La festa del Battesimo di Gesù conclude il tempo liturgico del Natale e apre quello del Tempo Ordinario del cammino della Chiesa che vive del suo Signore, lo loda e lo invoca vicino sulle strade degli uomini e nel tempo dato a loro di vivere per grazia.
Venite all’acqua!
Tutti sconsigliano al pellegrino e al turista che arriva in Medio Oriente di acquistare un bicchiere di acqua o di caffè dai pittoreschi venditori d’acqua. Con gesto elegante essi si piegano in avanti e fanno uscire con grazia e precisione il getto d’acqua dal recipiente che portano sulla schiena. La tentazione è forte, soprattutto in estate, e ci si fosse trovati senza riserve.
Il grido di YHWH, tramite il suo profeta, sigilla la conclusione della seconda parte del libro di Isaia, attribuito al Secondo Isaia o DeuteroIsaia (Is 40–55). Egli raccolse e mise per iscritto le tradizioni ricevute pochi anni prima del ritorno del popolo di Israele dall’esilio di Babilonia (538 a.C.) su decreto benevolo del re persiano Ciro II, chiamato da YHWH per questo addirittura “mio pastore” (Is 44,28), e dal profeta “il suo messia/unto/mesiô” (Is 45,1). YHWH l’ha chiamato al suo servizio, come un suo strumento scelto, sebbene egli non lo conoscesse per nulla.
Venga all’acqua ogni assetato! Venga al cibo ogni affamato! Prendete, dissetatevi, saziatevi! È la grazia di YHWH che vi porge le mani, vi apre le sorgenti pure, vi dona il pane non contraffatto.
Venite, anche se non avete denaro con cui pagare; YHWH fa grazia a chi ha sete nel cuore e ha fame di compiere la sua volontà. Venite, acquistate gratis cose che non si possono comperare, anche se aveste i soldi.
Ascoltate, venite, porgete l’orecchio. La mia parola è acqua viva che entra in voi dissetandovi e saziandovi. La mia parola vi fa tornare il fiato attraverso la vostra gola /napšekem, vi farà rivivere. Non cercate cibi contraffatti, acqua che non disseta. Cercate la parola verace, di origine controllata e dal marchio protetto.
Le “fedeltà” date a Davide
Quando si deve ricominciare a vivere dopo un terremoto, sembra di dovere spostare le montagne a mani nude, accendere le luci con i fiammiferi, scaldare l’acqua su fuochi improvvisati.
Il popolo torna a casa dall’esilio avendo visto l’ultimo re davidico, Ioiachìn, vivere per trentasette anni come ostaggio reale alla corte di Babilonia – pur ricevendo una razione di viveri per vivere –, prima di essere invitato alla mensa del re Avil Merodak quale persona libera, da re vassallo (561 a.C.). Probabilmente egli è addirittura morto a Babilonia. Questo ha ridotto al lumicino nel popolo di Israele le speranze della continuità della dinastia davidica.
Tramite il profeta Natan, Davide aveva ricevuto da YHWH delle “fedeltà/hasdê” (cf. At 13,34: “le cose sante/ta hosia”), delle promesse di alleanza eterna (cf. 2Sam 7; cf. Sal 89: confermata anche dopo eventuali mancanze da parte dei discendenti). Ma ora la promessa pare svigorita, estenuata, finita.
Davide era stato posto da YHWH com “testimone/‘ēd per le nazioni, capo/nāgîd e condottiero/meṣawwēh delle genti”. Tutto pare sconfessato, finito.
Dal re al popolo
Ecco ora la svolta! Non tutte le disgrazie portano tragedie e sfinimenti mortali. Le promesse messianiche fatte al re Davide sono ora estese a tutto il popolo. Un popolo messianico, chiamato a essere testimone di YHWH nel mondo! Viene annunciata una nuova “alleanza eterna/berît ‘ôlām”, una “alleanza di pace” (cf. Is 54,10: berît šelômî) generica, noachica. Una alleanza stretta però non più con una casata regale, bensì estesa a tutto il popolo. Un popolo messianico, pacifico, testimone di YHWH, attraente nei confronti di tutte le altre nazioni. È la democratizzazione della promessa. Nasce un popolo regale, che attinge alle sorgenti della salvezza, all’acqua pura, gratis, che disseta in profondità.
Cercate, invocate, tornate
Nella fragilità di una vita che stenta a ripartire dopo il ritorno dall’esilio, occorre scegliere l’essenziale, ciò che rimette in piedi le persone e la società, le tiene unite con un unico spirito, un unico intento da realizzare per raggiungere la vita piena disponibile per tutti.
Di sbagli ne hanno commessi tanti e tutti gli strati della società: re, sacerdoti, profeti, gente comune del popolo. Tutti sono stati fatti preda dalla tentazione dell’autosufficienza, della relativizzazione della parola di YHWH quale guida luminosa della loro vita. «Cercate il Signore, mentre si fa trovare» – supplica il profeta (cf. Is 55,1: hôy/guai/ohi”) –, «invocatelo, mentre è vicino». Ritorni a YHWH il malvagio che si è allontanato dalla sua strada di vita. YHWH si fa trovare volentieri, “lo ricoprirà di misericordia materna/riḥămēhû<rḥm)” perché egli “è largo/yarbēh” per perdonare/lislôaḥ.
Pensieri altri
Il popolo è frastornato dall’annuncio. Il profeta proclama un Dio dalle scelte paradossali, inaspettate, straripanti. Non sta a calcolare i debiti, le tariffe, i conguagli. Vola ad altri livelli, segue altre frequenze d’onda. «I miei pensieri non sono come i vostri pensieri», sono altissimi, diversi come il cielo è alto e diverso dalla terra che le giace sotto, lontana. È bellissima, veduta dalla sonda spaziale che le gira intorno, a un’altezza che offre proporzioni diverse, orizzonti sconfinati, colori splendenti. C’è un riscatto per i pensieri storti, piccoli, di piccolo cabotaggio.
Il cuore di YHWH è grande e diverso dal pensiero umano interessato, vendicativo, possessivo. Egli ha proposto agli uomini la legge del taglione, ma lui non la osserva, perché la supera di gran lunga col perdono. È possibile ricostruire un’anima. È possibile ricostruire una società con valori condivisi, solidale, conviviale, sinfonica. È possibile se le anime sono dissetate a pozzi non avvelenati, saziate con cibi non contaminati.
La parola ambasciatrice
Il popolo messianico ha sete e fame, sete e fame particolari. Una parola sola le può colmare. Una parola che scende dall’alto, dal profondo. Una parola che, come acqua, scende, irriga, feconda e fa germogliare il grano per la vita dell’uomo.
La parola, come la pioggia, ha un suo ciclo vitale e che non può mai dirsi compiuto senza aver realizzato tutti i passaggi: dal cielo alla terra, per ritornare in cielo con l’evaporazione. La pioggia non torna mai in cielo senza aver compiuto il suo compito di ambasciatrice.
L’ambasciatore non torna alla Farnesina senza aver compiuto il proprio mandato, a meno di non essere espulso e dichiarato persona non gradita. La parola di Dio è ambasciatrice fedele e zelante, vuole raggiungere il suo scopo e farlo delicatamente, ma con tenacia e fiducia.
È un’acqua che dà vita, che non si arresta tanto facilmente. Potrà essere espulsa, ma tornerà senz’altro alla carica. I fucilieri devono tornare a casa…
La “fossa”
L’acqua domina anche l’entrata in scena di Gesù all’inizio della sua vita pubblica. I suoi pensieri non sono i pensieri dei potenti, dei sacerdoti del tempio di Gerusalemme, degli scribi curvi sui manoscritti e sui codici legali non per viverli, ma per interpretarli e imporli come un peso sulle spalle della gente, senza muovere un dito per integrarli nella vita del popolo e renderla piena, felice, secondo il cuore di Dio, secondo la sua volontà profonda e originale.
Gesù nasce in periferia (seppur blasonata dalle origini davidiche dei re, ormai appassite), cresce in periferia in un paese sconosciuto a tutto il Primo Testamento e per l’entrata in pubblico sceglie “la fossa/gôr” del Giordano. Gesù si mette in fila con i peccatori, gli ultimi, i disprezzati, i pubblicani e le prostitute.
Ci sono anche anime inquiete di sacerdoti e di leviti, che cercano da Giovanni il Battezzatore un guizzo di vita che li faccia ripartire rinnovati dentro. C’è inquietudine per la parola di Dio che sentono vera, ma che loro soffocano nella ripetitività rituale e burocratica delle liturgie templari, lasciandola raramente fare contatto con la propria vita e sprigionare così una scintilla di novità, di verità, di felicità intima.
Battesimo di acqua
Sulle rive del Giordano, limine di libertà dalla schiavitù d’Egitto, Giovanni il Battezzatore invita a riscegliere la libertà. La libertà interiore che fa fiorire la vita, che riconcilia con le radici, che apre le foglie all’aria buona, che fa produrre datteri succosi e dolcissimi… Egli invita a purificarsi, a svegliarsi dal sonno, a cercare YHWH mentre si fa trovare “largo” nel perdono. Il confessare personalmente, e anche come popolo, le proprie vie sbagliate e i propri sentieri interrotti pone su una strada di verità e di libertà.
L’acqua che scende sul capo attinta dal fiume della libertà è un’acqua che chiama a una vita più profonda. Il segno di umiltà bagna il corpo, irrigando la buona volontà di cambiare vita e attendere il Messia e il suo Regno con cuore unificato.
La parola del Battezzatore fa però intravedere qualcosa di più profondo. L’accenno alla sua incapacità giuridica/ouk eimi hikanos di sciogliere il legaccio dei sandali al legittimo sposo per arrogarsene i diritti sulla sposa rimasta vedova (l’istituto del levirato, cf. Dt 25,5-10; Rut) riscalda il cuore della gente in attesa del battesimo. Si preannuncia uno Sposo, non un ennesimo legislatore. Uno che ama il suo popolo, la sua sposa; uno che darà la sua vita per amarla e fecondarla di figli rinnovati nel profondo.
Sposo nello Spirito
Il Battezzatore accenna a uno Sposo, annuncia uno più forte di lui, un hischyroteros. Uno forte in battaglia, uno “più forte” che vincerà il “forte”, il maligno omicida avvelenatore. Entrerà nella sua casa, lo legherà e gli rapinerà le sue cose (cf. Mt 12,29).
Il più forte immergerà chi vorrà seguirlo in un bagno di Spirito Santo. Uno Spirito Santo che è fuoco che brucia, purificando dalle scorie. Uno Spirito santo che irriga il deserto con acqua che dà vita dall’interno, feconda, rinnovatrice. Uno Spirito Santo che viene dal Santo dei Santi, da “vie alte e diverse”, che sconvolgono le piste filiformi sulle quali gli uomini si fidano a camminare.
Viene Gesù. Viene sul liminare della libertà. Viene sul crinale sottile tra sconfitta e vittoria, tra vita e morte. Viene e si immerge nel Giordano, il confine che lambisce la Terra del Santo. Si immerge nel segno, lo rende vero col suo corpo di Figlio. Riceve il battesimo d’acqua, donerà il battesimo nello Spirito Santo. Riceve le acque segno di libertà, donerà le acque feconde di vita divina. Chi santifica e chi viene santificato?
Il Figlio, l’Amato
Gesù condivide un cammino, si fa solidale con i peccatori. Non si vergogna di chiamarli “fratelli” (cf. Eb 2,11). Ormai ha fatto una scelta. Un “no” alla vita di formazione, di lavoro, di preparazione, di nascondimento e di assimilazione. Un “sì” alla volontà del Padre che lo chiama a uscire, a raccogliere il popolo, ad annunciargli la Parola che brucia, a instaurare un regno di servitori dove splende la regalità del Padre.
La voce lo ha chiamato a Nazaret. È ora di dare la vita. Saranno gli uomini a decidere la modalità della sua consumazione. Ma il dono viene da dentro, è il dono di sé. E il Padre approva, è orgoglioso di quel Figlio che è tutto suo Padre, che compie le opere del Padre. Di lui il Padre è orgoglioso, su di lui stende il mantello del compiacimento e del sorriso di approvazione.
Il battesimo d’acqua è velocissimo. Non è il battesimo definitivo, risolutore. È tempo di salire ad annunciare il Regno, a liberare i prigionieri e a fare lieti i cuori dei sofferenti. Solo Gesù vede i sette cieli mentre si squarciano.
Il Padre fa scendere su Gesù le sue vie, il suo cuore, i suoi pensieri, il suo soffio. Il cielo in terra. L’acqua nel deserto. Il fuoco nel gelo della lontananza da Dio. Un collante che unisce le persone in un popolo libero, dove tutti sono re e nel quale a tutti sono donate “le fedeltà/ḥasdê” di Davide.
Gesù è il “servo” in cui YHWH/il Padre si compiace (cf. Is 42,1), l’Amato unigenito (cf. Gen 22,2), “legato” (cf. Gen 22,9) con “funi d’amore/‘ăbotôt ’ahăbāh” robustissime. Questa volta il Padre non lo risparmierà per sé (cf. Rm 8,32), ma lo donerà per vincere la morte dal di dentro della sua bocca vorace, smussando definitivamente il suo pungiglione avvelenato (cf. 1Cor 15,55). Lo Spirito Santo scende sul Figlio/servo, il Figlio-sorriso/Isacco. Il Figlio riceve il battesimo in acqua e in Spirito Santo. Come vero uomo ora è ben attrezzato per la sua missione.
Battezzerà la Sposa con lo Spirito Santo.
La feconderà con l’acqua infuocata dal cielo.
Sarà il Battesimo di Gesù: lo Sposo Amato immergerà in sé la Sposa, per renderla «tutta bella» (Ct 4,7; cf. 2Cor 11,2; Ap 21,2), bagnata di luce (cf. Ap 22,5).