Durante il recente Sinodo dei vescovi sulla sinodalità il Patriarca di Baghdad dei Caldei Louis Raphaël Sako ha condiviso un suo scritto con i patriarchi delle Chiese orientali, con il Dicastero per le Chiese orientali e con il Segretario generale del Sinodo. Lo pubblichiamo nella sua qualità di proposta, alla luce del Sinodo, di fronte alle sfide specifiche delle Chiese orientali.
1. Come sfruttare il Sinodo per il bene delle Chiese Orientali
Il Sinodo rappresenta una straordinaria occasione per riflettere su come le Chiese Orientali possano affrontare le loro sfide specifiche. Un sinodo particolare dedicato al Medio Oriente potrebbe concentrarsi su temi come la persecuzione, l’emigrazione e il rinnovamento della pastorale. Rafforzare la collaborazione tra le diverse comunità ecclesiali e promuovere una maggiore partecipazione dei laici sono tra gli obiettivi principali per dare una nuova energia alla vita delle Chiese Orientali, garantendo allo stesso tempo la continuità della loro preziosa eredità spirituale.
2. La formazione permanente del clero e dei fedeli
La formazione continua è essenziale per adattarsi alle esigenze del tempo presente. I programmi di formazione devono aggiornare il clero non solo in teologia, ma anche in pastorale e gestione comunitaria, affinché possano rispondere meglio ai bisogni delle comunità, soprattutto nei contesti di migrazione e diaspora. Anche i laici devono essere coinvolti in processi formativi che li rendano protagonisti attivi della vita ecclesiale e che li aiutino a interagire con le culture locali nei contesti dove le Chiese Orientali sono minoranza.
3. Trasparenza economica e lotta alla corruzione
La trasparenza nella gestione dei beni ecclesiastici è fondamentale per mantenere la credibilità delle istituzioni. Si propone di avviare sistemi di controllo finanziario più efficaci, per evitare abusi e garantire che le risorse siano utilizzate in modo conforme ai principi cristiani. Formazione specifica e strumenti di gestione avanzata devono essere parte del percorso formativo del clero e dei laici incaricati dell’amministrazione dei beni ecclesiali.
4. I rapporti tra le Chiese Orientali in paesi a maggioranza non cristiana, con particolare riferimento ai paesi musulmani
Nei paesi a maggioranza musulmana, le Chiese Orientali devono offrire una testimonianza unitaria e impegnarsi per il dialogo. Le rivalità interne minano la missione di pace e coesione, mentre una cooperazione più stretta tra le comunità cristiane può favorire una presenza più incisiva e credibile. Si suggerisce la creazione di tavoli di dialogo permanenti, sia a livello interecclesiale che interreligioso, per promuovere la comprensione reciproca e affrontare questioni comuni, come la libertà religiosa e la convivenza pacifica.
5. Il ruolo delle Chiese Orientali nella diaspora
Le comunità in diaspora devono essere sostenute nella conservazione delle loro tradizioni spirituali e culturali. È fondamentale rafforzare i legami tra le Chiese madri e le comunità della diaspora, attraverso un coordinamento pastorale che favorisca la trasmissione delle tradizioni liturgiche e linguistiche. Particolare attenzione va riservata alle nuove generazioni, che devono essere formate per comprendere e valorizzare la ricchezza della propria eredità culturale e religiosa.
6. L’impatto delle migrazioni forzate sulle Chiese Orientali
Le migrazioni forzate stanno devastando le comunità cristiane in Medio Oriente. È essenziale intensificare gli sforzi per sostenere i cristiani che restano nei loro paesi d’origine e per offrire un’assistenza concreta a coloro che sono costretti a migrare. La Chiesa deve impegnarsi a livello internazionale per sensibilizzare l’opinione pubblica e garantire il sostegno umanitario e spirituale a queste comunità. La preservazione della presenza cristiana nel Medio Oriente deve essere una priorità condivisa tra le diverse Chiese.
7. Tutela della libertà religiosa e dei diritti umani
La difesa della libertà religiosa deve essere al centro delle preoccupazioni delle Chiese Orientali, specialmente nei contesti dove i cristiani sono perseguitati o discriminati. Le Chiese devono rafforzare la propria collaborazione con le autorità civili e le organizzazioni internazionali per promuovere la tutela dei cristiani, dei diritti umani e la libertà di culto. Questo impegno deve essere integrato con una visione pastorale che miri alla giustizia sociale e alla protezione della dignità umana.
8. Preservazione del patrimonio liturgico e linguistico
Il patrimonio liturgico e linguistico delle Chiese Orientali è un bene prezioso che deve essere preservato. Le lingue liturgiche tradizionali, come il siriaco, l’aramaico e il greco, sono veicoli fondamentali della spiritualità orientale. Si propone di rafforzare la formazione delle nuove generazioni nella conoscenza e nell’uso di queste lingue, affinché possano mantenere viva la tradizione liturgica. Allo stesso tempo, è necessario investire in progetti di restauro e conservazione dei testi sacri e dei manoscritti antichi, garantendo che il patrimonio culturale delle Chiese Orientali continui a essere trasmesso e valorizzato.
9. Patrimonio artistico e architettonico delle Chiese Orientali
Il patrimonio artistico delle Chiese Orientali, che include chiese, conventi, monasteri, suppellettili, icone, quadri e manoscritti, rappresenta un’eredità culturale e spirituale inestimabile. Questo patrimonio, che testimonia secoli di fede e tradizione, è oggi minacciato da guerre, saccheggi e degrado. È urgente sviluppare strategie per la tutela e il restauro di questo patrimonio, promuovendo la conservazione delle opere d’arte sacra e la protezione dei luoghi di culto. Si suggerisce di creare un fondo internazionale destinato alla conservazione del patrimonio artistico e architettonico delle Chiese Orientali, coinvolgendo le istituzioni culturali e i governi nazionali e internazionali. Inoltre, il patrimonio artistico non dovrebbe essere considerato solo un bene culturale, ma anche uno strumento di evangelizzazione e di dialogo, capace di comunicare la bellezza della fede cristiana alle nuove generazioni e al mondo intero.
10. Dialogo ecumenico e relazioni con le altre Chiese
Il dialogo ecumenico è essenziale per le Chiese Orientali, che hanno una lunga storia di relazioni con altre confessioni cristiane. Si propone di intensificare il dialogo teologico e pastorale con le Chiese ortodosse e altre comunità cristiane, al fine di rafforzare la testimonianza comune. Le Chiese Orientali possono offrire un contributo unico, soprattutto in aree come il dialogo interreligioso, la difesa dei diritti umani e la salvaguardia del creato. Si propone di istituire piattaforme permanenti di dialogo ecumenico, che favoriscano la collaborazione su temi di interesse comune, promuovendo l’unità tra i cristiani.
11. Dialogo con l’ebraismo e riflessioni sulla radice comune
Un altro tema di grande importanza è il dialogo con l’ebraismo, con cui le Chiese Orientali condividono una radice teologica e spirituale. Il Sinodo potrebbe essere un’occasione per approfondire la riflessione sulla comune eredità biblica e spirituale delle Chiese Orientali e dell’ebraismo. Il dialogo ebraico-cristiano dovrebbe promuovere una comprensione reciproca più profonda, basata sul rispetto delle rispettive tradizioni e su una comune ricerca di giustizia e pace. Si propone di intensificare le relazioni con le comunità ebraiche locali e internazionali, promuovendo eventi e iniziative comuni che favoriscano la riconciliazione e la collaborazione in ambito sociale, culturale e religioso.