica, anche se descrive un processo politico; esso individua nella situazione religiosa e morale la radice di tutto quanto accade» (p. 72).
Gerusalemme della storia e Gerusalemme celeste
Il quarto capitolo del libro è dedicato a Gerusalemme: “A Gerusalemme salgono le moltitudini del Signore”. Meditando sul Salmo 122 e su una pagina dell’Apocalisse (Ap 21,1–22,5), Martini – legatissimo a questa città, tanto che desiderava ardentemente di esservi seppellito – cerca di esprimere il fascino che questa città esercita sempre non solo per gli ebrei, ma per ogni cristiano e per ogni uomo o donna.
La città è posta nella permanente tensione dialettica tra la Gerusalemme della storia e la Gerusalemme celeste: l’una richiama l’altra e in questa mutua attrazione è coinvolta tutta la storia umana.
Martini riflette su vari elementi di contrasto, il nuovo ordine di cose che regna in quest’ultima, spiega alcuni suoi simboli e fornisce degli strumenti per una lettura cristiana dell’Apocalisse.
La “nuova” evangelizzazione
Il quinto testo offre una meditazione sul tema dell’“evangelizzare”, dopo che papa Giovanni Paolo II ha ripetutamente invitato la Chiesa cattolica a un “nuova evangelizzazione”. Sono riflessioni sul tema dell’evangelizzazione dedicate all’arcivescovo di Sarajevo Vinko Puljic, creato cardinale il 26 novembre 1994.
L’evangelizzazione non va confusa con il proselitismo.
Martini ricorda il contesto sociale e culturale nuovo in cui vive oggi il cristiano, mentre sottolinea «la novità perenne dell’evangelizzare cristiano, che è gridare la speranza in mezzo a grida di disperazione, dare risposta alle invocazioni più profonde di ogni coscienza umana, comunicare la buona notizia che Dio ci ama e che Gesù è morto e risorto per liberarci dal male» (p. 9). Ci sono diversi livelli dell’assimilazione del Vangelo, così come esistono diversi contesti o ambiti di comunicazione del Vangelo vissuto.
«Con il termine “evangelizzazione” – argomenta lo studioso – mi riferisco sia al primo annuncio del Vangelo fatto a chi non crede, sia a quell’ulteriore annuncio che è sempre connesso con ogni atto di riproposizione del messaggio evangelico (pensiamo, ad esempio, alle omelie, alla catechesi, alla liturgia e, più in generale, alla vita pastorale della Chiesa). A un’evangelizzazione delle “persone” – prosegue Martini – si accompagna anche un’evangelizzazione delle “culture”, che è l’impregnazione propositiva e critica che la vita secondo il Vangelo attua nella mentalità e nei modi di vivere della gente. Questa evangelizzazione può essere fatta in forma esplicita (attraverso l’annuncio, la spiegazione verbale, la celebrazione) o in forma implicita, con la testimonianza di una vita seriamente trasformata dal Vangelo (per esempio, con la testimonianza della carità, del perdono, della solidarietà…). Evangelizzare – insiste l’autore – non significa necessariamente fare cristiani tutti gli uomini né far tornare in chiesa tutti i battezzati e in particolare quelli che ci andavano e hanno smesso di andarci» (p. 114).
Guardando al Nuovo Testamento, Martini individua diversi modi di evangelizzazione: per proclamazione, per convocazione, per attrazione, per irradiazione, per contagio, per lievitazione.
Egli annota: «[Più spesso] le nostre comunità e l’intera cristianità si presentano in quella situazione intermedia», per cui il Vangelo è già arrivato, ma si è perso il senso vivo della fede. E allora sentiamo come per istinto soprannaturale che evangelizzare è importante, che è la questione di sempre, che va portata avanti tenendo conto delle mutate condizioni culturali e spirituali del nostro tempo, ma anche e soprattutto della capacità innovativa che il Vangelo porta con sé e che si esprime in ogni epoca della storia umana. In un mondo scristianizzato come il nostro occorre – in un certo senso – ripartire da zero, riprendere l’evangelizzazione da capo, fare “nuova” evangelizzazione. Ma tale evangelizzazione è realmente “nuova”, portatrice di novità, quando permette di ascoltare una notizia che – ogni volta che la sento – mi rinnova e mi stupisce, una notizia che non invecchia mai, che è sempre e nuovamente “buona”» (pp. 120-121).
Martini conclude il capitolo con una icona riassuntiva, rappresentata da Lc 9,51-52, che cita con questo tenore: «Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, [Gesù] si diresse decisamente verso Gerusalemme e mandò avanti dei messaggeri. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui».
La vita nello Spirito
La sesta meditazione è intitolata “Il cristiano, uomo guidato dallo Spirito Santo, nel Vangelo secondo Giovanni”.
Il cardinale commenta il passo di Gv 16,13: «Quando verrà lo spirito della Verità guiderà voi nella verità tutta intera» (16,13). Si domanda che cosa sia, con quali termini sia stata espressa nella storia della spiritualità la «verità tutta intera» e, infine, quale sia ancora oggi la sua forza.
Martini è convinto della forza della parola che cambia colui che la legge e la vive. Ricorda come la conversione a Cristo passi per le realtà storiche e come l’uomo sia incapace di conversione a Cristo. La vita di Cristo in noi passa attraverso l’azione dello Spirito. I segni della vita nello Spirito sono la carità e l’unità.
L’autore cita e commenta Rm 8,9-11.15 [NB: a p. 154 leggi così, e non 8,9-11,15], sulla presenza dello Spirito nel discepolo di Gesù. Lo Spirito dona la vita per la giustizia e rende figli adottivi che gridano “Abbà! Padre!”.
Martini annota: «Essere guidato dallo Spirito vuol dire essere nella realtà della risurrezione, vuol dire il superamento dell’avvilimento, della disperazione, di tutte le chiusure di speranza perché Cristo, speranza della gloria, è in noi […]. Lo Spirito è la forza dinamica che continua a guidarci verso la risurrezione, la vita, la pace; è la forza dinamica che ci aiuta in questa contro-contestazione per rimettere le cose a posto, per riportare il vero senso delle realtà che è l’amore. E se il cristiano si lascia guidare dalla tristezza e dallo sconforto, fosse anche lo sconforto per i propri peccati, senza continuare a credere nella forza della risurrezione di Cristo, non è sotto l’azione dello Spirito di verità”» (pp. 154-155).
Ed è lo Spirito che rende i cristiani capaci di pregare da figli di Dio.
Le pagine del card. Martini restano sempre attuali e comunicano la sua passione verso la parola di Dio, capace di rinnovare la vita di chi la accoglie e la abbraccia perché a parlare in essa è il Cristo risorto, signore della storia e vincitore del male, amante della vita, della giustizia e della pace.
- CARLO MARIA MARTINI, La luce oltre il buio. Cosa fare in tempi difficili, Edizioni Terra Santa, Milano 2024, pp. 160, € 13,30, ISBN 9791254713037.
Bel libro cosa fare
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