II Quaresima: Il suo volto, un sole

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Il cammino quaresimale dell’anno A è pensato come tipico per il catecumeno e ha un andamento talmente esemplare che può essere seguito anche negli altri anni liturgici. Dopo averci fatto celebrare e partecipare alla vittoria di Gesù sulle tentazioni (sue e nostre, tentazioni di sempre), la liturgia fin da subito ci mostra la meta alla quale intende condurci attraverso la celebrazione veramente “partecipe” dei misteri di Gesù Cristo.

Il mistero della sua trasfigurazione sul monte anticipa la vittoria pasquale verso la quale Gesù si è già da tempo incamminato. Una vittoria paradossale, costosa, sanguinante ma gloriosa. Anche la Chiesa vi partecipa tutta e, accompagnata dal Risorto, mette i suoi passi nei passi di Gesù, per essere con lui e da lui “trasfigurata”, mentre ancora cammina nella lotta e nell’annuncio del Regno.

Vattene…, va’ verso stesso

Il dialogo continuo che interfaccia Primo e Nuovo Testamento in un andirivieni incessante ci presenta la chiamata di Abram a uscire definitivamente dal suo ambito abituale di vita in vista di un’avventura esistenziale e spirituale che lo cambierà a fondo nella sua identità.

Vattene, gli dice YHWH, va’ verso te stesso, si può anche intendere. Allontanati definitivamente dalla tua prateria, dalla tua parentela, dalla tua cultura, dall’ambiente protettivo e patriarcale che ti circonda con cura ma che anche ti delimita e ti deprime nelle tue potenzialità.

Dopo i capitoli dedicati alla “preistoria” (Gen 1–11), la storia di Dio con gli uomini riparte, dopo la “benedizione paradossale” della distruzione della torre di Babilonia, con la scelta di un uomo e di un popolo che da lui uscirà. L’azione di Dio nella storia esige la scelta di un punto infinitesimale sulla faccia della terra, la scelta di un uomo e di una terra da cui far partire la sua benedizione inclusiva per tutte le famiglie umane che entreranno a contatto con lui. Inserendosi in Abramo non solo per natura, ma per la stessa fede nel Dio della promessa e dell’alleanza, tutti i popoli potranno partecipare all’eredità della promessa fatta al loro patriarca: discendenza, terra, benedizione, abbondanza di vita.

Tutto cambia per Abram. Anche se, forse, come ricco sceicco, poteva aver sentito parlare delle rotte commerciali seguite dai suoi amici o conoscenti, per lui comincia un viaggio verso l’ignoto, verso un’identità nuova. «Va’ verso una terra che ti mostrerò». Una terra non solo fisica. Ma un ambiente esistenziale nuovo, determinato dalla conoscenza sempre più profonda del volto del Dio dell’alleanza. Va’ verso ciò che non conosci, perché l’ignoto vissuto con il Dio dell’alleanza e della benedizione ti cambierà nel profondo. C’è la promessa che tu diventerai «erede del mondo» (Rm 4,13). Il popolo di Dio nascerà da te e attrarrà a sé tutte le famiglie dei popoli per farne la famiglia dei figli di Dio (cf. Gal 4). Parti per ricevere l’ignoto di te stesso. Parti per scoprire l’oro della promessa di YHWH che brilla dentro di te, ma che svelerà tutto il suo fulgore solo se tu non te ne stai fermo nel tuo brodo di coltura, ma ti metti in moto, ti apri, scopri, ti relazioni con altri sconosciuti, cammini verso doni che si ricevono solo viaggiando. Da pellegrino, non dà vagabondo. Da errante, ma sotto la guida stellata della promessa. «Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura» (Eb 13,14); «ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste» (Eb 11,11,16a).

Il sole del mattino scalda la schiena di Abram che si mette in cammino verso Canaan, l’ovest. Il freddo della notte si dilegua. Tutto si trasfigura e la luce calda del pomeriggio riconcilia con la vita e con la fede in Colui che è stato all’origine di tutta questa avventura. Va’ verso stesso. Diventa te stesso. Diventa un altro da te stesso, diventa la pienezza di te stesso…

“Il suo volto brillò come il sole”

 Dopo la professione di fede di Pietro in Gesù («Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente», Mt 16,16), vera nel contenuto ma incompleta nel suo aspetto cognitivo e nell’accompagnamento esistenziale, Gesù comincia a «mostrare» (deiknynai, 16,21) il doloroso destino del sua vita che lui sta abbracciando consapevolmente e con amore: opposizione, rifiuto, torture, uccisione, risurrezione. E rincara la dimostrazione con l’elenco delle impegnative condizioni richieste per essere veri discepoli suoi. La vita vera si “guadagna” nel “perderla”, nel donarla. Si “trasfigura” dalla banalità e dal fallimento solo nel dono generoso di sé. Un discorso pesante da digerire. Un’elaborazione del lutto che richiede almeno sei giorni.

Dopo sei giorni (Mt 17,1a, non letto nella liturgia) Gesù decide di aiutare i suoi discepoli a raggiungere la pienezza della loro vita, a diventare a immagine e somiglianza di Dio, uomini nuovi, discepoli maturi. Prende i suoi tre testimoni più fidati e sale su un alto monte, a incontrare più da vicino il Padre, la fonte della vita paradossale che si guadagna perdendola (cf. 16,25).

Gesù ha sempre sentito nel cuore la necessità assoluta di rimanere sempre in collegamento con la fonte del suo esistere, del suo parlare, del suo annunciare il Regno dandone dei segni anticipativi nei miracoli di salvezza per la sua gente. Ma ha bisogno di pregare, di rinsaldare l’unità di intenti col Padre, con il percorso fatto dal suo popolo nei secoli sotto la guida di YHWH, il Dio dell’alleanza e sposo ardente ed esigente. Gesù ha bisogno di pregare il Padre, di consultare il percorso proposto dalla Torah (“Insegnamento” – Mosè) e dai Profeti (Elia). Ci meraviglia la presenza di Elia. Probabilmente non è il più grande dei profeti, ma, come Mosè, è stato una persona perseguitata e rifiutata.

Gesù si immerge nel silenzio della preghiera, nell’ascolto, nel dialogo, nelle domande, nelle suppliche… È questa la modalità della mia sorte finale? Dammi, o Padre, di fare sempre la tua volontà, volontà di vita, volontà paradossale ma “vera”. Stringimi a te nella decisione che avevamo preso dall’eternità, prima che il mondo fosse. Incarnarsi, condividere, realizzare la tua gioia nel vedere l’uomo veramente a tua immagine e somiglianza.

L’adesione alla volontà del Padre – testimoniata dalla Torah e dai Profeti – si fa sempre più convinta anche a livello della sua coscienza umana. Si fa salda, calda, sempre più convinta e amorosa. Quel che c’è nel suo cuore non può più essere trattenuto all’interno. Trasforma le sue fattezze con un’esplosione “atomica” che fa intravedere chiaramente la gloria del suo essere Figlio obbediente, pieno di amore, in pace con se stesso, in pace perché totalmente uno in sé, indiviso, senza schizofrenie. Totalmente in pace perché ha raggiunto e ha rifatto propria ancora una volta, anche nella sua coscienza umana, la decisione di donarsi fino alla fine, per amore.

Solo l’amore può trasformare il cuore degli uomini. L’amore che è nel cuore del Figlio traluce per un momento nella sua pienezza anche all’esterno. «Vattene, vattene – sente Gesù dentro di sé –. Va’ verso te stesso… Io sono con te». È la via dell’amore, del dono. Sì Padre, accetto, condivido, abbraccio. Sono tuo e dei miei fratelli. Sono “Il Figlio” perché esisto solo nel “ricevere” tutto me stesso da te. Sento che così raggiungo la mia patria, che non è di quaggiù, ma è celeste: è la tua tenda nuziale, è il Santo dei Santi in cui penetro come àncora di sicurezza per i miei fratelli (cf. Eb 6,19). Sento che la mia persona («i suoi vestiti») sta diventando come luce, una cosa sola con te, creatore della luce, la prima realtà che hai creato dopo la terra e i cieli (cf. Gen 1,3). Luce che illumina, scalda, guida, rincuora. Un anticipo di Pasqua. È senz’altro una vittoria per aiutare a vincere “lo scandalo/inciampo” della croce, duro da superare (cf. Prefazio). Ma è soprattutto la luce del Figlio in comunione di vita e di “obbedienza” d’amore col Padre, nel bacio dello Spirito.

“Ascoltate lui!”

Una tenebra infuocata e spaventosa aveva ospitato la rivelazione della Torah sull’alto monte del Sinai (cf. Es 19,16ss). Una tenebra che copriva, ma rivelava e donava le “Dieci parole/Il Decalogo” che mantengono in vita (cf. Es 20). Noi non ci siamo accostati a quella realtà tangibile, né ad un fuoco ardente, né ad un’oscurità, tenebra e tempesta, ma «a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova, e al sangue purificatore che è più eloquente di quello di Abele» (Eb 12,24; cf. 12,18ss).

La voce del Dio dell’alleanza e delle promesse si fa sentire e le Dieci parole dette da YHWH diventano una sola, una Persona, il Verbo fatto carne: “Ascoltate lui!” (Mt 17,5). Gesù ingloba in sé l’Amato Isacco (cf. Gen 22,2) e l’umile Servo di YHWH (cf. Is 42,1). Nel sua DNA c’è tutta la storia di un popolo, la ricchezza della Torah e la preziosità dei profeti (e degli Scritti).

«Alzati i loro occhi, nessuno videro se non Gesù solo» (lett.). Solo lui si dà a vedere, solo lui si dà da ascoltare. Gesù ingloba il tempio, incorpora le tende e la Festa delle Capanne, che ricordava la precarietà del cammino di liberazione di Israele nel deserto. Un mondo di rivelazione e di salvezza si raccoglie nel Figlio: «Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltate lui» (lett.).

Il Figlio è stato trasfigurato, ci ha mostrato per un momento la luce pasquale che lo muove, il punto d’arrivo e di unità di tutto se stesso. La pace luminosa che deriva dal vivere in pienezza la propria vocazione. La luce che si mostra soprattutto nel volto. Il volto di santa Teresa del Bambin Gesù, di santa Madre Teresa, di Charles de Foucauld. Il volto del discepolo che scende a valle, “esce” per il contagio dell’annuncio. Il volto della Chiesa in cammino con le mani tese ad abbracciare e a trascinare l’umanità intera verso il suo Sposo.

«[Padre santo] Tu riapri alla Chiesa la strada dell’esodo attraverso il deserto quaresimale, perché ai piedi della santa montagna, con il cuore contrito e umiliato, prenda coscienza della sua vocazione di popolo dell’alleanza, convocato per la tua lode nell’ascolto della tua parola e nell’esperienza dei tuoi prodigi» (Prefazio della quaresima IV).

Vattene…, va’ verso te stesso: questi è il Figlio mio, l’amato. Ascolta. Lui, ascoltate lui (solo)!

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