Poche ore ad Ajaccio, in Corsica, sono bastate a papa Francesco per toccare temi di grande importanza. L’appello per la pace, prima di tutto, dalla prospettiva di un’isola del Mediterraneo, un mare scosso da troppi conflitti. Quindi i temi della religiosità popolare e del rapporto tra religione e società contemporanee.
Nella Francia paese della laicità, papa Francesco è tornato a chiarire il suo pensiero sul tema, prendendo spunto dalla sessione conclusiva del Congresso “La Religiosité Populaire en Mediterranée”. Il collegamento tra pietà popolare e laicità, è tutto nel passaggio centrale del discorso, iniziato con un riferimento alla pratica religiosa cristiana iniziata proprio nelle terre che si affacciano sul Mediterraneo.
È stato Paolo VI, ha osservato Francesco, nella Evangelii Nuntiandi, a usare “pietà popolare” al posto di “religiosità popolare”. “Pietà popolare” è l’espressione della fede in Dio attraverso le usanze di una popolazione ed esprime una ricerca, presente e forte anche tra coloro che non sono assidui nella Chiesa:
Quando la pietà popolare riesce a comunicare la fede cristiana e i valori culturali di un popolo, unendo i cuori e amalgamando una comunità, allora ne nasce un frutto importante che ricade sull’intera società, e anche sulle relazioni tra le istituzioni politiche, sociali e civili e la Chiesa. La fede non rimane un fatto privato – dobbiamo stare attenti a questo sviluppo, direi, eretico della privatizzazione della fede; i cuori si amalgamano e vanno avanti… –, un fatto che si esaurisce nel sacrario della coscienza, ma – se intende essere pienamente fedele a sé stessa – comporta un impegno e una testimonianza verso tutti, per la crescita umana, il progresso sociale e la cura del creato, nel segno della carità. Proprio per questo, dalla professione della fede cristiana e dalla vita comunitaria animata dal Vangelo e dai Sacramenti, lungo i secoli sono nate innumerevoli opere di solidarietà e istituzioni come ospedali, scuole, centri di assistenza – in Francia sono molte! –, in cui i credenti si sono impegnati a favore dei bisognosi e hanno contribuito alla crescita del bene comune. La pietà popolare, le processioni e le rogazioni, le attività caritative delle confraternite, la preghiera comunitaria del santo Rosario e altre forme di devozione possono alimentare questa – mi permetto di qualificarla così – “cittadinanza costruttiva” dei cristiani. La pietà popolare ti dà una “cittadinanza costruttiva”.
In questa visione, laicità è un concetto “dinamico, capace di adattarsi a situazioni diverse o impreviste, e di promuovere una costante collaborazione tra autorità civili ed ecclesiastiche per il bene dell’intera collettività, rimanendo ciascuno nei limiti delle proprie competenze e del proprio spazio”.
Papa Francesco, ad avviso di chi scrive, ha posto una pietra tombale sulle rivendicazioni del passato e sulle tentazioni clericali del presente – si legga in controluce: settori conservatori cattolici – per aprire una stagione di dialogo proficuo e collaborativo.
In quest’ottica va letto il discorso ai sacerdoti, ai consacrati e consacrate, tutto impostato sulla necessità di prendersi cura degli altri, a partire dalla cura di sé stessi. Altrimenti, la fede non trova alimento ma trova spazio il narcisismo:
Ricordiamoci questo: la nostra vita si esprime nell’offerta di noi stessi, ma più un sacerdote, una religiosa, un religioso si donano, si spendono, lavorano per il Regno di Dio, e più diventa necessario che si prendano cura anche di sé stessi. Un prete, una suora, un diacono che si trascura finirà anche per trascurare coloro che gli sono affidati. Per questo ci vuole una piccola “regola di vita” – i religiosi già ce l’hanno –, che comprenda l’appuntamento quotidiano con la preghiera e l’Eucaristia, il dialogo con il Signore, ciascuno secondo la spiritualità propria e il proprio stile.
Quindi avere cura degli altri significa sempre perdonare. È un tema costante nella predicazione del papa:
Avere cura degli altri: di chi attende la Parola di Gesù, di chi si è allontanato da Lui, di coloro che hanno bisogno di orientamento o di consolazione per le loro sofferenze. Prendersi cura di tutti, nella formazione e soprattutto nell’incontro. Incontrare le persone, là dove vivono e lavorano, questo è importante. E poi, una cosa che ho tanto a cuore: per favore, perdonate sempre. E perdonate tutto. Perdonate tutto e sempre. Ai sacerdoti dico, nel sacramento della Riconciliazione, di non fare troppe domande. Ascoltare e perdonare. Diceva un Cardinale – che è un po’ conservatore, un po’ quadrato, ma è un grande prete – parlando in una conferenza ai sacerdoti: “Se qualcuno [nella Confessione] incomincia a balbettare perché ha vergogna, io gli dico: va bene, ho capito, passa a un’altra cosa. In realtà non ho capito nulla, ma Lui [il Signore] ha capito”. Per favore, non torturare la gente nel confessionale: dove, come, quando, con chi… Sempre perdonare, sempre perdonare!.
Infine non poteva mancare il forte appello per la pace:
Da quest’Isola del Mediterraneo, eleviamo a lei (la Madonna, ndr) la supplica per la pace: pace per tutte le terre che si affacciano su questo Mare, specialmente per la Terra Santa dove Maria ha dato alla luce Gesù. Pace per la Palestina, per Israele, per il Libano, per la Siria, per tutto il Medio Oriente! Pace nel Myanmar martoriato. E la Santa Madre di Dio ottenga la sospirata pace per il popolo ucraino e il popolo russo. Sono fratelli – “No, padre, sono cugini!” – Sono cugini, fratelli, non so, ma che si intendano! La pace! Fratelli, sorelle, la guerra sempre è una sconfitta. E la guerra nelle comunità religiose, la guerra nelle parrocchie sempre è una sconfitta, sempre! Che il Signore ci dia la pace a tutti.