A Ferragosto la Chiesa ci invita a meditare sull’assunzione della beata vergine Maria in cielo: un privilegio per lei, che le è stato concesso dal Signore a motivo della sua divina maternità. Per una corretta devozione alla Madonna, ricordiamo che tutti i misteri della vita di Maria di Nazaret richiedono di essere riferiti e interpretati alla luce della sua divina maternità.
Ma questa solennità può diventare per noi un’opportunità per approfondire alcune verità della fede che professiamo e, soprattutto, per purificare la nostra speranza nella vita eterna, alla quale aneliamo per poterci congiungere con Cristo, con Maria e con tutti coloro che vivono nella comunione dei santi.
1. Il libro dell’Apocalisse ci offre la prima lettura di questa liturgia della Parola. Questo libro è stato scritto per sostenere i primi cristiani nella lotta contro i loro persecutori. Chi lo sa leggere in profondità scopre che esso annuncia una verità sacrosanta: il disegno di Dio – che è sempre un disegno d’amore e di liberazione – si compie nella storia nonostante la presenza e l’azione e del nemico.
La scena che si apre dinanzi al lettore è solenne e drammatica ad un tempo. La donna, che è icona del popolo di Dio, è «vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle» ed è «un segno grandioso» che appare in tutto il suo splendore. La Chiesa, in questa celebrazione liturgica, applica questa visione alla «Vergine madre, figlia del suo figlio», ma non dobbiamo dimenticare che l’autore dell’Apocalisse pensa al nuovo Israele, cioè alla Sposa dell’Agnello.
Merita perciò attenzione anche l’altro «segno nel cielo», icona di un misterioso personaggio che si scaglia non tanto contro la donna ma contro colui che da essa è partorito: il Messia, figlio della Vergine madre. Egli è il capo di un popolo immenso. Come la donna che deve fuggire nel deserto, così egli si trova a lottare contro il nemico nel grande deserto del mondo, nelle alterne vicende della storia.
La parola consolatrice e motivo di sicura speranza viene proclamata alla fine: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo».
2. Il salmo responsoriale è uno dei salmi regali: quelli nei quali si canta la gioia per le nozze del re. La liturgia lo sceglie con un’intenzione pedagogica, cioè allo scopo di esaltare il re e la regina madre, in una visione unitaria che non può non incidere sulla nostra devozione mariana.
Il ritornello ci autorizza ad applicare questo salmo alla figura di Maria di Nazaret: «Risplende la regina, Signore, alla tua destra». Noi la veneriamo madre del Redentore e dei redenti.
È questo il modo più corretto di considerare la Madre di Dio, perché la sua maternità divina si prolunga e si completa nella maternità che essa esercita nei confronti della Chiesa. Possiamo interpretare questo salmo come il canto che celebra l’unione di Dio con il suo popolo: l’antico Israele prima e ora il nuovo popolo di Dio: «Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio: dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre».
3. La seconda lettura è tratta dalla prima lettera dell’apostolo Paolo ai cristiani della città di Corinto, là dove si parla della risurrezione futura. Dopo aver ricordato che la risurrezione di Gesù è il fondamento della nostra fede e il motivo del nostro sperare, Paolo annuncia una verità complementare: anche noi saremo partecipi della sua vittoria: il trionfo di Gesù è solo l’inizio, anzi l’anticipo, del nostro trionfo sulla morte e su tutte le sue conseguenze. Anche Maria, che è la prima dei redenti, lei che è stata preservata dal peccato per pura grazia, partecipa del trionfo di Cristo risorto e ha molte ragioni per elevare a Dio il suo Magnificat.
«Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti». Conseguentemente, «come… in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita». L’assunzione di Maria in cielo, in anima e corpo, richiama alla Chiesa questa consolante verità: la regina sta e risplende in cielo alla destra del Figlio. Sta come regina, ma soprattutto come madre (cf. Gv 19,25-27).
4. La pagina evangelica è tratta dal vangelo secondo Luca, là dove si narra la visita di Maria alla cugina Elisabetta. Perché la Chiesa sceglie questa pagina evangelica per il giorno nel quale facciamo memoria grata e commossa della nostra madre celeste?
La prima risposta la troviamo nelle parole che Elisabetta rivolge a Maria, in uno slancio di riconoscenza e di amore, che supera decisamente l’ambito familiare: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo». Questa benedizione che Elisabetta indirizza a Maria, o meglio a Colui che di lei ha fatto «la madre del suo Signore», sembra non avere limiti di tempo e di spazio; essa si realizza in Maria sull’arco intero della sua esistenza terrena, fino alla gloria della sua assunzione in cielo.
Una seconda risposta la troviamo nell’inno di lode che Maria stessa eleva al suo Dio, dopo che ha ascoltato le parole della cugina Elisabetta: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore». A Dio che è quasi l’unico soggetto dell’intero canto, Maria eleva il suo “grazie” per le meraviglie che egli ha operato nella sua vita, a partire dalla concezione immacolata fino al suo ingresso nel cielo accanto al Figlio suo.
Esclamando: «D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata», Maria assume l’atteggiamento della profetessa. Non è solo lei che parla, ma è lo Spirito Santo che parla per mezzo di lei. Se Elisabetta ha proclamato Maria “beata”, Maria rivolge la sua lode a colui che l’ha scelta tra i poveri e gli umili (gli anawim JHWH) per elevarla alla somma dignità di Madre del Salvatore. E ora noi la contempliamo assunta in cielo, finalmente partecipe della gloria del Figlio suo.