X Per annum: Le due vedove

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La caratteristica di questa domenica sta nella perfetta corrispondenza tra la prima e la terza lettura, ambedue relative ad un miracolo di risurrezione. In essa siamo interpellati circa la nostra fede nella potenza taumaturgica di Gesù, segno della presenza salvifica di Dio nella storia dell’umanità. Non dobbiamo dimenticare che ogni domenica noi ci raduniamo per celebrare il mistero pasquale, per fare memoria della morte e risurrezione di Gesù.

Di mezzo ci sta uno dei passaggi più importanti della lettera dell’apostolo Paolo ai cristiani della Galazia, dal carattere prettamente autobiografico e perciò particolarmente interessante. Ricordiamo che anche Paolo, a modo suo, è testimone del risorto Signore.

1. Questo miracolo è ambientato nella casa della vedova di Sarepta, che noi conosciamo anche dalla pagina di Luca 4,34-36: «C’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, ma a nessuna di esse fu mandato Elia se non a una vedova a Sarepta di Sidone». Segno che, ai tempi di Gesù, quella vedova era diventata, per così dire, proverbiale.

Per quello che ha fatto, ma soprattutto per quello che è stato, Elia è considerato da Luca come “tipo” di Gesù. Risulta perciò particolarmente felice la scelta della liturgia di questa domenica di stabilire un rapporto esplicito e diretto tra le due pagine bibliche.

Elia si trova in cattive acque: quella povera vedova, infatti, sembra attribuire alla sua presenza la disgrazia che l’ha colpita. Ma ben presto la situazione cambia e tutto viene chiarito con l’intervento taumaturgico del profeta.

Per ottenere da Dio il beneficio desiderato, Elia prega, ma la sua preghiera sembra, più che una supplica, un atto di fede in Colui che non solo è onnipotente ma anche giusto, in Colui che la sua giustizia ama manifestarla con atti di benevolenza e di amore verso i suoi figli e figlie. In Dio trionfa sempre la sua misericordia.

Vi è un dettaglio che ritorna tanto qui che nella pagina evangelica: sia Elia, sia Gesù, fatto il miracolo, consegnano il figlio ritornato in vita alle rispettive madri. Segno di grande delicatezza e di estrema sensibilità verso il genere femminile, oltre che verso due madri desolate per la morte del figlio.

2. Il Salmo 30(29) è un inno di ringraziamento a Dio “per grazia ricevuta”. Lo si evince già dal ritornello che recita: «Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato». Ma di quale sollievo si tratta?

Dai primi versetti del salmo si riesce a capire che l’orante è stato liberato sia da una malattia che minacciava di portarlo alle porte degli inferi, sia dalla presenza nefasta di persone nemiche che si aspettavano solo di poter godere della sua rovina.

Poi, come avviene spesso nei salmi, l’orante invita i suoi amici a rendere grazie al Signore: non gli basta un ringraziamento personale, privato; egli sente il bisogno di condividere la gioia della recuperata salute e della liberazione dai nemici con tutti quelli che con lui partecipano del dono della stessa fede. Non è questa anche un’esigenza tipica della fede cristiana, una necessità che ci spinge a valorizzare la dimensione comunitaria ed ecclesiale della nostra preghiera?

Infine, il salmista eleva al Signore di nuovo la sua preghiera «Ascolta, Signore, abbi pietà di me» e indica chiaramente la nuova situazione nella quale si trova: «Hai mutato il mio lamento in danza». Importante, nella vita di fede, non è solo ricevere doni e riconoscerli come provenienti d Dio, ma anche ringraziare con cuore sincero e devoto.

3. Siamo dinanzi al cosiddetto “Vangelo di Paolo”: «Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunziato…». Il modo con cui l’apostolo si esprime tradisce il carattere nettamente autobiografico non solo di questa pagina ma della lettera intera.

Il suo pensiero si avvale di locuzioni contrapposte. Il Vangelo da lui predicato non è umano, ma divino, non lo ha ricevuto o imparato da altri, ma gli è stato rivelato direttamente dal Signore risorto.

Quello che preme richiamare è il fatto della rivelazione (apocalypsis) che gli è stata rivolta sulla via di Damasco. È questo l’evento centrale della sua vita; in quell’incontro con il Signore risorto Paolo riconosce l’origine e la sorgente della sua vocazione a diventare apostolo, evangelizzatore e servo-schiavo di Gesù. Chi pretende di trascurare l’evento di Damasco si condanna alla totale impossibilità di comprendere il Vangelo di Paolo.

Ecco le sue stesse parole: «Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti…». Giustamente è stato scritto che, per comprendere la teologia di Paolo, non basta risalire a Tarso, luogo della sua nascita; neppure è sufficiente risalire a Gerusalemme, città nella quale Paolo è stato iniziato allo studio della Legge; non basta neppure risalire ad Antiochia, la città della sua missione. Occorre, invece, risalire fino a Damasco, appunto per la rivelazione che ha ricevuto dal risorto Signore.

4. Questo racconto appartiene a quella che gli studiosi del terzo evangelista chiamano “la fonte speciale” di Luca. Sappiamo infatti che questo evangelista si è impegnato molto nel fare ricerche particolari per raccogliere materiale evangelico il più completo possibile (cf. Lc 1,4).

In questa pagina rileviamo alcuni passaggi essenziali: anzitutto, una ambientazione sociologica nella quale vengono indicati il luogo e i personaggi che interagiscono. Poi, viene narrato il fatto miracoloso, sia pure con grande semplicità e senza esagerazioni. Infine, vengono registrate le reazioni dei presenti con due espressioni degne della massima considerazione per il loro contenuto teologico.

Il luogo è la città o villaggio di Nain, un paese della Galilea che ancora oggi viene visitato quando si fa un pellegrinaggio in Palestina. I personaggi sono Gesù e i discepoli, in attesa che entrino sulla scena la madre vedova e altre persone non meglio identificate.

Attenzione a due particolari: anzitutto, la compassione di Gesù dinanzi a quella povera donna. È un atteggiamento attribuito a Gesù anche in altre pagine dei vangeli: esso sta a dimostrare la sua vera e autentica umanità. Gesù, oltre che Dio, era anche un uomo nel senso pieno del termine, un uomo come noi e perciò capace di commuoversi, di piangere e di soffrire.

Il secondo particolare è quello della duplice reazione dei presenti che dapprima acclamano: «Un grande profeta è sorto tra noi» e poi aggiungono: «Dio ha visitato il suo popolo». La loro convinzione è che Dio in Gesù di Nazaret si rende presente come salvatore, come colui che, rimanendo fedele alle promesse fatte, anche oggi opera cose meravigliose per la liberazione e la salvezza del popolo eletto.

Nel contesto liturgico-sacramentale che stiamo vivendo questo messaggio è valido anche per noi, che partecipiamo alla mensa della Parola in attesa di partecipare alla mensa del Pane.

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