Massimo Scandroglio è presbitero milanese, dottore in Scienze Bibliche, docente stabile di sacra Scrittura in importanti centri accademici della Lombardia (Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, Seminario di Milano, ISSR di Milano, Seminario di Como).
L’autore inserisce la sua opera in una collana ben conosciuta dai lettori e apprezzata per la documentazione sicura e affidabile, unita alla possibilità di veloce consultazione dell’esegesi di brani importanti dei libri biblici.
Geremia è uno dei libri profetici più amati perché riporta gli oracoli e le gesta di un profeta coinvolto in giovane età in un ministero profetico che sente gravoso e combattuto perfino dai propri familiari. Un profeta molto “umano”, che affronterà periodi di turbamento, di ribellione, d’angoscia, di dubbi e ripensamenti. Alcune sezioni più biografiche permettono di seguire il suo percorso di uomo, di credente e di profeta.
Geremia testimonia cosa comporti lasciarsi coinvolgere completamente dalla propria missione ricevuta da Dio, con onestà e fedeltà, fidandosi del Signore. Molto famose e struggenti le sue pagine che sono state definite Le Confessioni di Geremia.
Egli si troverà a suggerire al re di consegnarsi al nemico babilonese che stava per conquistare Gerusalemme, pur annunciando un futuro di salvezza, andando a comprare un campo in pieno periodo di turbolenza bellica. Per questo viene risparmiato dall’esilio, ma considerato un collaborazionista e, alla fine, costretto dai ribelli al governatore Godolia, lasciato a governare dagli occupanti babilonesi, a scendere in Egitto e a morire fuori della terra di Israele.
L’autore offre in prima battuta un’ampia introduzione alla figura e all’opera di uno dei profeti “maggiori”. Analizza poi la trasmissione del libro e la sua struttura (secondo il testo ebraico masoretico). Ne illustra l’origine e la propria proposta di lettura e di commento.
Come gli altri testi della collana di riferimento, l’autore studia alcuni dei brani più significativi del libro biblico esaminato. Alle principali linee esegetico-teologiche rinvenute nel testo, l’autore aggiunge alcune note di attualizzazione per la vita di fede del lettore.
I passaggi fatti sono quindi tre: lettura del testo biblico riportato, interpretazione, attualizzazione. In questo caso, nell’attualizzazione si presenta la debolezza quale luogo di profezia.
Vocazione, rîb profetico e discorso contro il tempio
Scandroglio esamina dapprima il racconto della vocazione di Geremia (Ger 1,4-19). Esso comprende la chiamata (vv. 4-10), le due visioni (vv. 11-16: il ramo di mandorlo e la pentola inclinata da settentrione), l’esortazione e la promessa (vv. 17-19: non avere paura, ti farò una colonna di ferro e un muro di bronzo di fronte a tutto il paese).
La disputa giuridica o rîb è un genere letterario ormai ben conosciuto dai lettori. Non si tratta di un giudizio forense di tipo triangolare, ma di una lite extragiudiziale fra due personaggi, in cui si cerca non tanto di stabilire la verità e di condannare il colpevole, quanto di recuperare la relazione di amicizia e di alleanza infrante (anche attraverso minacce, castighi, ecc.).
Ger 2,1-37 [2,1–4,4) presenta il rîb fra YHWH e Israele. Nell’interpretazione si esaminano la disputa tra YHWH e il suo popolo e le sue ragioni (2,1-13), e si denunciano la malvagità di Israele e la sua (auto-condanna) (2,14-22). Si accusa Israele di far fatica e riconoscere il proprio peccato (vv. 2,23-37).
Nell’attualizzazione si sottolineano le parole (e azioni) in vista della salvezza di Israele.
Molto famoso è anche il tremendo e coraggiosissimo oracolo contro il tempio (Ger 7,1–28 [7,1–28,3]).
Nell’interpretazione si studia l’attacco del profeta contro il tempio (vv. 1-15), avvertito come luogo di ascolto scontato da parte di YHWH e di salvezza garantita in partenza, dopo alcune invocazioni del nome del Signore di Israele, nonostante una condotta religiosa e morale malvagia. Al profeta viene vietata l’intercessione (vv. 16-20), di fronte a un’infedeltà ben radicata (vv. 21-28).
È scontato che, nell’attualizzazione, si sottolinei come il culto debba essere un’(auspicabile) espressione di fede.
Le “Confessioni” di Geremia e la vita del profeta come segno
Scandroglio si accosta alle famose Confessioni di Geremia esaminando da vicino due passi (Ger 15,10-21; 20,7-13) [cc. 11–20 *]). Nell’interpretazione si annota innanzitutto la sconsolata lamentazione sul ministero profetico (15,10-21), nella quale è presente il lamento per una sofferenza sentita come ingiusta (vv. 10-11). Segue un accenno esemplificativo al messaggio geremiano (vv. 12-14), al quale si uniscono la preghiera del profeta e la risposta di YHWH (vv. 15-21).
Ger 20,7-13 riporta la lamentazione e il ringraziamento circa il pericolo della morte. Si ricorda la situazione critica di partenza (vv. 7-9), la lamentazione (vv. 10.12) e il ringraziamento (vv. 11.13). Nell’attualizzazione si sottolinea il valore universale di un’esperienza come quella vissuta da Geremia.
Nel capitolo successivo della sua opera, l’esegeta esamina la vita del profeta come segno. Egli prende in esame Ger 16,1-13. Nell’interpretazione si annota che, nei vv. 1-4, si proibisce sorprendentemente (e drammaticamente) al profeta di intraprendere la vita coniugale. Lo si diffida inoltre a partecipare al lutto e ad ogni altra celebrazione pubblica (vv. 5-9). Si riporta una fondata motivazione per il castigo di Israele. L’attualizzazione sottolinea come la vita del profeta sia esistenzialmente una vivente provocazione.
Dio vasaio e i falsi profeti
Ger 18,1-12 presenta il profeta Geremia che si reca nel campo del vasaio. Nell’interpretazione si disanima l’esperienza simbolica fatta da Geremia (vv. 1-4). Il vasaio può distruggere e rifare a suo piacimento il vaso che sta formando e cuocendo, nel caso non gli sia riuscito bene. Nessuno può dire alcunché sull’operato del sapiente artigiano. I vv. 5-10 esprimono in positivo il senso promettente dell’esperienza simbolica. Il ministero profetico è (solo) potenzialmente fecondo (vv. 11-12). L’attualizzazione sottolinea il peso dell’umana libertà, in dialogo con la libertà di Dio (qui rappresentato simbolicamente dal vasaio).
Ger 23,9-32 contiene una feroce reprimenda di Geremia contro i falsi profeti. L’interpretazione evidenzia come i profeti (e i sacerdoti) siano sulla via della perdizione (vv. 9-12) e come Gerusalemme si trovi in una situazione peggiore di quella di Samaria, tanto odiata e avversata (vv. 13-15).
I falsi profeti annunciano una falsa promessa di pace (vv. 16-20), illudendo il popolo. Essi pronunciano una parola inefficace (vv. 21-22). YHWH possiede invece una onniveggenza (giudicante, vv. 23-24) e la parola divina possiede una potenza intrinseca inarrestabile (vv. 25-32). L’attualizzazione ricorda come anche oggi si sia alla disperata ricerca di una parola capace di verità, in un mare tempestoso ricolmo di fake news e di ideologie solleticanti solo alcuni sensi degli uomini, ma incapaci di colmare la sete di verità e di senso ultimo che sussiste sempre nell’uomo (e, in particolare, nei giovani).
“Il libretto della consolazione” e“ il Rotolo di Baruc”
Ger 30–31 è titolato da molti autori come Il libretto della consolazione.
Nel momento dell’interpretazione lo studioso fornisce dapprima alcune note sull’introduzione al libretto (vv. 1-3). I vv. 5-7 illustrano un tempo di angoscia mai visto prima. Israele è colpito da una ferita incurabile (vv. 12-15). Si annuncia tuttavia con sollievo che il castigatore è castigato e la piaga di Israele è risanata (vv. 16-17).
Ger 31,2-6.9b ricorda la primogenitura divina di Israele e la redenzione di Israele, prima fra le nazioni (vv. 7-9a). I vv. 15-17 dipingono il drammatico lamento e pentimento della matriarca Rachele, perché i suoi figli non sono più: sono uccisi o condotti in esilio. Al suo pianto segue il lamento e il pentimento del patriarca Efraim (vv. 18-20). I vv. 29-30 annunciano la verità liberante della retribuzione personale e i vv. 31-34 la nuova alleanza fra Dio e il suo popolo. Nell’attualizzazione si annota come la consolazione si realizzi non a poco prezzo.
Nell’ultimo capitolo della sua opera lo studioso analizza Ger 36, che riporta il Rotolo di Baruc. Egli è il segretario di Geremia.
Dopo aver riportato il testo, nell’interpretazione si parte con il primo rotolo: si tratta della redazione scritta della profezia di Geremia (vv. 1-4). Segue la lettura pubblica del rotolo da parte di Baruc di fronte al popolo e a tutti quelli di Giuda venuti da Giuda in città (vv. 5-10).
I vv. 11-13 riportano le conseguenze della lettura pubblica del rotolo: un certo Michea riporta ai capi di Giuda le parole udite da Baruc. Questi viene convocato dal «consiglio dei ministri» (vv. 14-20). Qui avviene la lettura del rotolo davanti al re e la sua distruzione, attuata in modo sprezzante: tagliato a pezzettini, venne bruciato dal re Ioiakìm (vv. 21-26).
YHWH ordina allora a Geremia di scrivere una seconda copia del rotolo, contenente minacce contro il re, la sua discendenza e l’intero regno di Giuda (vv. 27-32). L’attualizzazione proposta da Scandroglio sottolinea il fatto che si è di fronte a una Parola che non può essere imprigionata.
Nella Conclusione, lo studioso offre alcune note riguardanti la visione di Dio, l’identità di Israele e l’auto-coscienza del profeta.
La visione di Dio
«Geremia mostra di possedere una concezione piuttosto alta e marcata della signoria di YHWH sulla creazione (cf. 27,5) – afferma Scandroglio – e, quindi, sulla storia (cf. capp. 46-51, oracoli contro le nazioni). Una signoria, che è potere di giudizio nel senso biblico del termine (rivelazione e sconfitta del male), capace di castigare (cf. ad es. 20,1-6, il giudizio del sacerdote-capo Pascur; 22,10-12.13-19.20-30, oracoli contro i re di Giuda; 28,15-16[17], minaccia contro Anania, capo dei profeti di corte; 29,24-32, profezia contro Semaià, falso profeta) e, quindi, anche di salvare (cf. ad es. 39,15-18, oracolo per l’etiope Ebed-Mèlec; 45,1-5, parola di consolazione per Baruc). Il Signore mette in campo tutto il suo potere per condannare il peccato e redimere – se possibile – il peccatore; e per restituire, così, l’uomo alla sua dignità originaria» (p. 183).
La signoria di YHWH si manifesta al tempo di Geremia nella scelta di Babilonia come strumento di castigo per tutta la terra e, in particolare, per Israele.
La signoria di YHWH si fonda sulla sua onniscienza, più volte ricordata. In tal modo, la malvagità viene punita e la giustizia ristabilita.
Il Dio di Geremia è fortemente geloso del suo popolo e questo spiega la fiera battaglia del profeta contro l’idolatria. Geremia predica che Israele deve abbandonare gli idoli per rivolgersi nuovamente a YHWH, riconoscendone la sovranità. Il riconoscimento non passa da atti religiosi, ma da un vissuto fedele all’insegnamento di YHWH.
L’identità di Israele
«Nella prospettiva teologica di Geremia – annota lo studioso –, Israele, in quanto popolo dell’elezione, chiamato all’alleanza con YHWH, si caratterizza come una comunità guidata, anzi plasmata dalla sua mano (cf. in part. 18,1-12, Geremia nella bottega del vasaio). L’elezione, infatti, non si riduce ad una chiamata fine a sé stessa, ma ad una vera e propria vocazione in vista di una missione, che implica l’abilitazione del destinatario, la sua radicale trasformazione. Il popolo, in virtù dell’elezione ricevuta, è a tutti gli effetti una “creatura nuova” (cf. anche 2Cor 5,17)» (p. 186).
All’occorrenza, questa comunità, può essere anche castigata, ma il castigo ha sempre una valenza pedagogica: dura per un tempo definito e mira alla conversione del peccatore. Il tempo dell’esilio è ben determinato anche dal punto di vista cronologico (la profezia dei “settant’anni”). Il percorso di conversione è complesso e la punizione è dura, perché il peccato è profondamente radicato nell’intimo, nella caparbietà del cuore.
Sede del discernimento e della libertà, il cuore, nella sua durezza, mostra l’incapacità di ascolto e di obbedienza nei confronti di Dio e della sua volontà. Il cuore sarà oggetto privilegiato della futura azione salvifica di YHWH, con la stipulazione di un’alleanza nuova, fondata sull’iscrizione della legge nel cuore di Israele. In tal modo essa non è percepita come un’imposizione dall’esterno, ma un dono che corrisponde al vero bene di colui che lo riceve. Si tratta di un «cuore circonciso» (cf. 4,4).
Il tempo e le energie impiegate da YHWH hanno come scopo quello di far vivere a Israele come comunità la sua vocazione particolare, quella di essere la sposa del suo Signore. La speranza di YHWH non sarà smentita e la sua volontà salvifica si realizzerà nel ritorno di Israele dall’esilio.
L’autocoscienza del profeta
Il c. 1 ha già illustrato l’autocoscienza del profeta, con il racconto della sua vocazione.
«Già nel capitolo di apertura del libro, dedicato alla presentazione della sua vocazione – ricorda Scandroglio –, è possibile ritrovare i tratti essenziali dell’identità profetica di Geremia. Il profeta si caratterizza come un soggetto, che, al netto di tutte le sue fragilità e di tutti i suoi limiti […], è intimamente unito a Dio […], a lui appartiene […], da lui è stato scelto per grazia […], in vista della missione profetica (“… ti ho stabilito profeta delle nazioni”, v. 5b): essere, cioè, mediatore della parola di Dio (“Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca”, v.9b) e compartecipe della sua stessa signoria (“Vedi, oggi ti do autorità sopra le nazioni e sopra i regni…”, v. 10a)» (p. 189).
«Con la sua predicazione, fatta di parole e di azioni – più ancora: con la sua stessa vita –, il profeta è investito della missione di essere mediatore della presenza e dell’opera di Dio nella storia, mediante la custodia e la trasmissione della sua Parola efficace (“… per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare”, v. 10b; cf. anche v. 16; 23,28-29)» (p. 190).
Il profeta ha una drammatica relazione con Dio. Questo emerge dalle sue Confessioni. Il profeta si trova a vivere una crisi nel ministero, dovendo scontrarsi col popolo e con le sue autorità.
«Emblematici a questo riguardo – scrive lo studioso – sono gli alterchi con i sovrani (in primis, Ioiakìm e Sedecia) e con i funzionari di corte (cf. capp. 21-24; 34-38), con i falsi profeti (cf. ad es. 23,9-40, il Libretto contro i falsi profeti; cap. 28, alterco con il profeta Anania; e anche capp. 26-27.29), con il popolo, addirittura con i suoi stessi amici e familiari (cf. ad es. 11,18-23, fallito attentato contro Geremia; e anche 15,10.15; 18,18; 20,7-8.10), spesso a motivo di una predicazione fatta di sola condanna, senza apparente consistenza storica (almeno all’inizio della carriera profetica di Geremia; cf. 17,15; contra 1,11-14)» (ivi).
A Geremia viene persino imposto di non intercedere per il popolo, e la crisi di ministero diventa crisi di fede nei confronti di Dio, sentito come un torrente infido, dalle acque incostanti. Tutto ciò porta Geremia ad auto-maledire il giorno della sua nascita. Geremia, comunque, affida la sua causa a Dio, senza voler maledire personalmente i suoi nemici. «In questo modo – annota l’autore – il travagliato cammino di fede e di ministero di Geremia diventa motivo di consolazione per tutti coloro che vivono la relazione con Dio in modo autentico; e, quindi, per forza di cose, anche un po’ tormentato (cf. anche Mc 14,32-42, l’“agonia” di Gesù al Getsemani) (p. 191).
La figura di Geremia è particolare perché tutto il suo corpo e la sua persona sono chiamati a diventare “Parola”. La vita di Geremia, in tutte le sue dimensioni, diventa luogo di rivelazione. Dalla bocca, la parola di Dio entra nel corpo di Geremia, nutrendolo e trasformandolo nel profondo, facendolo diventare parola vivente (si pensi al comando del celibato).
Per una parziale visione d’insieme, riportiamo le ultime parole del commento di Scandroglio al libro e alla figura del profeta Geremia.
«Nel complesso la Parola consegnata a Geremia si configura come un messaggio di consolazione (cf. in part. capp. 30-31), capace di superare il dramma della fine (cf. in part. capp. 32-33). Nel contesto drammatico dell’invasione babilonese e della fine ormai imminente, la figura di Geremia si presenta, in un primo momento, come appello estremo (e inascoltato) alla conversione, prima che l’inevitabile si compia; in un secondo momento, come invito (non disperato, ma fondato sulla fede) ad accettare il giudizio di Dio sulla nazione e a rinnovare l’affidamento alla sua potenza di salvezza (cf. in part. cap. 32, compravendita del campo alla vigilia della caduta di Gerusalemme). In questo modo, la parola e la persona di Geremia divengono lo strumento vivente ispirato, per permettere ad una nazione in preda alla morte di ritrovare in modo del tutto inatteso e immeritato la via della redenzione e della vita» (p. 192).
La bibliografia (pp. 193-195: Introduzioni ai libri profetici; 2. Introduzioni a Geremia; 3. Commentari a Geremia; 4. Studi su Geremia¸5. Meditazioni su Geremia) conclude il volume di Scandroglio, che si offre come una guida preziosa alla lettura di un profeta molto amato e vicino alle corde del cuore del lettore. La sua vita, tutta posta al servizio della Parola, si offre anche oggi come un vivido esempio di chi vuol essere discepolo di un Dio, rivelatosi in pienezza in Gesù, che desidera ardentemente di essere sempre unito alla sua sposa, ripresa sempre con immenso amore anche dopo pericolosi sbandamenti mortali.
- MASSIMO SCANDROGLIO, Geremia. Introduzione e commento (Dabar – Logos – Parola; Lectio Divina Popolare – Antico Testamento), Edizioni Messaggero, Padova 2024, pp. 200, € 12,00, ISBN 978-88-250-3181-2.