Il professore straordinario di Esegesi del Nuovo Testamento e Teologia Biblica nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce di Roma (Foggia 1961- ) ha approntato un manuale introduttivo ai Vangeli sinottici e agli Atti degli Apostoli pensato innanzitutto per l’insegnamento negli ambienti teologici accademici. Esso tende all’esaustività e alla sistematicità nell’esposizione degli argomenti. Ne diamo conto sinteticamente in questa segnalazione.
Questioni introduttive
La Parte Prima (pp. 23-102) è dedicata all’Introduzione generale. Essa comprende la presentazione degli aspetti della critica storica dei Vangeli. Abbraccia perciò l’itinerario di ricerca dell’identità di Gesù di Nazaret, passando dal periodo precritico a quello critico, dalla prima alla seconda fase della ricerca nel 1900.
Gli sviluppi nel periodo postconciliare mostrano la comprensione ecclesiale dei Vangeli negli insegnamenti magisteriali e il pluralismo metodologico.
De Virgilio presenta quindi gli aspetti del fenomeno letterario dei Vangeli. Essi comprendono la natura dei Vangeli sinottici quanto alla terminologia, al genere letterario e all’impianto narrativo unitario. Viene quindi affrontata la “questione sinottica” e la sua incidenza nella riflessione letteraria e teologica. L’autore illustra l’ipotesi delle “due fonti” insieme a quelle alternative e al dato letterario del Vangelo di Tommaso.
Molto importante è ricostruire la formazione ecclesiale della tradizione evangelica. Essa si snoda fra oralità e scrittura, memoria, tradizione e vita ecclesiale. È una tradizione ecclesiale incentrata su Gesù. Viene discusso, infine, il tema del valore storico dei Vangeli, esaminando il concetto di “storicità”, la “gesuanicità” dei Vangeli e l’ausilio della criteriologia. La trattazione è conclusa con l’illustrazione di Gesù di Nazaret come “fondamento” della teologia sinottica.
Dalla sequela messianica si passa al kerigma pasquale. Ciò che era implicito nel messaggio di Gesù diventa esplicito nel kerigma. Una cristologia è possibile solo conoscendo e accedendo al Gesù storico attraverso i Vangeli e la loro teologia.
La Storia della Tradizione ha distinto tre livelli: quello di Gesù, quello della comunità primitiva e quello degli evangelisti.
Il primo riguarda l’insegnamento, le opere e il comportamento di Gesù nella prospettiva della sua missione terrena compiutasi nella Pasqua.
Il secondo appartiene alla comunità primitiva post-pasquale. L’ambiente della predicazione apostolica ed ecclesiale si è diversificato radicalmente nei diversi contesti culturali (ebraico, ellenistico, romano), reinterpretando e approfondendo alla luce della risurrezione la vera identità di Gesù e della sua vita terrena. La predicazione primitiva è la prima comprensione teologica della vita di Gesù e attualizzazione del suo messaggio. L’opera giovannea rappresenta un approfondimento della tradizione sinottica. La Storia delle Forme si colloca in questa fase della ricerca, mostrando come i Vangeli siano lo specchio della predicazione e della vita della Chiesa.
Il terzo livello è costituito dalla redazione dei Vangeli, dalla storia narrativa alla sua configurazione redazionale e storiografica (cf. Lc 1,1-4), analizzato dalla Storia della Redazione.
«Lo studio dei vangeli nella sua forma attuale (struttura, unità, teologia) – conclude De Virgilio – consente di valutare nell’evento raccontato la continuità organica che va da Gesù al testo, indicando criticamente la rilettura teologica insita nell’attività redazionale dei singoli evangelisti, che raccolgono nelle parole e nelle azioni di Gesù secondo l’interpretazione apostolica il deposito della fede» (p. 99).
I Vangeli sinottici
La Parte Seconda (pp. 103-182), la Parte Terza (pp. 183-278) e la Parte Quarta (pp. 279-382) sono dedicate alla presentazione dei diversi Vangeli sinottici (Marco, Matteo, Luca). Di ciascuno di essi vengono illustrati la composizione letteraria (vocabolario, stile, cornice, disposizione – chiamata comunemente struttura letteraria –, intreccio narrativo), il contesto storico-ecclesiale (ambiente ecclesiale, autore, luogo e data di composizione) e il messaggio teologico. Per ciascuno di essi vengono presentati cinque saggi esegetici.
Marco
Il criterio-guida della teologia marciana risiede, secondo De Virgilio, nella sua “cristologia epifanica” e nella sua applicazione catechetico-pedagogica. I due poli della cristologia sono il processo di rivelazione e di riconoscimento di Gesù come “messia sofferente” e la dinamica della proclamazione del Regno e del conseguente discepolato.
I quattro temi costitutivi dell’impianto teologico di Marco esaminati da De Virgilio sono: 1) Mistero e rivelazione del Messia sofferente; 2) Credere al vangelo; 3) La proclamazione del Regno; 4) Il discepolato e la nuova famiglia di Gesù.
I saggi esegetici sono: 1) La parabola del seme e dei quattro terreni (4,1-20); 2) Talità Kum (5,21-43); 3) La guarigione di Bartimeo (10, 46-52); 4) La parabola dei vignaioli omicidi (12,1-12); 5) La tomba vuota (16,1-8).
Matteo
La disposizione del Vangelo di Matteo individuata dallo studioso è la seguente: Prologo: Vangelo dell’infanzia (1,1–2,23); L’annuncio del Regno (3,1–7,29); Il ministero in Galilea (8,1–11,1); I misteri del Regno (11,2–13,52); Il discepolato (13,53–18,35); Il ministero in Giudea e a Gerusalemme (19,1–25,46), Epilogo: racconti di passione e risurrezione (26,1–28,20).
I motivi dell’intreccio narrativo, collegati alla figura di Gesù nello sfondo della “storia della salvezza” sono così tematizzati da De Virgilio: La fede operosa tra beatitudine e benedizione; La realtà di Israele e la Chiesa; La giustizia e la proclamazione del Regno.
Il messaggio teologico di Matteo è organizzato attorno a quattro motivi: Gesù Cristo maestro e l’annuncio del Regno; la comunità dei credenti e lo stile della fraternità; radicalità evangelica e istanza etica; l’esercizio della responsabilità ecclesiale in attesa del compimento finale.
I cinque saggi esegetici presentati sono: Le beatitudini (5,1-12); La provvidenza divina (6,19-34); La parabola del grano e della zizzania (13,-24-30); Il discorso ecclesiale (18,1-35); Il racconto della passione e l’istituzione dell’eucaristia (Mt 26– 27): un quadro teologico.
Luca
La disposizione del Vangelo di Luca è così tratteggiata: Introduzione: le origini di Gesù (1,1–2,52); I prodromi della missione (3,1–4,13); Il ministero pubblico in Galilea (4,14–9,50); Il cammino verso Gerusalemme (9,51–19,28) – scandito dallo studioso in sei tappe; Il ministero pubblico a Gerusalemme (19,29–24 53).
L’intreccio narrativo, centrato sulla figura di Gesù “profeta e salvatore”, si declina secondo due traiettorie: la dialettica “storico-temporale” della salvezza universale (traiettoria temporale); il cammino di Gesù e l’evangelizzazione (traiettoria spaziale).
Presentando distintamente i due volumi dell’opera lucana, De Virgilio individua nel Vangelo di Luca quattro motivi principali del suo messaggio teologico: La missione profetica di Gesù di Nazaret; L’universalismo della salvezza; Parola di Dio e sequela di Cristo; L’impegno cristiano tra “presente storico” e “futuro escatologico”.
I saggi esegetici sono: L’annunciazione a Maria (1,26-38); La peccatrice perdonata (7,36-50); La Trasfigurazione (9,28-36); Il primato dell’amore e il buon samaritano (10,25-37); I discepoli di Emmaus (24,13-35).
Atti degli Apostoli
La Parte Quinta del volume (pp. 385-516) è dedicata agli Atti degli Apostoli. Dapprima lo studioso tratteggia la tradizione testuale, la composizione letteraria e il contesto storico-ecclesiale. Circa la tradizione testuale, De Virgilio è del parere di individuare nella versione alessandrina il testo originale, lasciando aperta la possibilità che alcune lezioni conservate nei codici appartenenti alla tradizione antiochena siano originali.
Il progetto narrativo intreccia tre generi letterari principali: racconti, discorsi e sommari. La disposizione rinvenuta è così presentata: Prologo (1,1-5); La Chiesa di Gerusalemme (1,6–5,42); Da Gerusalemme ad Antiochia: gli evangelizzatori (6,1–12,24); Paolo e l’evangelizzazione delle genti (13,1–21,16); Paolo prigioniero e martire 21,17–28,29); Epilogo (28,30-31).
La ricerca attuale recupera la “storicità” degli Atti, in cui l’autore lucano unisce le istanze teologiche con quelle storiche del suo racconto. Diversi studiosi difendono, in questa prospettiva, il carattere storico del libro degli Atti pur coniugandolo con la sua intenzione teologico-parenetica.
Interessi lucani
Gli interessi lucani sono molteplici. Luca vuol far conoscere la novità salvifica del messaggio cristiano che si innesta nell’antica tradizione di Israele e, allo stesso tempo, si apre al mondo pagano; i rapporti tra i cristiani e le autorità civili romane sono improntati alla benevolenza e alla concordia: si vuol persuadere i destinatari che il movimento cristiano è politicamente e socialmente legittimo e depositario dei diritti di cittadinanza (cf. carattere “apologetico” di alcuni discorsi e della stessa figura di Paolo).
Un’istanza propriamente teologica riguarda una triplice questione, rapportata alla visione cristologico-soteriologica, ecclesiologica ed escatologica dell’opera.
La prima questione è legata all’identità del giudaismo: elezione di Israele di fronte al messaggio cristologico e all’annuncio della salvezza universale; la seconda comprende «l’identità della Chiesa come nuovo popolo di Dio e l’accoglienza dei pagani che entrano a far parte delle comunità con il loro bagaglio storico-culturale» (p. 412); la terza è collegata con l’attesa escatologica e il ritardo della parusia del Signore. A tale scopo – secondo alcuni studiosi – l’autore di At avrebbe orientato il racconto della Chiesa primitiva insistendo sul valore storico-salvifico e universalistico, piuttosto che sull’attesa escatologica. De Virgilio ritiene non difendibile e non corrispondente al testo biblico l’ipotesi che il ritardo della parusia abbia reso necessaria la “de-escatologizzazione” del cristianesimo.
Secondo lo studioso, l’intento dell’autore «consiste nel dimostrare come il “disegno di Dio” si realizza nel segno della continuità e della fedeltà con le promesse messianiche anticotestamentarie. La continuità è di natura spaziale, avendo come perno narrativo la città di Gerusalemme, e di natura temporale, basandosi sulla persona e sulla missione di Gesù di Nazaret» (pp. 412-413).
Gli apostoli e Paolo proseguono in sintonia l’opera di predicazione verso il mondo pagano. Paolo è «garante principale della continuità storico-salvifica. Egli incarna la discontinuità nella continuità e viceversa» (p. 413, cit. di Rossé). «La rottura con il mondo giudaico non interrompe la storia della salvezza – afferma De Virgilio – ma deve spingere la comunità cristiana a proseguire la sua missione aprendosi alla prospettiva universale dell’evangelizzazione» (ivi).
Intreccio narrativo
L’intreccio narrativo di At fa trasparire l’arte narrativa del suo autore. Tre sono, secondo De Virgilio, i principali motivi che ispirano l’intreccio.
Il primo motivo è dato dal fatto che protagonista del libro degli Atti è lo Spirito Santo, che fermenta la missione degli apostoli.
Il secondo è determinato dallo sviluppo della comunità in cammino da Gerusalemme a Roma. Il doppio effetto è un processo irreversibile: la crescita della comunità cristiana con l’accesso anche dei credenti provenienti dal mondo pagano e il dovere dell’annuncio missionario ribadito in modo costante. L’espansione della comunità è contrassegnata da conversioni, confronti, discussioni e situazioni di persecuzione. Il parallelismo narrativo tra Gesù e Paolo pone a confronto il racconto evangelico e la vicenda degli Atti.
Le città di Gerusalemme e di Roma segnano la continuità dell’azione salvifica di Dio, che include il mondo giudaico e quello pagano. Roma diventa il simbolo di “crocevia delle nazioni”. Gerusalemme è il luogo delle origini, garante dell’inviolabile fedeltà di Dio verso il suo popolo. Roma simboleggia invece l’avvenire nel quale si realizzerà l’antica promessa della salvezza offerta a tutte le nazioni.
Il terzo motivo ruota attorno alle due figure prevalenti del racconto: Pietro e Paolo. Essi rappresentano la duplice prospettiva lucana dell’evangelizzazione, che è rivolta ai giudei e ai gentili. Secondo De Virgilio essi rappresentano due “mondi” complementari (l’istanza del mondo giudaico il primo, le esigenze mondo etnico, il secondo), che convergono in una sintesi spirituale, che li configura al mistero di Cristo.
Il racconto degli Atti, «coniugando la dimensione storica con quella teologica di Luca, propone ai suoi destinatari un’interpretazione della Chiesa missionaria che annuncia e testimonia la salvezza universale, fedele al mandato del Risorto e aperta al dialogo con il mondo pagano, senza mai perdere di vista la tradizione giudaica» (p. 421).
L’autore di Atti è il medesimo del Vangelo. Vanno notati il punto di vista particolare della presentazione di Paolo e il tema delle “sezioni-noi”.
Luca non riproduce l’immagine che Paolo dava di sé nelle sue lettere, ma in Atti c’è una «sostanziale convergenza con l’epistolario paolino. Rimane aperta la questione delle tradizioni cui l’autore lucano ha attinto, l’approccio ermeneutico e il metodo con cui ha inteso riassumere i tratti della figura paolina» (p. 423).
Circa le “sezioni-noi”, De Virgilio afferma che occorre individuare una soluzione mediana soddisfacente fra l’ipotesi che esse siano un puro mezzo stilistico e quella che le vedrebbe come utilizzazione di racconti propri o appunti di Luca.
Composto non molto dopo il Vangelo, Atti vedrebbe la luce in un ambiente cristiano misto di credenti giudei e ellenisti, probabilmente in Asia Minore (a Efeso, o, più probabilmente, ad Antiochia di Siria). Se il Vangelo non può essere collocato prima del 70, Atti potrebbe essere stato composto poco dopo, tra l’80 e il ’90.
Messaggio teologico
Il messaggio teologico di Atti è riassunto da De Virgilio in quattro motivi (pp. 426ss): 1) Il senso teologico della storia guidata dallo Spirito Santo; 2) La Chiesa “mariana” e la via della missione; 3) Centralità e ministerialità della Parola; 4) La credibilità della testimonianza universale e i popoli pagani.
Lo studioso sottolinea in modo particolare il secondo motivo teologico. La centralità della Parola, presentata in Atti come una realtà personale e autonoma, efficace e misteriosa (viene ascoltata, accolta, cresce e si diffonde, cresce e si rafforza, non può essere trascurata, è creduta, viene glorificata, è annunciata con franchezza nel dono dello Spirito, ha una funzione escatologico-giudiziaria quale strumento di giudizio mortale, cf. 5,5).
Il ministero della Parola indica il processo dell’azione salvifica realizzata da Dio in Cristo, nella missione universale affidata alla comunità cristiana. Essa si dispiega secondo cinque sviluppi (cf. pp. 435-436): 1) Lo sviluppo storico fondato sulle promesse di Dio al suo popolo, compiute in Cristo ed estendentisi al mondo mediante la missione della Chiesa; 2) Lo sviluppo missionario, che conferisce al “servizio della Parola” una valenza universalistica; 3) Lo sviluppo ecclesiologico, che si attua mediante l’esperienza itinerante della comunità (protagonista della missione in Atti è Cristo-Parola); 4) Lo sviluppo pneumatologico, in quanto sussiste un legame essenziale tra lo Spirito e la missione-annuncio che evidenzia il ruolo del “cammino della Parola” come “cammino dello e nello Spirito”. Questi è all’origine dei ministeri dell’annuncio; 5) Lo sviluppo carismatico-spirituale rappresenta una realtà in atto nell’ambito della comunità evangelizzante, alla cui origine va collocata l’azione dello Spirito Santo.
La ministerialità della Parola, il «“servizio della Parola” si espleta storicamente e si configura ecclesialmente mediante diversi ministeri ecclesiali riguardanti la guida delle comunità, l’evangelizzazione e l’insegnamento» (p. 437). Alcune figure di donne e di famiglie sono parte dell’identità ecclesiale e della sua missione.
Il terzo motivo teologico sottolineato da De Virgilio è la credibilità della testimonianza universale. La testimonianza cristiana ha un valore generativo. Citando l’esegeta R. Penna, De Virgilio menziona una triplice tipologia della missione ecclesiale.
La prima e la più antica è quella dei predicatori itineranti, sull’esempio di Gesù e della comunità pre-pasquale.
La seconda prende le mosse dalla comunità di Antiochia di Siria e consiste nell’evangelizzazione dei gentili (o “greci”).
La terza è rappresentata dai missionari giudeo-cristiani che si introducevano in comunità ecclesiali già esistenti per correggere l’interpretazione falsa – secondo loro – del vangelo. L’epistolario paolino li presenta come avversari di Paolo, polemici contro la sua apertura ai pagani e sostenitori del primato della legge mosaica e della sua applicazione normativa.
Nel cristianesimo primitivo ci sono problematiche e tensioni. Luca sottolinea comunque la continuità della storia della salvezza, affermando che in Cristo «ogni carne vedrà la salvezza di Dio» (Lc 3,4-6 cf. Is 40,3-5).
Il Vangelo si chiude con la necessità che la salvezza sia predicata a tutte le genti. Questo è il compito affidato dal Risorto agli Undici all’inizio di Atti, che si chiudono con le parole di Paolo a Roma: «Sia noto a tutti voi che questa salvezza di Dio fu inviata alle nazioni ed esse ascolteranno»! (At 28,28).
La testimonianza del vangelo coinvolge per il compianto esegeta V. Fusco un rapporto “tripolare”: Israele, la Chiesa, e i popoli pagani. L’evangelista interpretò teologicamente gli eventi della seconda metà del I secolo: la distruzione di Gerusalemme e del suo tempio, la diaspora ebraica e la diffusione del vangelo nei territori dell’impero romano.
«Attraverso le figure degli apostoli, dei loro collaboratori e delle comunità ecclesiali – conclude De Virgilio –, Luca offre la sua interpretazione teologica dell’identità e della missione della Chiesa, esortando ogni lettore ad un impegno personale che renda credibile e attuale il “Vangelo della salvezza”» (p. 441).
I cinque saggi esegetici vertono sui seguenti brani: 1) Prologo, ascensione, comunità apostolica (1,1-14); 2) La Pentecoste e il discorso di Pietro (2,1-41); 3) L’evento di Damasco (9,1-19); 4) Pietro e Cornelio (10.1-48–11,1-18); 5) Il discorso di Paolo agli anziani di Efeso (20,17-38).
Nella Conclusione (pp. 517-518), l’autore sottolinea la figura di Maria come aiuto a rileggere con spirito orante – come quello presente nel Magnificat – le narrazioni evangeliche e il racconto della missione post-pasquale degli apostoli. Ella risponde al dono di Dio affermando con fede piena la centralità di Dio nella sua vita. «È in Maria che il vangelo prende forma – conclude De Virgilio –. È in lei, che ogni persona può ritrovare la strada, ricevere conforto, sentire la consolazione, aprirsi alla comunione, praticare la carità, attendere con fiducia l’incontro con il Signore crocifisso e risorto, che porta a compimento la salvezza» (p. 518).
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Chiudono il volume numerose Appendici (pp. 519-562): Cartine della Terra Santa; Cartine dei viaggi missionari secondo il racconto degli Atti degli Apostoli; Cronologia I sec. a.C. – II d.C. con la successione degli imperatori e dei prefetti e governatori; Schema storico-letterario per lo studio dei Vangeli. Approcci e metodi; Luoghi di provenienza delle fonti dei Vangeli; Ipotesi di ricostruzione della fonte “Q”; Il papiro Bodmer (P75); Termini e nomi aramaici conservati nei Vangeli; Tabella dei miracoli di Gesù nei Vangeli; Quadro sinottico delle parabole nei Vangeli; Elenco citazioni dell’Antico Testamento nei Vangeli sinottici e negli Atti degli Apostoli; Confronto sinottico delle citazioni esplicite precedute da formula di introduzione tra Luca e Mt/Mc; I racconti della passione. Tavola sinottica.
Alle Appendici segue la Bibliografia (pp. 563-578) e l’Indice dei nomi (pp. 579-584).
Il volume si raccomanda per la vastità delle informazioni e delle riflessioni offerte, la chiarezza del linguaggio semplice e didattico, il ricco dialogo scientifico con gli autori citati, la posizione prudente ed equilibrata nelle conclusioni.
- GIUSEPPE DE VIRGILIO, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli. Tradizione, Redazione, Esegesi, Teologia. Prefazione di Bernardo Estrada, Edizioni Santa Croce, Roma 2021, pp. 588, € 40,00, ISBN 9788883339554.