La tesi di dottorato in teologia biblica difesa nel gennaio 2016 dall’esegeta cappuccino, attualmente docente all’Antonianum di Roma e a Venezia, si serve del metodo della pragmatica linguistica e la applica al Vangelo di Marco, noto per l’inusitato finale che appare tronco in Mc 16,8.
Dopo aver esposto nell’Introduzione (pp. 11-36) il suo approccio metodologico e il piano di lavoro, in una prima parte (pp. 37-198) l’autore analizza la cornice del vangelo, che, oltre alla conclusione che non chiude (Mc 16,1-8), comprende l’avvio che non comincia (Mc 1,15), per poi passare dalla cornice al quadro (la narrazione del paradosso attraverso il linguaggio parabolico).
In una seconda parte (pp. 199-409), egli analizza i motivi e le procedure del paradosso articolandoli nell’identità e nella missione di Gesù, l’annuncio del Regno effettuato in modo particolare con le parabole e, infine, i destinatari e gli effetti. Alla conclusione (pp. 409-416) segue un’ampia bibliografia (pp. 417-432).
La pragmatica si affatica nello studiare l’impatto e gli effetti che un testo intende produrre sul lettore-destinatario per cambiarlo e fargli assimilare i valori che l’autore intende trasmettere. La parola, infatti, non ha soltanto un’intenzione informativa, ma anche soprattutto una illocutoria e una perlocutoria, trasformativa.
Il Vangelo di Marco è sempre stato valutato come paradossale in quanto trasmette una figura di Gesù che manifesta la sua identità in maniera reticente, nascosta nelle parabole e nella sua morte «ingloriosa» sulla croce, con un annuncio «monco» della gioia della risurrezione.
Pasolini studia il Vangelo di Marco nel suo «fallimento comunicativo»: all’inizio e alla fine del vangelo non si realizza ciò che viene promesso nel prologo e nel comando del giovane (angelico). Questo «fallimento comunicativo» è al servizio dell’intento di «non fallire il bersaglio», cioè di annunciare la persona di Gesù e il suo messaggio, dove la gloria sta nella debolezza e la pasqua contiene in sé anche l’apparente gloria ingloriosa della croce.
Il linguaggio impiegato da Marco (in primis la «debolezza comunicativa» delle parabole) è al servizio dell’illustrazione dei vari motivi: la persona di Gesù, il suo annuncio, la trasformazione dei destinatari. Il linguaggio paradossale e debole, segnato dall’inizio alla fine dalla paradossalità, non è un linguaggio che è solamente adatto a comunicare il messaggio contenuto, ma è l’unico linguaggio che ha la forza di trasmettere la paradossalità e la «debolezza» dell’intero mistero cristologico e pasquale. Andare in Galilea, come comandato da Gesù, permette di raggiungere il proprio battesimo e il valore immersivo del vangelo marciano, raggiungendo l’identità paradossale della pasqua, del Cristo, della vita cristiana nel suo complesso.
Tesi dottorale egregia, realizzata secondo un criterio metodologico che sta sempre più guadagnando terreno negli studi biblici – M. Grilli e J-N. Aletti, che hanno seguito la ricerca, sono maestri di questo metodo –, si imporrà soprattutto all’attenzione degli studiosi del vangelo marciano, per raggiungere poi, nella seria divulgazione, l’insieme del popolo di Dio, con i frutti fecondi offerti dalla comprensione delle strategie comunicative usate dall’autore biblico.
Roberto Pasolini, Fallire e non mancare il bersaglio. Paradosso del Regno e strategie comunicative nel Vangelo di Marco. Prefazione di Massimo Grilli, collana «Epifania della Parola» 15, EDB, Bologna 2017, pp. 440, € 34,50.