Questa è la notte di un inimmaginabile silenzio della Parola, che è il Figlio che viene dal Padre: tutta la sua forza creatrice si condensa nel fragile corpo di un cucciolo d’uomo, che dovrà imparare come noi la parola giorno dopo giorno – teneramente accudito dall’amore dei suoi.
Questa notte la maestosa Parola, che in principio si volgeva a Dio presso di lui, non sa nemmeno balbettare una parola; ma solo annunciare nel pianto il suo bisogno di latte, calore, custodia. E un uomo e una donna si prenderanno cura di lui.
Così Dio non teme di mettere dimora fra noi, senza dire nemmeno una parola – per lasciarla a noi, nel fare memoria di lui. Con questa delicatezza di ascolto, la luce della Parola risplende nelle tenebre del mondo.
Non la forza degli albori, non la potenza della creazione, ma la delicatezza di un gemito di vita impedisce alle tenebre ogni agognata vittoria – sul mondo degli uomini e delle donne. Fratello di tutte e tutti coloro che coltivano il desiderio di una grazia gentile.
Non il precetto, forse nemmeno il comandamento, ma una grazia che non ha bisogno di parole sarà la nostra salvezza – perché vuole esserlo per tutti e tutte senza distinzione alcuna. Ecco il mistero dell’insondabile Dio che celebriamo in questa notte ricolma di silenzio.
La sua tenda un intreccio di corpi – materni, paterni, figliali. La sua dimora una carne che crede. Il cielo etereo di Dio si è ispessito, ma la Parola silente gode nell’assaporare il latte che lo tiene in vita.
Ed è in questa notte che l’immemorabile Dio apprende a gioire della creazione nella vulnerabilità di un corpo. Un fremito mai conosciuto fino ad allora. Scosso nelle viscere del suo essere, anche Dio in questa notte rimane ammutolito.
Stupito di un grembo che lo ha generato, lui principio di ogni generazione. Nulla sarà più come in principio dopo questa notte. E solo il silenzio della Parola può raccontarlo – cercando un seno a cui attaccarsi.
Non serve nulla di più per essere tra noi, per sempre.