In questa domenica professiamo la nostra fede nella Trinità, perché il nostro Dio è comunione d’Amore che opera e desidera salvezza per tutti: Gv 3,16-18.
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
Cos’è l’amore?
Che cos’è l’amore? Non è un concetto, non lo spieghiamo con una definizione. Se vogliamo comprendere qualcosa dell’amore dobbiamo raccontarlo.
Ciascuno di noi potrebbe farlo in un modo diverso, scegliendo una storia differente che ben conosce. I protagonisti sono mamme e papà che, anche stanchi, sono sempre pronti per i figli; mariti e mogli che si prendono cura l’uno dell’altra o che sanno perdonare e ricominciare; preti e suore che, nel quotidiano, annunciano e cercano di vivere il Vangelo, lavoratori onesti e giovani entusiasti, malati coraggiosi e anziani pieni di speranza.
L’amore non si definisce: si racconta, e ci sembra naturale sia così, perché è nella storia di ogni giorno che lo scopriamo, lo viviamo, proviamo a realizzarlo, lo desideriamo e lo cerchiamo.
Chi è Dio?
Chi è Dio? Cos’è la Trinità? Non la vediamo con i nostri occhi, non la tocchiamo e non la comprendiamo. Perché anche Dio non si spiega, ma si racconta, perché è amore in sé e amore in azione. L’evangelista Giovanni ci dice infatti che Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Se vuoi capire Dio, puoi solo guardarlo in azione. Il suo amore per gli uomini è infinito e si realizza nell’inviare il Figlio perché nessuno vada perduto, perché tutti si sentano amati, per salvare, cioè per dirci che non siamo fatti per il nulla né siamo governati dal caso; non siamo destinati ad essere inghiottiti dal male, ma per avere vita, e vita che non finisce.
Credere all’amore, all’agire amoroso di Dio per noi, è ciò che ci fa cristiani e anche ciò che ci fa felici. Per questo chi non crede si condanna all’infelicità, perché non c’è peggior pena che sentirsi rifiutati, scartati, inutili e invisibili.
L’amore non si prova, ma amare non è illogico e irrazionale. Amare non è per bambini che ancora non comprendono come vanno le cose, ma per adulti che conoscono la gratuità del dono, responsabili e convinti, che vedono le difficoltà, conoscono il rischio del fallimento, ma non smettono per questo di voler bene.
Siamo amati e capaci di amare
Anche la fede non può essere provata, ma credere nel Dio di Gesù Cristo, comunione d’amore trinitario del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, non è cosa da ingenui né da poco emancipati, richiede il coraggio di appoggiare le domande della vita su ciò che non si vede e non è neppure sempre evidente, cioè proprio l’amore di Dio.
La fede cristiana è la storia d’amore di Dio, perché Dio è comunione tra un Padre che eternamente dona, un Figlio che eternamente è generato dall’amore, uno Spirito che li unisce e che si riversa su quel mondo che Dio crea e ama, senza eccezioni.
La vita cristiana è sentire che siamo amati e capaci di amare e comprendere che qui sta il senso e la direzione di ogni esistenza. Quando percepiamo questo amore, quando riusciamo a vivere e a testimoniare almeno un frammento di esso, anche nelle situazioni difficili e di prova, allora siamo già salvi, perché Dio Trinità abita in noi.