Quale missione per la Chiesa italiana

di:

elefante

Lunedì 16 dicembre viene pubblicato lo Strumento di lavoro per la Seconda assemblea del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, approvato dal Consiglio episcopale permanente della CEI lo scorso 9 dicembre. Lo Strumento recepisce i lavori della Prima assemblea sinodale (cf. qui su SettimanaNews) ed è destinato a tutte le diocesi e realtà associative ecclesiali in vista di raccogliere suggerimenti per la chiusura della «fase profetica» del Cammino sinodale, dalla quale scaturiranno gli orientamenti operativi per il prossimo quinquennio. Sergio Ventura, redattore del blog Vino Nuovo e delegato della diocesi di Roma alla Prima assemblea sinodale, propone una riflessione su alcuni aspetti decisivi della missione che attende la Chiesa italiana.

Al termine della Prima Assemblea sinodale delle Chiese in Italia (15-17 novembre) è stato chiesto ai partecipanti di far giungere alla segreteria della CEI ulteriori e più ordinate riflessioni, frutto del discernimento operato in generale sui Lineamenti e, nello specifico, sul tema del proprio tavolo di lavoro (nel mio caso quello dedicato agli organismi di partecipazione). Avendo preso parte all’assemblea come delegato della diocesi di Roma, ho ritenuto opportuno inviare le mie considerazioni che ora vorrei qui condividere in forma più sistematica, cominciando da quelle relative ai Lineamenti.

Come sa bene chi conosce il mio pensiero, dire missione o slancio missionario, Chiesa-in-uscitaChiesa-estroversa, è ormai poco significativo rispetto alla comprensione di quanto lo Spirito starebbe dicendo alle Chiese. Lo sarebbe – significativo – se avessimo di fronte una Chiesa sostanzialmente immobile, arroccata o parcheggiata in parrocchia, refrattaria ad ogni contatto con l’esterno. Ma un tale giudizio, di pigrizia o accidia ecclesiale, seppur a volte adeguato, sarebbe ingiusto e non veritiero.

Invece, ho sempre evidenziato che il vero problema, ai limiti dell’“addomesticamento” dello Spirito, è un altro: aver messo in secondo piano (se non del tutto rimosso) il fatto evangelico, prima ancora che teologico, secondo cui la missione non è solo annuncio e testimonianza, ma anche – e forse innanzitutto – ricerca del Risorto. Non solo dono agli altri (extra ecclesiam) della «verità» ricevuta da Dio, ma anche ricezione dagli altri (extra ecclesiam) dei doni – non solo di «verità» – ricevuti da Dio: non solo Ecclesia docens, ma anche Ecclesia discens.

In tal senso, è importante che i Lineamenti abbiano precisato che lo slancio missionario è costituito anche dal:

(1) (ri)cercare il Vangelo già seminato da Cristo (cf. §§ IX-X; 3; 8);

(2) riconoscere l’opera dello Spirito e le tracce/orme (del Regno) di Dio al di fuori della Chiesa “ufficiale”, in contesti ritenuti ‘impuri’ o ‘profani’, o prima ancora che essa giunga con i suoi apostoli missionari (cf. §§ IV; 6; 20; 40).

Questi aspetti, sostenuti nei Lineamenti dalle opportune citazioni di Evangelii gaudium (246; 288), Redemptoris Missio (28-29) e Ad gentes (4), sono stati chiaramente segnalati anche nella relazione introduttiva del 15 novembre tenuta da mons. Castellucci (soprattutto § 3), corredata dalle altrettanto decisive citazioni di 1Tess 5,21 e dei documenti conciliari Ad gentes (2-4) e Gaudium et spes (44) e che riprende la relazione (qui commentata) del presidente del Cammino sinodale italiano tenuta all’assemblea generale della CEI (21 maggio 2024).

Di conseguenza, è stato fondamentale aver ritrovato nei Lineamenti, a proposito di una Chiesa in siffatta uscita missionaria, le seguenti precisazioni:

1) essa, in quanto lunamysterium lunae (cf. § II), è disposta a farsi aiutare dal mondo (cf. § XI), ad imparare dagli altri (cf. § VIII) qualcosa di nuovo e di diverso sulla propria identità (cf. § 4);

2) perciò essa dialoga con tutti (cf. § IV), sempre con rispetto, dolcezza e mitezza (cf. XII; 9), in ossequio al versetto biblico di 1Pt 3,15 – la cui parte finale è spesso dimenticata (cf. Presentazione; 9), ma non dal Papa (cf. Udienza, 11 dicembre 2024).

Anche qui tali precisazioni sono state corredate dalle importanti citazioni di Gaudium et spes (44) e di Evangelii gaudium (246), alle quali si potrebbero aggiungere quelle ugualmente significative di Evangelii gaudium 31 («il Vescovo (…) in alcune circostanze dovrà camminare dietro al popolo (…) perché il gregge stesso possiede un suo olfatto per individuare nuove strade») e Evangelii gaudium 272 («ogni volta che ci incontriamo con un essere umano nell’amore, ci mettiamo nella condizione di scoprire qualcosa di nuovo riguardo a Dio. Ogni volta che apriamo gli occhi per riconoscere l’altro, viene maggiormente illuminata la fede per riconoscere Dio»).

Infine, non è secondario aver recuperato la categoria più evangelica e conciliare della compagnia (o affiancamento) degli uomini (cf. §§ IX; 26; 35; 37; 41-42) rispetto a quella, più equivoca, di accompagnamento (cf. §§ 25; 34-35; 38; 43; salvo i §§ 28 e 30 dove è usata giustamente all’interno di relazioni asimmetriche adulto-bambino). In generale la prima categoria rischia meno di risultare paternalista, oltre ad essere più in linea con una approccio alla fede adulto e maturo. Non è un caso che negli interventi introduttivi del card. Zuppi e di mons. Castellucci vengano usate le categorie più adatte di compagnia ed affiancamento.

Spero vivamente, allora, che questi aspetti vengano mantenuti e rafforzati nello Strumento di lavoro che verrà consegnato nei prossimi giorni alle Chiese che sono in Italia per prepararsi alla Seconda Assemblea Sinodale.

  • Pubblicato sul blog Vino Nuovo, 12 dicembre 2024

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