Il profeta Aggeo (“il festoso”) fu attivo a Gerusalemme nel periodo postesilico (post 538 a.C.) che segnò il ritorno di gran parte dei giudei deportati in esilio a Babilonia, ma anche lo scontro fra coloro che si ritenevano il vero “resto di Israele” perché rimasti in patria, mentre gli altri erano stati puniti per le loro infedeltà e la posizione opposta di coloro che si ritenevano “resto” genuino perché il Signore YHWH era rimasto con loro, anche per mezzo della presenza dei profeti (cf. Ezechiele, Geremia).
L’autore del commentario, Vincenzo Moro, già professore di Filosofia e Storia nei licei statali, dopo alcuni anni di permanenza in Israele ha completato la formazione in Filologia biblica all’Università di Firenze e svolge il suo ministero pastorale nella diocesi di Pistoia.
Lo studioso ricorda come il ritorno non vede una Giudea totalmente vuota, ma abitata da gente semplice e contadina che aveva anche occupato le abitazioni degli esuli. La situazione economica era al limite della sussistenza, quella politica era segnata dalla sottomissione al potere persiano che aveva inglobato la Giudea all’interno della satrapia dell’Oltrefiume.
Il permesso dato da Ciro II al rientro era collegato anche alla possibilità di ricostruzione del tempio.
La politica persiana era rispettosa degli usi e costumi delle popolazioni sottomesse e con Sesbassar si inaugurò un altare su cui offrire i sacrifici.
Il profeta Aggeo però si propone, a nome di YHWH, di incoraggiare il popolo e i suoi due capi principali, alla vera e propria ricostruzione del tempio. Il comandante politico era Zorobabele, mentre il sommo sacerdote era Giosuè.
Aggeo invita il popolo a intraprendere con ardore la ricostruzione del tempio, segno della presenza e della protezione di YHWH, e incoraggia i due capi responsabili in modo particolare.
Il profeta denuncia l’ignavia e la trascuratezza del popolo rispetto alla costruzione della casa di Dio, rifugiandosi ciascuno nei propri affari e nella ricostruzione delle loro case private e nella cura dei propri interessi. Aggeo fa però notare come i frutti attesi dalle coltivazioni siano scarsi, e i risultati dei guadagni ottenuti siano volatili e inferiori dalle attese coltivate.
Occorre convertirsi a YHWH, ricostruire il tempio e solo allora il popolo troverà unità, prosperità e, in prospettiva, anche un ribaltamento escatologico e messianico che avrebbe visto il rovesciamento dell’intero universo sotto l’onnipotente mano di Dio che “scuote” cielo e terra, con il confluire a Gerusalemme delle ricchezze di tutte le nazioni.
La predicazione attestata dallo scritto di Aggeo si attua fra il 520 e il 518 a.C., a partire dal secondo anno di Dario I (522-486 a.C.). Il breve arco temporale dell’opera di Aggeo è indicato esplicitamente da quattro segnalazioni cronologiche presenti nel libretto: 1,1 secondo anno del re Dario, primo giorno del sesto mese (= 29 agosto 520); 1,15 il 24 del sesto mese (= 21 settembre); 2,1 secondo anno di Dario, il 21 del settimo mese (= 17 ottobre); 2,10.20 secondo anno di Dario, il 24 del nono mese (= 18 dicembre).
Il libro di Aggeo
Secondo Moro, il libro di Aggeo – che appartiene al più vasto insieme dei Dodici Profeti chiamati “minori” – può essere diviso in cinque interventi oracolari: 1,1-11; 1,12-15; 2,1-9; 2,10-19; 2,20-23. Essi sono distribuiti in quattro sezioni.
La prima sezione (1,1-15) rappresenta la sfida della ricostruzione. Aggeo rivolge un accorato appello al discernimento e a superare ogni preoccupazione individualistica e a mettersi al lavoro. Gli scarsi risultati economici sono visti come castigo di YHWH. Le parole del profeta assicurano la protezione divina e hanno un effetto positivo sui capi e sulla comunità. Le difficoltà sono superate e iniziano i preparativi dell’impresa.
La seconda sezione (2,1-19) verte sulla gloria del nuovo tempio. Lo scoraggiamento, la scarsità dei mezzi, l’umiliante consapevolezza che la nuova costruzione non sarà mai paragonabile al glorioso santuario di Salomone diventano un pericolo per la sospensione dei lavori. Aggeo invita alla fiducia nel Signore, fedele al suo patto con lo stesso impegno con il quale li ha riportati a casa dall’esilio.
Aggeo allarga la prospettiva e afferma che lo splendore del nuovo tempio sarà superiore a quella del primo, perché diventerà figura di una realtà rinnovata a livello cosmico per tutta l’umanità. Le offerte verranno da ogni parte della terra per la gloria del tempio e quale segno del riconoscimento della sovranità universale di YHWH. Dio risponderà con il dono dello shalom, che racchiude ogni bene desiderabile ed è opera solo del Signore.
La terza sezione (2,10-19) è imperniata sulla situazione presente di impurità e sulla promessa per l’avvenire. Senza il tempio, perfino le offerte sacrificali della comunità sono da considerare impure. Solo quando i lavori saranno conclusi si potrà constatare l’effusione delle benedizioni di YHWH e una nuova prosperità. La posa della prima pietra segna l’inizio di un’epoca nuova per Israele. Uscito dallo stato di impurità, Israele potrà essere pienamente riconosciuto dal Signore, accogliere tutti i suoi doni e la sua costante protezione.
L’ultima sezione (2,20-23) è dedicata al regno universale di YHWH. La profezia di Aggeo raggiunge il suo culmine con l’oracolo rivolto a Zorobabele, il governatore della Giudea di discendenza davidica, a cui venivano strettamente congiunte le attese per una completa rinascita di Israele. Egli è chiamato “sigillo” / “servo” di YHWH ed esaltato come figura messianica nel contesto di una visione di benessere escatologico. I segnali dell’evento straordinario saranno gli sconvolgimenti cosmici, intesi come rinnovamento radicale di ogni realtà, attraverso la vittoria definitiva del Signore contro le forze del male.
Il libro di Aggeo non ricorda comunque la conclusione della ricostruzione del secondo tempio.
Struttura del commentario
Nella prima parte del libro (pp. 1-78), dopo la Prefazione di Cristiano D’Angelo (pp. 7-10), Moro offre una breve introduzione (pp. 11-16) nella quale inquadra la posizione teologica di Aggeo nell’insieme delle tradizioni bibliche, in special modo quella deuteronomistica.
Segue un ampio capitolo (pp. 11-34) che si situa tra storia e profezia. Vengono riportati gli eventi storici e le loro derive teologiche che, a partire dalla distruzione di Gerusalemme e dall’esilio, portano al tempo della predicazione di Aggeo.
“Dall’esilio alla libertà” è il capitolo successivo (pp. 35-50), nel quale Moro approfondisce i fatti intercorrenti tra i due grandi eventi, inquadrandoli anche con la presentazione delle figure di Ezechiele, Geremia e l’opera di Neemia e di Esdra, oltre a quelle degli oppositori della rinascita. Si accenna agli scontri “ideologici/religiosi” fra i rimpatriati e coloro che erano rimasti in terra di Giuda, a cui abbiamo accennato sopra.
Una pagina riassuntiva (p. 51) riporta i principali avvenimenti accaduti tra il 597 e il 515 a.C. Dalla prima deportazione a Babilonia si giunge al termine dei lavori e alla riconsacrazione del tempio. Una tabella cronologica molto utile.
Il capitolo successivo (pp. 53-56) presenta brevemente la figura di Aggeo, del quale si conosce davvero molto poco.
Sono quindi illustrati gli aspetti letterari del libro (pp. 57-62), con le frequenti ripetizioni di alcune formule e una piacevole «prosa poetica». Vengono ricordate, inoltre, le indicazioni cronologiche presenti nel testo (pp. 63-64, ricordate sopra).
Un capitolo è dedicato alla ricca intertestualità di Aggeo (pp. 65-72) con i vari testi delle tradizioni bibliche che appaiono a lui conosciute.
Sono presenti collegamenti con Esdra e 2Cronache, Geremia e il tema della disobbedienza alla legge divina e la stima geremiana per la parte del popolo che era stata portata in esilio (non sono un cesto di fichi immangiabili; sono buoni). È quella la parte scelta dal Signore per costituire il nuovo Israele.
Contatti con Is 40-55 e Is 56-66 sono dati dalla figura di Ciro quale servo del Signore e la proclamazione di YHWH come signore della storia. Le allusioni al tema dell’alleanza lo raccorda alla tradizione deuteronomica (cf. Dt 29,24-25).
La distruzione di carri e cavalieri allude a Es 15,1-4, mentre Ag 1,6-1 allude per quattro volte alle maledizioni del patto (cf. Dt 11 e 28). In Ag 1,6-11 e 2,17-19 è presente il tema delle benedizioni del patto. Il tema delle punizioni pone Aggeo sulle orme dei suoi predecessori (Am 4,6-11; Is 5,6; 65,13.21-22; Ger 14,3-4; Os 8,7; Mi 6,15).
Allusione alla formula del patto (cf. Es 6,7) è presente in Ag 1,12-14, mentre la promessa del patto di YHWH, “Io sono con voi” (Ag 1,13; 2,4-5), propone lo stesso tema della presenza costante di Dio nei momenti cruciali di Israele (cf. Gen 28,15; Is 41,10; 43,5; Ger 30,11).
Am 5,14 è forse il miglior passo parallelo alla dichiarazione della presenza del “Signore delle schiere” con Ag 1,7.14. Dio è già presente perché il suo spirito “dimora” in mezzo al suo popolo come la colonna di nube in Nm 14,14 (cf. Es 33,10). Tuttavia la presenza di YHWH si manifesterà pienamente quando il tempio sarà ricostruito e «ricolmo della sua gloria».
Ag 2,10-14 è un’applicazione del Legge del patto (Lv 6,18-20; 22,4-6; Nm 19,11.11), per esporre lo stato di impurità del popolo.
Infine, Ag 2,23 è un richiamo a Ger 22,24-30, il passo dell’“anello con il sigillo”, ma nel modo opposto al ripudio da parte di YHWH nei confronti di «Conìa figlio di Ioiakim» come re davidico.
Il messaggio di Aggeo (pp. 73-78) è presentato da Moro come incentrato su tre aspetti.
Il primo è l’attuazione del progetto di Dio. Occorre per questo evitare le false priorità (il proprio benessere personale) – ed è il secondo tema – e occuparsi invece della casa di YHWH che assicura la sua presenza in mezzo al popolo. Il terzo tema è quello della potenza di Dio.
Aggeo è un forte richiamo alla fiducia nel Signore e nel suo progetto di liberazione del popolo. La sua fedeltà assicurerà aiuto, ribaltamento della situazione e un compimento escatologico di bene che coinvolgerà le nazioni di tutta la terra. Un richiamo alla conversione e alla centralità del progetto di Dio valido anche per oggi.
Analisi del testo
L’analisi del testo, a partire dall’enucleazione della struttura narrativa, occupa la seconda parte del libro di Moro (pp. 79-160). Lo studioso segue passo passo le sezioni indicate sopra, commentando versetto per versetto il contenuto letterario e teologico del testo, indicando in traslitterazione molto semplificata – con qualche classica sbavatura di distinzione tra le lettere ayn ‘ e la lettera alef ’ – le espressioni ebraiche più pregne di significato e che rivestono importanza teologica per il messaggio del profeta.
Nelle ampie note a piè di pagina l’esegeta riporta la ricchezza che i vari termini hanno nell’insieme della Bibbia, indicando in tal modo anche la ricca intertestualità mostrata dal libro Aggeo. Nelle note vengono ricordate le varie posizioni degli autori sulle questioni più importanti. Moro le cita, dopo aver espresso la posizione della maggioranza degli studiosi e quella propria.
La bibliografia è riportata alle pp. 161-163.
Il libro costituisce un valido commentario al libro del profeta Aggeo, non molto conosciuto e analizzato. Il linguaggio dell’autore è sempre accessibile e ogni termine ebraico è traslitterato e tradotto con perizia. Libro utile per studenti, catechisti e appassionati del testo biblico.
- VINCENZO MORO, Aggeo. Il coraggio della rinascita (Studi biblici s.n.), EDB, Bologna 2023, pp. 168, € 18,00, ISBN 9788810977538.