Continuiamo la lettura del capitolo 13 del Vangelo di Matteo, che riporta le parabole del Regno. In questa domenica ascoltiamo la parabola del seme buono e della zizzania e le parabole del granello di senape e del lievito nella pasta: Mt 13,24-43 (qui riportiamo la forma breve: Mt 13,24-30).
«In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No”, rispose, “perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e, al momento della mietitura, dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granai”».
Attendere
La parabola che Gesù racconta ci descrive, in maniera simbolica, una realtà che ben conosciamo: non sempre, anzi quasi mai, ciò che seminiamo dà i frutti che vorremmo; in mezzo a qualche buon risultato c’è sempre qualcosa che non ci sappiamo spiegare, che non avevamo programmato, che può soffocare il bene. E sembra che questo valga anche per il regno dei cieli, perché neppure il suo seme sempre fecondo trova la strada aperta, senza intoppi e interferenze, neppure il Seminatore divino sembra poter evitare che un estraneo metta in pericolo il raccolto.
Come quei servi, possiamo anche noi cercare i colpevoli, ci sarà sempre un qualche nemico a cui addossare la colpa: una persona che si è messa in mezzo, una circostanza sfortunata, una casualità, un errore, una tragica combinazione di cause.
Possiamo anche noi cercare le soluzioni più semplici, più drastiche, convinti di saper esattamente riconoscere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che va lasciato e ciò che va raccolto e gettato via, senza forse considerare le conseguenze del nostro giudizio affrettato e della nostra azione senza sconti.
Oppure possiamo scegliere ciò che Dio stesso fa di fronte al suo Regno che cresce: attendere. Non è la pazienza dei rinunciatari, o degli ignavi. È quella del contadino che semina con larghezza, si prende cura con attenzione, ma sa anche di non poter forzare lo stelo e di dover rispettare l’intreccio del frutto buono con quello cattivo, senza semplificazioni dannose.
Il fattore “tempo”
Il tempo è un fattore indispensabile alla crescita, anche a quella del Regno di Dio.
C’è bisogno di tempo perché le situazioni maturino, perché le ferite guariscano, perché le scelte siano consapevoli.
C’è bisogno di pazienza per arrivare al momento della mietitura, quel “tempo opportuno” dove tutto diventa chiaro e le giuste distinzioni possono essere fatte.
Questo padrone di casa ci insegna a guardare il tempo con speranza. Non per dilazionare all’infinito, o per lasciar correre ciò che è sbagliato; non per farsi dominare dalla paura, ma per mettere fiducia nelle vicende della terra, che sono anche teatro del crescere del regno dei cieli.
Siamo chiamati ad accettare la complessità della realtà, dove ogni soluzione semplice è già sbagliata, dove la nostra responsabilità di seminare grano buono si intreccia con l’ineluttabilità di un mistero del male che approfitta della notte per mescolarsi alla storia e fa germinare zizzania confondendosi col bene.
Ma sappiamo anche che il padrone ha seminato grano buono e che esso, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, germoglierà e, a tempo opportuno, sarà riposto nel granaio del Signore, per essere a disposizione di tutti.
Con fiducia
Nella realtà, con tutte le sue contraddizioni, c’è qualcosa che germoglia e che porterà frutto. Nelle piccole situazioni quotidiane come nella storia del mondo siamo chiamati ad attendere con pazienza che questo disegno si riveli, senza smettere, nel frattempo, di donare tutto quello che siamo, fiduciosi che la terra continua ad essere fecondata dalla forza del tempo abitato da Dio.
E anche il nostro cuore è in fondo questo campo, davanti al quale avere pazienza, per imparare a convivere, dentro e fuori di noi, con ciò che è diverso, a volte contrastante, e attendere il momento in cui anche per noi ci sarà solo luce e buon raccolto.