Il re umile distruggerà i carri armati
LUO SUSPENSION MS 3314 RIM 4F003001 A4447. Si legge chiaramente. È inciso su un frammento di bomba. Bomba italiana, prodotta in Italia dalla società RWM Italia – che ha sede legale a Ghedi (Brescia) e la fabbrica a Domusnovas in Sardegna, ma che fa capo al gruppo tedesco Rheinmetall –. È stata lanciata, assieme ad altre, lo scorso ottobre 2016 in Yemen, in un raid che ha ucciso almeno 6 persone, di cui 4 minori, condotto dalla coalizione internazionale a guida saudita contro l’insurrezione degli sciiti huthi. Lo denuncia all’ANSA il 15 giugno 2017 l’Ong yemenita Mwatana, collegata all’Onu, che documenta violazioni commesse contro civili in Yemen. «… Sul luogo dell’attacco sono stati rinvenuti resti degli armamenti usati nel bombardamento. Tra questi anche un frammento di una bomba di fabbricazione italiana». È acclusa la foto del frammento.
Non si pone quindi fuori le mondo l’annuncio fatto dal Secondo Zaccaria nella prima lettura, un messaggio di pace e di giustizia, per un mondo privo di armi e di violenza.
Zc 9–14 sono capitoli che non appartengono al profeta storico, ma sono collocati temporalmente, fra molti dubbi, al tempo ellenistico, fine IV sec. a.C., al tempo di Alessandro Magno. Molti distinguono ulteriormente i cc. 9–11 (Secondo Zaccaria) dai cc. 12–14 (Terzo Zaccaria).
In tutti questi capitoli si respira una grande speranza di pace messianica, che YHWH donerà al suo popolo, tramite un re messianico. Lo sguardo si allunga fino a intravedere la fine dei tempi, con un’alleanza eterna di YHWH con Gerusalemme, che sarà tutta purificata e resa completamente appartenente al suo Signore.
Nel nostro breve brano Gerusalemme è invitata a una grande gioia divina, non puramente umana. Il motivo risiede nel fatto che, dopo la battaglia vittoriosa sul male, ritorna in città “il tuo re”. YHWH protegge in pienezza il suo inviato, quasi identificandosi con lui.
Il re definitivo che verrà possederà delle qualità ben precise, che rimandano da vicino all’identità e al cuore stesso del Dio di Israele.
Il re futuro sarà “giusto/ṣaddîq”, fedele all’alleanza con Dio attestata nella Torah. Egli è giusto, perché esegue la volontà di Dio, specialmente nella difesa dei poveri (cf. Gen 6,9; 7,1, 1Sam 24,18; 2Sam 4,11; 23,3; Is 1,1-5; 32,1-5; Ger 23,5). YHWH lo protegge e trasmette a lui le sue qualità di “Dio giusto e salvatore” (Is 45,21).
Il re è “vittorioso” (sōzōn secondo la traduzione greca dei LXX; così la traduzione siriaca, la traduzione-parafrasi del Targum e la versione latina della Vulgata: salvator. Il Testo ebraico originale riporta però un participio niphal [= passivo]: “salvato/nôšā’”). Egli è vittorioso in quanto “salvato” per primo dall’unico Vittorioso della storia. Egli è un protetto e un liberato dai nemici.
Il re non è all’origine della vita del suo popolo e non può arrogarsi superbamente alcuna vittoria. Anche la sua vita e la sua opera dipendono dal Signore, e la sua missione è quella di esserne sua trasparenza sulla terra. Per questo le sue qualità sono quelle di Dio e saranno anche gli atteggiamenti che si sforzerà di trasmettere al suo popolo, perché possa piacere a Dio, essere sempre nella sua lunghezza d’onda e rimanere “salvato”.
Il profeta Sofonia lo aveva annunciato secoli prima, invitando alla gioia Gerusalemme, parlando del Dio vittorioso in mezzo alla figlia di Sion, a Israele, re e salvatore potente “in mezzo/in grembo” a Gerusalemme, pieno di gioia e di amore rinnovatore (cf. Sof 3,14-17).
Il re messianico del futuro intravisto da Zaccaria è inoltre “umile/’ānî”, curvato in ossequio religioso di fronte al proprio Dio, il solo e unico re, sorgente di vita pacifica veramente stabile e vera. Da lui si attende ciò che viene cantato del re messianico nel Sal 72: il dono della vita, della giustizia, della liberazione del debole e del misero, il benessere, il bene comune e la pace universale (cf. in particolare Sal 72,1-2.4.7-812-13.16a).
Il re futuro non cavalcherà il cavallo, cavalcatura regale impiegata in guerra e condannata dai profeti come esplicito apparato bellico e segno di smaccato militarismo (cf. Is 2,7 «La sua terra è piena d’argento e d’oro, senza limite sono i suoi tesori; la sua terra è piena di cavalli, senza limite sono i suoi carri»; Mi 5,9: «In quel giorno – oracolo del Signore – distruggerò i tuoi cavalli in mezzo a te e manderò in rovina i tuoi carri»). Nella “legge per il re”, in Dt 17,16 è detto: «Ma egli non dovrà procurarsi un gran numero di cavalli né far tornare il popolo in Egitto per procurarsi un gran numero di cavalli».
I re preferivano le mule (2Sam 13,29 «I domestici di Assalonne fecero ad Amnon come Assalonne aveva comandato. Allora tutti i figli del re si alzarono, montarono ciascuno sul proprio mulo e fuggirono»; 1Re 1,33 [Davide dice ai servi, circa il figlio Salomone]: «… “Prendete con voi la guardia del vostro signore: fate montare Salomone, mio figlio, sulla mia mula e fatelo scendere a Ghicon”».
Il re messianico si servirà della semplice pacifica cavalcatura degli antichi principi (cf. Gen 49,11 Giuda; Gdc 5,10 i comandanti di Israele citati nel cantico di Debora; 10,4 i trenta figli del settimo “giudice”, Iair; 12,14 i settanta asinelli dei figli e nipoti dell’undicesimo “giudice”, Abdon)). L’asino e il puledro figlio d’asina sono usati in Zc 9,9 per indicare un solo animale, in un parallelismo sinonimico molto amato dalla lingua ebraica. Gesù seguirà alla lettera queste indicazioni, nella sua entrata in Gerusalemme per la Pasqua (cf. Mt 21,1-5; Gv 12,14).
Il re messianico “farà sparire/distruggerà” (ma il Testo Masoretico ebraico ha la prima persona: “wehikrîtî/farò sparire”, coniugazione hiphil/fattitiva di kārat) il “carro da guerra/rekeb” (i nostri attuali “carri armati”; quelli israeliani di ultima generazione sono di tipo merkabah/“carro”).
YHWH “annienterà/farà tagliare” da Efraim/l’Israele del nord” i carri armati e, in perfetto parallelismo sinonimico e in parte “a gradino”, i “cavalli (da guerra)”, importati dall’Egitto (cf. Dt 17,16 nella “legge del re”: «… Non tornerete più per quella via [= Egitto]»). Li farà sparire da Gerusalemme, cioè dalla capitale e da tutto il regno del sud, il regno di Giuda.
La pace riunificherà i due tronconi di regni che hanno vissuto una storia parallela per secoli, dopo l’unità iniziale sotto Saul, Davide e Salomone. “L’arco da guerra sarà fatto sparire/nikretāh” e il re messianico annuncerà lo “šālôm/pace messianica integrale” a tutte le nazioni/gôyim (cf. Is 9,5 «Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace»; Is 11,6: «Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà»; cf. Sal 72,7-8 sul re messianico: «Nei suoi giorni fiorisca il giusto e abbondi la pace, finché non si spenga la luna. E dòmini da mare a mare, dal fiume sino ai confini della terra»; cf. Mi 5,4).
Il regno del re messianico sarà universale (cf. Is 2,2-5; Is 9,6: «Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine…»; Mi 4,1-3; Sal 76), dal mare al mare, dal fiume Eufrate fino ai confini della terra. Nessun discendente davidico riuscirà prima di Gesù a realizzare questa promessa di YHWH…
Il Figlio umile darà riposo
Nella sua persona, nel suo annuncio e nella sua opera di salvezza Gesù assume/sussume/ingloba in sé la storia di YHWH col suo popolo Israele (e con tutti i popoli), con i suoi inizi di salvezza, i suoi ritorni all’indietro, le speranze rimaste deluse e quelle che hanno già cominciato a splendere nella loro iniziale realizzazione (ritorno dall’esilio, ricostruzione del tempio…).
Il NT dialoga incessantemente con l’AT, senza il quale non si potrebbe comprendere la figura stessa di Gesù. Il lettore che legge, medita e cerca di vivere la parola di Dio attestata nelle sacre Scrittore, è chiamato a un continuo andirivieni fra i due Testamenti, che si illuminano e si spiegano l’uno con l’altro.
Nella lettura evangelica (la stessa proclamata nella solennità del Sacro Cuore di Gesù, al cui nostro commento rimandiamo) Gesù è attestato come uscente in una confessione di lode al Padre, dopo l’aspro rimprovero, allo stesso tempo elegiaco-funebre (cf. 1Re 13,30; Ger 22,18) e “lamento profetico” (gr. ouai/ebr. hôy; cf. Ab 2, 6.9.15.19), rivolto alle tre città del “triangolo evangelico” (così le definiva il compianto archeologo domenicano Pixner), testimoni incredule di tante opere e parole di Gesù.
Gesù loda il Padre per la sua logica paradossale di rivelazione ai “piccoli” piuttosto che ai “sapienti” e agli “intelligenti” che presumono di conoscere già tutto e di poter inquadrare anche la novità assoluta negli loro angusti schemi di pensiero, elaborati per lo più sull’esperienza del passato e del presente…
Il Figlio loda il Padre per la sua rivelazione e afferma che è il Figlio a rivelare se stesso e il Padre a chi lo vorrà. E lui lo vuol fare a tutti, evidentemente. Basta essere aperti con umiltà all’autorivelazione del Figlio, che porta con sé anche quella del Padre (nello Spirito Santo).
Gesù si definisce «mite e umile di cuore» e invita a sé gli “affaticati” della vita, dell’oppressione, della fatica apostolica dell’annuncio del vangelo (kopiōntes, cf. Gv 4,6.38; Rm 16,6.12; 1Cor 15,10; 16,16) e coloro che sono “oppressi/pephortismenoi” perché da lungo tempo e a tutt’ora sono stati caricati di un “carico/peso/fardello/phortion” provenienti dalle complesse vicende della vita di ciascuno, ma con dei risvolti religiosi ben precisi. Gesù li denuncia chiaramente: «… “Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate (phortizete) gli uomini di pesi insopportabili (phortia dysbatakta), e quei pesi (phortiois) voi non li toccate nemmeno con un dito!”» (Lc 11,46).
Gesù invita gli affaticati e gli oppressi ad andare da lui, mite e umile di cuore. Egli promette “riposo/pausa/ristoro/anapausis) che permette di “respirare” e proseguire di nuovo (ana) il cammino, rimettendosi in sesto/in piedi (ana) riposati, alleggeriti dalla fatica, rinfrancati dal ristoro/nutrimento goduto e assunto. Gesù è venuto a “dare respiro” alla vita degli uomini, non a caricarli di norme religiose ed etiche, per giuste e sante che siano.
Il suo “giogo/zygos” non è quello della Torah, accettato con gioia dagli ebrei ancor oggi, per quanto santo esso sia. Lui è il Figlio, è una persona, che guarda negli occhi, parla al cuore, coglie in situazione le persone e le abbraccia con sguardo di misericordia, di serenità, di comprensione.
Alle persone Gesù rivela il suo cuore di Figlio. Di qui nascerà l’amore, l’affidamento, la risposta fiduciosa da parte di colui che si è sentito capito, accettato così com’è, aiutato a portare il peso della sua situazione, rinfrancato dalle prospettive di speranza apertegli per il futuro. “Fa’ il massimo di bene che puoi fare in questo momento”, dice Gesù. “Io sono con te, passo dopo passo. Tu mi sei prezioso, caro al cuore, non ti abbandonerò mai. Da’ a me ciò che ti pesa, sarò ben contento di portarlo con te, e a volte anche al posto tuo. L’importante è che tu non ti senta schiacciato, condannato, ucciso dalla vita, dalle situazioni, perfino dalle parole religiose. Io sono qui per te. Questo è il mio nome di Figlio, questo è il nome anche del padre, nell’amore fresco che ci lega”.
«… Al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui (= Gesù risorto) sottomessa» riconosce tra realismo e rimpianto la lettera agli Ebrei (Eb 2,8b). Il male ha i suoi colpi di coda e le nazioni hanno in tal modo le occasioni/necessità/desideri di difendersi, attaccare i nemici, usare i terribili strumenti di morte su innocenti, “civili”, bambini. Eppure si può guidare i popoli in varie maniere, cercare la pace e il dialogo in modo stringente, sottolineare ciò che unisce piuttosto ciò che divide.
Il re messianico non è ancora arrivato con il suo šālôm integrale. Gesù ha solo iniziato la sua realizzazione completa. A noi spetta invocarlo e seguirlo con decisione.