“Non griderà,
né farà udire in piazza la sua voce.” (Isaia 42,2)
In questi primi giorni della settimana santa mi sembra opportuno soffermarci sui canti del servo del Signore. Oggi la liturgia ci propone il primo (Is. 42,1-7).
A parlare è Dio stesso. Il brano presenta la vocazione e la missione del servo.
La missione è quella tipica del profeta: rivelare la volontà di Dio. Quello che ci tocca sul vivo è lo stile di questo servo: fermezza da un lato (v 3), senza gridare o alzare il tono dall’alto (v 2); con rispetto verso i destinatari più deboli (v 3). Troverà opposizione, ma il Signore lo sostiene (v 1).
Quando rileggiamo queste parole, proviamo a rivederle in riferimento al Nuovo Testamento.
- “Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio”: questo è il battesimo di Gesù.
- “Ho posto il mio spirito su di lui”: questo è il compito che Gesù ha realizzato in tutta la sua vita.
- Come lo ha realizzato? Con mitezza: ”Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta”.
Non c’è dubbio che l’atteggiamento del Signore sia stato di mitezza, ma è stato altrettanto fermo e deciso tanto da non venire meno alla sua missione (finché non avrà stabilito il diritto – il disegno di Dio – sulla terra) e da resistere di fronte a ogni ostacolo, anche davanti alla minaccia della morte.
- “Io il Signore ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni”.
- Che Gesù sia luce delle nazioni era già stato detto da Simeone al momento della presentazione del Signore al tempio, ma ora lo si rivede in tutta la predicazione del Signore, in tutto quello che Gesù ha detto.
- Che Gesù abbia riaperto gli occhi ai ciechi, tutto il Nuovo Testamento lo afferma. Che “faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre”: questo è tutto il significato della redenzione.
Quindi si può rileggere tutto il primo canto in riferimento a Gesù.
Questo non vuol dire che Isaia abbia necessariamente pensato ad una figura messianica, però vuol dire che nel momento in cui Gesù è venuto per compiere la volontà del Padre, ha reso vere tutte le profezie, tutte le parole dell’Antico Testamento e le attese dei profeti.
Credo non basti contemplare questa figura: noi siamo i discepoli di questo servo; anche a noi battezzati, chiamati, è data una responsabilità, compreso il metodo comportamentale di Gesù: “non griderà… non spezzerà…”, assieme alla fermezza.