Da profondo conoscitore del mondo ebraico e cultore del dialogo ebraico-cristiano, il docente di “Bibbia e cultura” alla FTIS e presidente del Segretariato Attività Ecumeniche (SAE) cerca di individuare una pista teologica per assestare in modo più equilibrato possibile il rapporto Israele-Chiesa-Le Genti che da duemila anni si trascina non ancora pienamente compreso ed espresso a livello teologico.
Stefani si sofferma a lungo sui contenuti della teoria della sostituzione che, inaugurata quasi subito con Giustino, perdurò praticamente fino al concilio Vaticano II. Formalmente dichiarata superata, perdura a livello strisciante e inconsapevole tuttora nelle pagine ufficiali dei documenti ecclesiali, dei pronunciamenti pontifici anche recentissimi, ancor più nella predicazione e nella precomprensione popolare dei cristiani (Chiesa come nuovo popolo di Dio, nuovo/vero Israele, ecc.). Il documento conciliare Nostra Aetate al n. 4 ha apportato un grande passo in avanti facendo vedere che l’identità di Israele (non nominato espressamente) viene scoperto dalla Chiesa quando scruta con attenzione il proprio mistero (pur menzionando un “nuovo popolo”…).
La tragedia della Shoah e la creazione dello Stato di Israele nel 1948 hanno messo in crisi l’idea della sostituzione e della esistenza perdurante di Israle solo quale testimone della validità della fede cristiana e ben punito da Dio per la sua perfidia=incredulità. La riflessione sull’irrevocabilità dei doni di Dio a Israele e sulla permanenza perpetua dell’alleanza di Dio con Israele costringe a soffermarsi sul mistero della Chiesa come composta da membri provenienti ex circumcisione ed ex- gentibus. All’inizio non esistevano i cristiani, ma solo ebrei (credenti o meno in Cristo) e genti (credenti o meno in Cristo).
La composizione attuale della Chiesa ormai quasi totalmente ex gentibus ha fatto dimenticare il rapporto profondo che la lega a Israele e, che conserva intatte la sua elezione e i doni di Dio, irrevocabili. La rivisitazione di persone del NT, a partire da Gesù, e di passi importanti del Nuovo Testamento – parabole e scritti paolini in particolare -, permette di comprendere meglio il rapporto Israele-Chiesa-Genti. Il titolo richiama Ef 2,18, ma si deve fare attenzione anche a come la CEI ha modificato al traduzione di Ef 2,14: “Egli [= Cristo] infatti è la nostra pace, colui che dei due ha fatto una cosa sola”; CEI 1974: “ha fatto un solo popolo”. La Chiesa è chiamata ad annunciare il vangelo proponendo le ricchezze dell’identità di Israele, che rimane tale proprio come termine di confronto con le genti e titolare permanente dei doni di Dio.
Stefani propone il testo integrale del documento – da lui lodato – stilato dal Gruppo interconfessionale Teshuvah di Milano Chiesa e Israele. Punti fermi e interrogativi aperti (ottobre 2013, pp. 267-282). Vale la pena riportare i quattordici titoli dei paragrafi (che riportano anche alcune domande che spingono alla ricerca futura), per avere un’idea del percorso da seguire nella ricerca teologica. L’elezione di Israele è irrevocabile; Gesù è ebreo e lo è per sempre; I primi seguaci di Gesù erano ebrei e il loro movimento nasce come intraebraico; Il movimento dei credenti in Gesù Cristo ha una propria specificità che lo distingue dalle altre correnti giudaiche; Gli scritti neotestamentari sono incomprensibili senza far riferimento alle Scritture d’Israele; La Chiesa, in virtù della sua origine, ha un legame permanente con il popolo d’Israele; È illegittimo definire la Chiesa nuovo Israele; La teologia della sostituzione prospetta un’immagine di Chiesa non conforme al Nuovo Testamento; L’ebraismo, in tutta la sua storia, è stato ed è una realtà multiforme; Nel corso della sua storia il cristianesimo non ha ignorato la perdurante esistenza del popolo ebraico, ma lo ha definito in base a categorie quasi sempre autoreferenziali e ostili; È inammissibile la missione verso gli ebrei da parte della Chiese cristiane; Il dialogo cristianesimo-ebraismo è condizione necessaria di ogni ecumenismo tra cristiani e premessa di una corretto rapporto con le religioni; Nel dialogo cristiano-ebraico non può essere ignorato il rapporto del popolo ebraico con la sua terra; Nel dialogo cristiano-ebraico oggi è irrinunciabile la riflessione sull’evento Shoah; L’attesa delle “cose ultime” accomuna e distingue ebrei e cristiani nella speranza. Chiude il volume una ricca bibliografia (pp. 283-295).
Testo impegnativo, ma che affronta un punto teologico importante e ineludibile, che non ha raggiunto ancora da parte di alcuno un’esposizione equilibrata e completamente soddisfacente.
Piero Stefani, «Gli uni e gli altri». La Chiesa, Israele e le genti. Una ricerca teologica, collana «Nuovi saggi teologici» 116, EDB, Bologna 2017, pp. 304, € 26,50.