Essaouira

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Essaouira, ossia l’arte di comporre. Di mettere insieme mondi, culture, sensibilità differenti. La città marocchina, ai bordi dell’Atlantico, vi prende l’anima. Il suo profumo di mare vi penetra i polmoni, vi inebria. Le onde dell’oceano, spinte dagli Alisei, continuano a danzare alte ai suoi fianchi: la rendono luogo ideale per il surf e windsurf. Dove il mare si fa sfida, eleganza e passione.

Nelle piazze animate, con negozi carichi di stoffe e tappeti dai mille colori, di spezie, di specialità di ogni tipo, i gridii dei gabbiani e la musica di artisti di strada si confondono. Si intrecciano. Un suggestivo, potente inno alla vita e alle sue diversità: questa è Essaouira. Patrimonio UNESCO dell’umanità.

Poderose mura, poi, di color ocra ricordano la sua terza o quarta rinascita. Quando, a metà ’700, il sultano Muhammad III decise di farne con l’aiuto di un grande architetto francese una base navale fortificata, un porto reale. Divenne un perfetto esempio di architettura militare, che la arricchì di mura, torri, bastioni, porte e cannoni, riuscendo a coniugare perfettamente la cultura arabo-musulmana con quella europea.

La vecchia Mogador, di origine portoghese del XV secolo, si trasformò in Essaouira, cioè «la ben disegnata». Animata, poi, da un’importante comunità ebraica, ben più numerosa dei musulmani residenti, andava fiera per essere l’unico porto marocchino aperto al commercio estero per le carovane dall’interno. Oggi, un’enorme, gigantesca tela celebra la sua identità. Esposta sulla piazza centrale, proclama a grandi lettere: «Essaouira, già emporio fenicio, diventa città-mondo, incrocio vibrante, dove tradizioni culturali differenti si incontrano e si mescolano, in una trama unica di diversità e ricchezza umana». Splendido elogio alla complessità. All’arte di comporre, di includere il diverso, di farne una sintesi nuova. Ecco una formidabile, attualissima lezione per i nostri giorni.

All’alba, il porto di pesca, in una città ancora addormentata, è febbrile di preparativi con tutto il pesce fresco arrivato da poco… Qui pulsa la sua vita antica. Più tardi, invece, è come inondata dai turisti: altra pesca, per i commercianti.

I vicoli e le piazze pittoresche, la luce brillante, l’atmosfera tranquilla, lo spumeggiare delle onde – che hanno attratto nel passato pittori, scultori e altri artisti – fanno da sfondo ideale al suo Festival internazionale di musica.

Voilà, ancora, un’esperienza sensoriale, in cui elementi della tradizione musicale africana gnaoua, dalle lontane origini di schiavi, si fondono con elementi di altre culture, dando vita a uno spettacolo unico nel suo genere. Nuovi ritmi e nuove energie vi sommergono.

La Chiesa non dista lontano, fuori le mura. Con le sue tinte bianco e azzurro all’esterno, come le suggestive residenze di mare di qui, vi introduce in un altro mondo che sa di antico e di pace. Vi incanta l’altare, l’ambone, la mobilia, tutto in pregevole legno di tuya, tipico del luogo. E poi una miriade di vecchie statue con i loro «Per Grazia Ricevuta» in marmo datati ai primi del Novecento: santa Teresa di Lisieux, il Curato d’Ars, la Madonna di Lourdes… Era la Chiesa dei francesi. Curiosamente, dappertutto, stuoie e tappeti, come nelle moschee. Alla messa domenicale sono ora i turisti che vengono, da ogni parte…

Così, non si sa mai, come nel Vangelo, quale sarà oggi la pesca, come sarà composta l’assemblea. Anche questo fa di Essaouira la città-mondo. Sorprendente e amata, per davvero.

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