Giubileo e gite sociali

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Il 24 dicembre prossimo si aprirà solennemente il Giubileo: occasione di valore penitenziale per la tradizione ebraica. È stato Bonifacio VIII nel 1300 a prevederlo per la Chiesa cattolica. La storia dice che è stato celebrato ogni 25 anni. Quest’anno papa Francesco, con bolla del 19 maggio 2024, l’ha indetto indicando il tema della speranza.

Oltre a sottolineare i motivi della speranza, il papa indica ambiti concreti nei quali agire con azioni capaci di alleviare sofferenze e solitudini. Indica la pace: (n. 8), la perdita del desiderio di trasmettere la vita (n. 9), i detenuti (n. 10), gli ammalati (n. 11), i giovani (n. 12), gli esuli, profughi e rifugiati (n. 13), i nonni e le nonne (n. 14), i poveri (n. 15), i beni della terra (n. 16). Esorta alla penitenza e alla riconciliazione.

Nel programma per il 2025 sono indicate le giornate dedicate ai singoli temi. Nello stile del papa, non sono fissati obiettivi da raggiungere per ogni ambito di sollievo, lasciando alle Chiese particolari celebrazioni e azioni.

L’appello alla speranza ben si colloca in un clima che è diventato tempestoso, con le guerre in atto nel Medio Oriente e in Palestina. Per noi la guerra è fortunatamente ancora lontana, anche se con conseguenze negative sui rapporti sociali ed economici per mancanza di pace.

Persistono disuguaglianze, abbandoni, indifferenza verso i fragili e i deboli, in un clima che spinge al rancore e all’interesse per sé stessi. La celebrazione del Giubileo può essere occasione per ridestare la coscienza cristiana che richiama rispetto, fratellanza, solidarietà, con azioni concrete ed efficaci, frutto della speranza.

Il rischio evidente è che tutto si riduca al pellegrinaggio e al cammino. Un modo superficiale e a basso costo che plachi le coscienze, senza nulla cambiare. L’invito al sacramento della penitenza è spesso celebrato senza un vero pentimento. Il Giubileo non può essere ridotto ad una gita sociale in compagnia di amici e amiche, salmodiando e cantando, accontentandosi di pregare con la bocca e non con il cuore. Lo ricorda il Vangelo di Matteo: «Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate».

Chi vive a stretto contatto con i problemi dei bisogni delle persone, qualunque sia la loro condizione, nota solitudine e abbandono. Ancora più grave l’ondata di disprezzo verso quanti sono in difficoltà. Sta prevalendo l’dea politica e culturale che non vale la pena spendere risorse e impegno per chi non ritornerà ad essere autonomo ed efficiente. Le categorie più a rischio sono gli anziani e i disabili.

La convinzione è ormai «non vale la pena spendere per chi non ha speranza». Per un anziano ricoverato il contributo garantito è minimo: si procuri un letto e un comodino con poco cibo, scarsa assistenza e nulla più, in attesa che muoia. Le strutture siano con molti posti letto, così da ottenere l’economia di scala. Se poi un anziano è pure disabile – così per la maggior parte – ha diritto all’assistenza di un medico di medicina generale per cinque minuti al giorno.

Anche per gli adolescenti non va meglio: la scuola al mattino e nulla al pomeriggio. La scuola chiude alle 14, all’oratorio non vanno, le famiglie sono disorientate, gli adolescenti riemergono quando, in gruppi variopinti, diventano aggressivi e balordi, procurando guai a sé stessi e alla collettività.

Con grande gioia si celebra il numero di immigrati respinti nel Mediterraneo, vittoria per la difesa dei confini, dimenticando morti innocenti.

Andare alla Porta santa per il Giubileo diventa uno sberleffo per chi sta bene e può permettersi sufficienti risorse per il kit del giubileo, le spese di viaggio e di soggiorno.

Tristezza infinita per la separazione netta e implacabile tra ricchi e poveri. Lo Spirito è paziente e misericordioso, ma non può non giudicare chi del proprio Giubileo ha il solo ricordo di una festa. La smettano teologi, biblisti, liturgisti e pastoralisti di invocare i pellegrinaggi medioevali, dimenticando che anche allora esistevano bagordi, poveri, ladroni; fu grazie ai monaci benedettini che l’Europa fu civilizzata, con preghiera e lavoro.

San Benedetto impose che, a chiunque avesse bussato al convento, fosse garantita «una coperta e una ciotola di riso». A distanza di secoli non siamo capaci di garantire oggi nemmeno il minimo. Non apriamo nessuna porta!

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