Oggi siamo condotti sulle rive del Giordano dove Gesù, ormai adulto, riceve il Battesimo da Giovanni e inizia la sua missione, in unione col Padre e con lo Spirito Santo: Mc 1,7-11.
In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
In pochi giorni la liturgia ci fa passare dalla contemplazione del Bambino nel presepe alla manifestazione che introduce un uomo adulto nella sua nuova missione.
Ci fa passare anche dalla presenza silenziosa di una madre terrena che regge e protegge un figlio piccolo alla voce di un Padre celeste che riconosce e dona identità e forza al figlio grande, inviato per portare il suo messaggio al mondo.
Gesù, il figlio amato
Le parole che si odono al Giordano, con la loro chiarezza e concisione, ci aiutano a comprendere con maggior efficacia il mistero del Dio Trinità e cosa significhi chiamare Dio col nome di Padre e raccontarlo, pensarlo, crederlo con questo volto.
Gesù è il Figlio suo, e quindi Dio Padre ha con lui una relazione privilegiata, in lui si rispecchia, attraverso di lui si rivela, lo conosce da sempre e lo invia perché la sua casa diventi quella di ogni uomo, la sua paternità si estenda a ogni sua creatura. «Dio nessuno l’ha mai visto», ci dice l’evangelista Giovanni nel prologo del suo Vangelo, ma il Figlio suo Gesù ce lo spiega, ce lo descrive, opera in nome suo e compie in unione con lui la nostra salvezza.
Gesù è l’amato, perché l’amore è la sostanza stessa di questa relazione speciale, che costituisce la natura di Dio e da cui ha origine ogni sua attività nei confronti del mondo e di ciascuno di noi.
L’amore che si riversa su ogni uomo è parte e conseguenza di questo amore infinito, che non si spegne mai e che permette alle creature di esistere perché eternamente desiderate e perdonate.
Se Dio è amore, noi siamo amati e possiamo sperimentare ogni giorno che solo avvolti da una benevolenza possiamo vivere nella pace, costruire qualcosa di bello per gli altri, sentirci in un cammino comune di speranza.
Il Padre si compiace del Figlio
Gesù è colui nel quale il Padre ha posto il suo compiacimento ed è forse questa l’espressione più efficace e più caratterizzante il racconto del Battesimo di Gesù. Dio è come un padre che guarda con soddisfazione e amore il Figlio, che approva in tutto il suo operato e ne va fiero, che ripone in lui ogni speranza, perché sa che riuscirà a portare fino in fondo la missione che gli affida. Dio – per dirlo con parole molto umane ma di immediata comprensione e che ci scaldano il cuore – è come un genitore a cui brillano gli occhi guardando il figlio, fiero e contento di quel che vede, che gli affida tutto quello che è e che ha.
In questo compiacimento vediamo l’unione reale più piena tra il Padre, all’origine di tutto, e il Figlio, a cui tutto è donato, nello Spirito Santo, che come una colomba attraversa i cieli per rimanere, quale potenza dall’Alto, su quel figlio amato.
In questo legame – ed è questa la conseguenza più bella – siamo coinvolti anche noi. I cieli ora sono squarciati e non si chiuderanno più. Il sorriso compiaciuto di Dio illumina col Figlio anche ciascuno di noi, suoi figli, e ci dona ogni giorno la nostra missione e la forza per compierla.