Italia: Il Governo e le lobbies del nucleare

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scorie

«Il ritorno all’energia nucleare in Italia non può fornire un contributo significativo alla decarbonizzazione del nostro sistema elettrico, né nel breve periodo e nemmeno in tempi più lunghi». Per questo è «indispensabile rivedere gli scenari proposti nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), che prevedono l’impiego del nucleare, perché tali ipotesi, oltre a essere palesemente irrealizzabili, sottrarrebbero importanti risorse all’obiettivo della decarbonizzazione per il nostro Paese». Si legge così in una lettera aperta della Associazione Energia per l’Italia di fronte alla preoccupante piega della politica energetica del Governo Meloni, dettagliata nel PNIEC che sostiene il ritorno della produzione di energia nucleare in Italia. Gli autori, membri di Energia per l’Italia, espongono le ragioni della loro contrarietà.

Si potrebbe discutere a lungo sul piano energetico dell’attuale governo, dettagliato nel PNIEC. Sotto la spinta dei colossi del fossile, e in primis di ENI, il cui amministratore delegato ha condotto la Presidente del Consiglio in giro per il mondo con l’obiettivo di sollecitare ulteriori investimenti sui fossili da parte dei Paesi del Medio Oriente e del Nord-Africa, appare chiaro che, sfruttando la sua posizione geografica, si vuol rendere l’Italia una specie di ponte per alimentare col gas l’industria europea. Il nostro Paese verrà, infatti, attraversato da Sud a Nord da sempre più vaste infrastrutture, con buona pace degli ambientalisti che non tollerano le pale eoliche (ben visibili, ma ecologicamente sostenibili), ma nulla obiettano di fronte a grossi tubi sotterranei ben più impattanti.

Si potrebbe anche discutere circa l’opportunità politica di legarsi mani e piedi a regimi non certo più democratici della Russia di Putin, dalla quale ci si vorrebbe slegare – almeno, così viene detto –, al solo scopo di far loro mantenere i lager costruiti per i migranti, vero nodo della questione. Ma di tutto questo parleremo un’altra volta.

C’è invece, nella narrazione governativa – e di fatto anche nella programmazione PNIEC – un tema che viene continuamente rilanciato fino a farlo diventare verità credibile, ossia quello del nucleare, che comincia a prendere corpo, insensibile al fatto che per ben due volte gli italiani si siano espressi contro questa fonte energetica.

Non stiamo qui parlando delle fantasie, espresse a più riprese anche dalla stessa Presidente del Consiglio, sulla prossima (2030!?) opportunità offerta dalla fusione nucleare. È un sogno vanamente perseguito da quando Teller realizzò la prima bomba H nel lontano novembre 1952 e promessa all’umanità come risorsa inesauribile di energia, ripetutamente, ma sempre tra 50 anni! Stiamo parlando qui dei i reattori tradizionali a fissione e dei piccoli reattori modulari di quarta generazione, che il ministro Salvini vorrebbe a Milano nel 2032 e che il sindaco di Gallarate ha dichiarato accettabili per il suo territorio, vista la vicinanza con un reattore svizzero.

Il tema continua a rimbalzare sui giornali, sostenuto da alcune grandi compagnie industriali (in particolare, per quanto ci riguarda, la francese EDF e l’Ansaldo Nucleare), che non si assoggettano a perdere profitti a favore della transizione energetica − dal basso − prodotta dalle rinnovabili. Così, ogni occasione è buona per parlare bene del nucleare, che invece continua a non risolvere i problemi di sempre, che vengono di seguito brevemente riassunti.

Tempi

L’esperienza degli ultimi 20 anni insegna che per fare una centrale tradizionale ci vogliono molti anni. In Finlandia, per aggiungere un reattore alla centrale di Olkilouto (quindi su un sito già attrezzato), ci sono voluti 20 anni. Come immaginare che il nucleare tradizionale possa servire per ottemperare alle esigenze di decarbonizzazione al 2030 o anche al 2050, considerando i tempi della burocrazia italiana?

Allora – dicono i nuclearisti – facciamo i piccoli reattori modulari (SMR)! Di questi reattori, al 2024, ce ne sono solo due sperimentali, in Russia e in Cina, e almeno altri 80 diversi progetti nel mondo, ma mai realizzati.

Negli Stati Uniti, il progetto NuScale, programmato per generare piccoli reattori la cui entrata in servizio era prevista per il 2029, è stato interrotto, perché giudicato non economicamente competitivo. La società Newcleo sta sviluppando un progetto con ENEA per realizzare, entro il 2026, il primo simulatore elettrico di un nuovo modello di reattore raffreddato al piombo liquido.

In teoria, gli SMR dovrebbero essere più sicuri e meno invasivi dei reattori tradizionali. Mah!? Vogliamo veramente affidare la decarbonizzazione a una metodologia ancora in fase pre-sperimentale, la cui efficacia e sostenibilità è messa in dubbio anche da molti nuclearisti e riempire l’Italia di tanti (almeno 30) piccoli reattori?

Forniture

Per il nucleare, qualunque esso sia, serve uranio, che si trova in Kazakistan, Canada, Australia (per il 65% del totale), poi in Namibia, Russia, Niger, Uzbekistan, Stati Uniti. Ma non è finita qui, perché l’uranio estratto va lavorato (arricchito in uranio-235), e, per quanto riguarda questo aspetto, la parte del leone viene fatta da Rosatom, agenzia russa, che ha praticamente l’esclusiva della lavorazione e della vendita.

Per le forniture da Rosatom sono state fatte eccezioni alle sanzioni comminate a seguito dell’invasione dell’Ucraina, per non far rimanere senza forniture le centrali di quasi tutto il mondo. Vogliamo veramente rimetterci nelle mani della Russia?

Scorie

Il problema delle scorie è totalmente irrisolto in Italia e in tutto il mondo. Entro il 2025 riavremo indietro le scorie delle vecchie centrali italiane parcheggiate − pagando s’intende − in Francia e nel Regno Unito, e non sappiamo dove metterle.

Il governo italiano ha individuato 51 siti possibili, ma nessuno dei comuni indicati si è detto disponibile, a parte uno che si è autocandidato: è il comune di Trino Vercellese, il cui sindaco è favorevole ad accogliere le scorie nucleari e conservarle per i prossimi 1000 anni. Forse il sindaco conta sul fatto che tutta la provincia di Vercelli è già stata esclusa sulla base di considerazioni socio-ambientali, logistiche e di classificazione sismica, nonostante sia stata sede di una centrale nucleare. Meditate gente! Forse varrebbe la pena di sentire i cittadini di Trino!

Costi

Il nucleare è stato messo fuori mercato per i costi molto alti di costruzione e di gestione delle centrali. Per questo motivo esistono pochissime centrali in costruzione (nessuna negli Stati Uniti) e le centrali esistenti in Europa sono state tutte nazionalizzate e gestite direttamente dagli Stati o da organi parastatali. Al 2023 (dati presi da World Energy Outlook 2024), un kilowattora di corrente generata dalle centrali nucleari costa 3,4 volte la corrente generata da fotovoltaico e quasi 3 volte in più del costo dell’eolico in terra ed in mare, pur rimanendo meno costosa dell’energia prodotta delle centrali a gas/petrolio e a carbone. Non vengono conteggiati inoltre i costi per la salute dovuti all’inquinamento prodotto dalle centrali a fonti fossili.

È vero che, quando in esercizio, la corrente prodotta col nucleare finisce spesso per essere “regalata” perché le centrali nucleari non possono essere accese o spente secondo il fabbisogno come il fornello del gas.

Non dimentichiamo infine il costo dello smantellamento delle centrali a fine vita: per la centrale di Sellafield nel Regno Unito, chiusa oltre 20 anni fa, il costo della dismissione è stato recentemente stimato nella cifra astronomica di 136 miliardi di sterline! Vogliamo ancora una volta scaricare tutto sui nostri figli e nipoti fino alla quarantesima generazione?

Accettabilità

Dopo i due referendum che hanno spento il nucleare in Italia, oggi i giovani appaiono i più sensibili alle lusinghe dell’atomo, forse perché ignari dei danni e delle paure generate, oltre che blanditi dalle lusinghe del mercato.

L’atomo è stato sdoganato anche dalla narrazione di una guerra con testate strategiche. Non viene detto che le rinnovabili installate in Italia nel 2023 sono in grado di produrre l’energia di diverse centrali nucleari, e al 2030 dovrebbero generare l’energia di almeno 10 grandi centrali (o 30 SMR, se piacciono di più).

Vi è l’idea che il Governo potrebbe muoversi direttamente sui reattori modulari, senza tener conto dei referendum abrogativi per motivi di urgenza, o pure per distogliere l’attenzione dalla sua mancanza di adesione ai piani di decarbonizzazione già sottoscritti e dalla assenza di una politica seria a favore delle rinnovabili.

In conclusione, prepariamoci a una battaglia che si prospetta senza esclusione di colpi per contrastare una politica suicida che vuole sempre più l’Italia a servizio delle lobbies dei fossili e ora anche del nucleare, al solo scopo di mantenere gli utili delle grandi compagnie e far pagare ai cittadini i prezzi dell’energia.

S’impone una riforma di tutto il mercato dell’energia che possa rendere i cittadini produttori e attori attivi sulla scena della trasformazione energetica.

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