Quanti giorni mancavano alla sua liberazione? Eugenio concluse che erano comunque troppi per lasciare che il carcere se li rubasse senza restituirgli niente. Fin tanto che non avessero accettato la sua richiesta di poter svolgere un lavoro retribuito, si sarebbe impegnato in qualche attività che gli potesse dare piacere mentre aggiungeva un brevetto alle sue competenze. Si riteneva piuttosto capace, e questo gli faceva pesare ancor più la condanna a restarsene confinato nella stolida inattività di una cella.
Riandò coi ricordi alla sua prima mostra, ancora ragazzo. I complimenti erano stati generosi e lo avevano spinto nel mondo – non sempre poetico – dell’arte. Era stato il suo business. E poi il suo guaio. Fino a portarlo in carcere. Perché non fare ora della propria colpa lo spunto del proprio riscatto?
L’occasione di un corso di iconografia lo raggiungeva proprio in quei giorni. Non capiva come comporre in coerenza l’iconografia religiosa con la sua distanza da quel mondo di volti belli e ispirati. Ma così lontani, non solo nel tempo. I “santini” erano stati la passione infantile di una raccolta, ma poi il suo “culto” adulto per le icone aveva contemplato soltanto gli aspetti venali del commercio.
Dopo le prime lezioni di tecnica iconografica che – si sa – sono un sommario di teologia, era arrivato il primo esercizio pratico. Dipingere un volto di Cristo. Avrebbe dovuto svelare la drammaticità composta della passione trasfigurata nella speranza della risurrezione.
Per ragioni intime, solo a lui conosciute, decise di cominciare dagli occhi. E lì si arrestò. Le regole grammaticali dell’iconografia avrebbero dovuto aiutarlo. Quegli occhi, invece, lo inchiodavano. Più del Cristo alla croce.
Non riusciva a procedere oltre. Si sentiva guardato dentro da quegli occhi come se non li avesse dipinti lui stesso. Come se fossero opera della mano di un Altro. Quello sguardo gli incuteva timore, come un rimprovero. Misto a compassione, benevolenza, “vocazione”. Amore.
L’insegnante intuiva il tormento che stava tenendo fermo Eugenio da più lezioni su quegli occhi. Non si accanì sull’approccio eterodosso al lavoro e lo incoraggiò a navigare sui marosi silenti che lo stavano scuotendo. Stava dando vita a quegli occhi che gli stavano dando vita.
Quando infine Eugenio si sentì catturato e vinto da quello sguardo, completare l’icona gli venne di getto. La figura del Cristo lo aveva trasfigurato. E siglò la sua (?) opera – contro ogni regola – con un «Amen».
Matteo 17,1-9
Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete». Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo.
Avevo solo 24 anni quando sono uscita dalla galera chiamata Collegio, era stata una sconfitta su tutti i punti di vista.. avevo paura anche di respirare, in quel mondo, non mi apparteneva non era mio.. Nel mio vecchio non cerano regole non c’era Dio, si viveva in uno stato di abbandono totale. In questo nuovo non facevo che stare a letto. Finche’ un giorno e’ arrivata una persona alla mia porta proponendomi di fare un corso di informatica, io che non sapevo neanche come si accendesse un computer accettai perche’ dovevo dare un senso a questa mia nuova vita. Iniziarono i miei primi conflitti. L’istruttore non faceva che parlare di “Dio” che io non conoscevo come lo conosceva lui. Navigando sul computer mi innamorai di un quadro che dopo imparai che si chiamavano icone.. Gli Sguardi di quelle icone mi trasmettevano serenita’-gioia. La ragazza che si presento alla mia porta la prima volta continuo a venire per sapere come andavano le cose.. e gli parlai della scoperta che avevo fatto navigando, cosi mi disse, che c’era una mostra di Icone a Roma e avrebbe fatto di tutto per farmela vedere.
E cosi e’ stato; l’unico problema grosso era il mio conflitto interno con tutto cio’ che era religione e la persona che si e’ offerta a realizzare questo sogno era un sacerdote. (Dehoniano)
Durante tutto il viaggio io sono stata silenziosa, pensavo a cosa avrebbero detto i miei amici del vecchio mondo nel vedermi in compagnia di una persona che non faceva parte del nostro mondo.
Meno male che con noi c’era anche una altra ragazza che aiuto’ il sacerdote a non stare troppo solo. Quando arrivammo in questa grande piazza che avevo solo visto per tv la paura che provavo dentro era indescrivibile.
La P. Tutta dun pezzo sempre arrabbiata con tutto il mondo stava realizzando il suo primo sogno. Quando entrai in questa struttura la rabbia che mi aveva accompagnata fino allora, si sta trasformata in un immenso calore e per la prima volta provavo un infinita gioia. Non avevo piu’ vergogna di farlo notare alle persone che erano accanto a me.
Da quella mostra di Icone dove gli occhi mi trasmettevano pace, la mia vita e’ cambiata.. Li mi sono resa conta che il Dio del Sacerdote era il MIO stesso Dio.
grazie