Riprendiamo in sintesi la seconda parte del dossier che Vida Nueva ha dedicato, a firma del vescovo di Ciudad Rodrigo, Raul Berzosa, alle vicende della Chiesa spagnola negli ultimi ottant’anni. Il periodo rivisitato in questo articolo parte dalla transizione democratica (anni 70) e arriva fino ai nostri giorni. Per la prima parte, cf. SettimanaNews del 25 febbraio 2017.
Il dossier di Vida Nueva, a cura del vescovo di Ciudad Rodrigo, Raul Berzosa Martinez, continua la sua riflessione storica sulla posizione della Chiesa in Spagna a partire dalla “transizione democratica” degli anni 1970-1975, durante i quali seppe porsi come luogo di mediazione e di riconciliazione. Si mostrò dialogante, alleggerendo il suo peso istituzionale per una spinta più profetica. Doveva fare i conti con “due Spagne” lacerate dagli eventi della guerra civile. Cercò di porsi in una società aconfessionale, democratica, pluralista e secolarizzata.
Una stagione di profondi cambiamenti
Va riconosciuta l’abilità del re Juan Carlos I nel processo della transizione spagnola, così come il chiaro protagonismo dell’episcopato spagnolo nel suo impegno di riconciliazione.
Il primo messaggio della Corona impressionò il Paese perché incentrato sul servizio da rendere a tutti gli spagnoli. Così pure le omelie del card. Vicente Enrique y Tarancon pronunciate in occasione dei funerali del gen. Francisco Franco.
Raul Berzosa Martinez riporta l’analisi del noto teologo di Salamanca, Olegario Gonzalez de Cardedal degli anni 70-80, secondo il quale il Paese soffriva di una crisi culturale dovuta alla modernità; di una crisi politica dopo la fine della guerra civile; di una crisi nazionale: le due anime della Spagna da riconciliare. Occorreva quindi risvegliare il Paese a livello culturale, superare il vuoto teologico e trovare nuove soluzioni per il regime economico della Chiesa.
L’arcivescovo di Toledo e primate di Spagna, Marcelo Gonzalez Martin, poneva l’accento sul carattere tipico del cattolicesimo spagnolo: fede e cultura cattolica, mentre l’arcivescovo di Barcellona, Narcis Jubany, dichiarava la «neutralità politica della Chiesa» e invitava ad aprire gli occhi su una società cambiata.
Il dossier riporta anche l’analisi del noto storico, Juan Maria Laboa: progressivo distanziamento tra religione e società; un certo anticlericalismo della classe intellettuale; la presenza pluralista di cattolici in tutti i partiti; l’affievolimento dello spirito missionario; un clero sempre più invecchiato; una certa stanchezza ecclesiale collettiva; la tensione tra una Chiesa a fianco dei poveri e l’altra più dedita alla sacramentalizzazione; ricchezza di dottrina nei documenti dei vescovi, da una parte, e, dall’altra, una certa distanza nei confronti della gerarchia; crisi degli ordini religiosi e delle congregazioni, da un lato, e, dall’altro, effervescenza di movimenti laicali; grande impulso all’attività caritativa e allontanamento dalla Chiesa delle nuove generazioni.
Gli Accordi Stato-Chiesa del 1979, che sostituivano il vecchio Concordato, si appellavano alla dottrina del concilio Vaticano II in riferimento alle relazioni Stato-Chiesa:
- ogni persona ha diritto alla libertà religiosa;
- la Chiesa rivendica il diritto di esercitare la triplice missione di Cristo: profetica, sacerdotale e pastorale;
- la Chiesa è fermento nella società a tutti i livelli;
- offre allo Stato la sua leale collaborazione a favore dell’uomo e della società.
I principi sono chiari: libertà-autonomia e indipendenza, da una parte, e collaborazione leale e generosa con lo Stato, dall’altra.
Nei confronti della politica
I rapporti con il primo governo socialista (PSOE), a partire dal 1982, non furono facili sia per il progetto politico che intendeva realizzare sia per la difficoltà di intesa su alcune gravi questioni: la depenalizzazione parziale dell’aborto, la guerra dei catechismi, la riforma educativa. All’interno della Chiesa si percepiva come latente un certo scontro tra una Chiesa carismatica e una istituzionale. Nel partito socialista militavano molti cattolici che aderivano al movimento “Cristiani per il socialismo”. Ampi e infuocati dibattiti su profetismo e istituzione animavano le comunità cristiane.
Con il governo del Partito Popolare, a partire dal 1996, le relazioni Stato-Chiesa furono più fluide, ma sul tappeto vi erano problemi di grande rilevanza: l’insegnamento nella scuola, l’autofinanziamento e il modello di sviluppo economico, che lasciava da parte i settori più bisognosi della società.
Un momento di scontro fu quando i vescovi pubblicarono un documento che condannava qualsiasi violenza terroristica come intrinsecamente perversa ed eticamente ingiustificabile in risposta alla Legge dei partiti di fronte al terrorismo che prendeva di mira quasi esclusivamente la violenza dell’ETA. La Chiesa – dissero i vescovi – non è un partito politico né può essere equiparata ad un organismo politico.
A partire dal 2010 il Paese fu chiamato a fare i conti con la globalizzazione neo-liberale, l’unificazione della moneta unica europea (euro), la grave crisi economica e la nascita del radicalismo islamico. Osserva l’autore del dossier: è una società liquida con tratti ben delineati; nascono nuovi movimenti socio-politici come los indignados; il laicismo è combattivo con la sua spiccata avversione nei confronti della religione e di ogni istituzione religiosa, con rigurgiti di acceso anticlericalismo; prendono sempre più piede i radicalismi di stampo religioso.
Il “Nuovo piano pastorale”
La Chiesa è chiamata a porsi nei nuovi scenari. Come? Lo spiega il “Nuovo piano pastorale” della Conferenza episcopale (2016-2020), che ha come titolo Chiesa in missione a servizio del nostro popolo.
Il piano si rivolge ai cristiani che praticano, al gran numero di cristiani battezzati che non praticano e al crescente numero di cittadini che non hanno ricevuto l’annuncio di Gesù Cristo.
La prima parte del piano è uno sguardo di compassione nei confronti del mondo, che può essere sintetizzato in una specie di decalogo:
- socialmente, poco valore viene dato al religioso;
- vengono esaltati la libertà individuale e il benessere materiale;
- predominano il secolare, il contingente, l’utile;
- si vuole racchiudere il religioso nell’ambito del privato;
- si diffonde una cultura senza norme oggettive;
- si dimenticano i più poveri;
- si richiamano i cristiani alle loro responsabilità;
- nonostante tutto, vi sono motivi per sperare;
- occorre evangelizzare con realismo e fiducia;
- i cristiani vengono richiamati ad essere fedeli alla missione ricevuta dal Signore.
La seconda parte del piano contiene alcune proposte. Occorre riflettere sulla necessità di evangelizzare oggi (2016) e presentare il volto della Chiesa che annuncia ed è fermento del regno di Dio; vivere la comunione e la corresponsabilità al servizio dell’evangelizzazione (2017); l’annuncio della parola di Dio occuperà il 2018; la liturgia e le celebrazioni saranno l’obiettivo del 2019; nel 2020 l’obiettivo sarà la diaconia o servizio della carità. All’orizzonte l’Anno Santo o Giacobeo del 2021.