L’esegeta francese assunzionista è stato docente a Tolosa e ha risieduto per dodici anni a Gerusalemme come superiore della comunità ospitata nello splendido sito di San Pietro in Gallicantu, sempre impegnato nell’insegnamento e nella formazione permanente.
Il volume è la traduzione del n. 162 dei prestigiosi Cahiers Évangile, edito nel 2012. Il tema della terra è esaminato in sei capitoli a partire dalla notazione come l’esilio babilonese (587-538 a.C.) sia stato per Israele un crogiolo non solo di sofferenza per la lontananza dalla propria terra, ma anche il tempo fecondo di composizione di tante pagine che poi sono entrate a formare il testo biblico. La terra è quindi esaminata nel sua accezione generale, come universo donato da Dio all’uomo per la sua custodia e la sua coltivazione. Una porzione di terra è stata promessa ai patriarchi e alla loro discendenza, perché vi potessero abitare in pace, sapendo che anche altri popoli già vi abitavano. Era un segno di alleanza che YHWH dava al suo popolo. Una terra che è stata violentata dal peccato di idolatria e di infedeltà da parte di Israele, e per questo, come denunciato dai profeti, ha visto la maggioranza dei suoi figli costretti all’esilio babilonese.
I salmi hanno lodato la terra in molte sfaccettature. Struggente il Salmo 137, che esprime tutta la tragedia spirituale e la nostalgia per il paese lontano dal luogo dell’esilio, dove non si possono cantare i canti di Sion richiesti dall’oppressore.
Gesù ha vissuto e amato la sua terra e i cristiani venerano i luoghi della storia della salvezza con la vita di comunità e con i pellegrinaggi. Gesù ha però desacralizzato la terra con l’annuncio del Regno e delle Beatitudini, vivendo le quali è possibile vivere da figli di Dio in ogni parte del mondo. L’autore è ben consapevole dell’esplosività del tema della terra contesa, ma non si dilunga in molte considerazioni teologiche di attinenza geopolitica. Egli si limita praticamente alla teologia biblica della terra indicata da YHWH al suo popolo, senza addentrarsi a lungo nell’attualità e nel significato teologico del permanere di Israele nel paese loro promesso, tenendo presente la necessità della convivenza pacifica con un altro popolo (molto interessanti su questo tema teologico sono alcune pagine di p. Francesco Rossi De Gasperis, pubblicate da EDB). Molto interessante e intrigante la lista delle ventinove sfaccettature che la terra in generale e la terra di Israele hanno assunto nella storia (pp. 123-124). Una lista che speriamo porti l’ottantaquattrenne autore a comporre un altro libro seguendo da vicino proprio questo schema di sceneggiatura.
Marchadour Alain, «La terra che io ti indicherò». Teologia e storia della terra promessa, collana «Temi biblici» 10, EDB, Bologna 2017, pp. 136, € 18,00.
I cinque libri del Salterio sembrano essere una risposta che il popolo credente di Israele dona al proprio Signore di rimando alla Parola di rivelazione attestata nei cinque libri del Pentateuco, la Torah. «Nasce così il dialogo tra Dio e l’uomo. Parola di Dio e parola dell’uomo si incontrano, la prima incarnandosi, la seconda divinizzandosi» (p. 8). I salmi rispecchiano, infatti, tutta la vita dell’uomo, nelle sue sfaccettature più svariate, e le porta innanzi a Dio nella preghiera. Nel salterio viene in tal modo a confluire un’iridescenza di sentimenti e di situazioni che fanno dei salmi lo specchio dell’uomo e la parola adatta, ispirata da Dio stesso, per esprimere con fede il proprio animo personale e quello comunitario nel mondo di oggi. Sono sapienza di vita e luce del cammino. I salmi sono come la nervatura della foglia che sostengono e alimentano la vita, senza mai poterla esaurire. Essi sono «lo specchio di coloro che cercano Dio con cuore sincero nell’interno della loro storia» (p. 9).
Ravasi esamina brevemente trenta delle centocinquanta liriche che compongono il Salterio. Vi dominano il lamento e la supplica per lo scandalo del dolore personale e comunitario, ma la speranza e la gioia sgorgano insieme in ringraziamento per l’agire fedele di YHWH del quale non si dubita mai un momento. La fede fa sì che il dolore non diventi mai disperazione. Supplica e ringraziamento vanno sempre insieme, anche se il lamento prevale, come spesso accade nella vita di ogni uomo.
Alla preghiera di entusiasmo si unisce quella dell’adorazione pura, che sboccia negli inni del regno di Dio, gli inni di Sion, gli inni con cui si canta la bellezza dell’universo, la storia di liberazione del popolo dalla schiavitù, ripetendo incessantemente: «Eterno è il suo amore». I salmi diventano in tal modo l’ossatura portante della liturgia ebraica e cristiana, radicandosi nella vita e portando a Dio la vita quotidiana, senza scadere nella magia o nella farsa. Il culto e la preghiera esigono e spingono verso una vita eticamente impegnata nella giustizia e nella pace. I salmi storici si aprono alla speranza della venuta del messia, atteso con struggimento interiore. Luce ai passi dell’uomo credente di ogni tempo è sempre la Legge, l’istruzione di YHWH. Ad essa è dedicato il monumentale Salmo 119. Se si legge, si ascolta Dio; se si prega, si parla a lui. I salmi aiutano il credente nel movimento a pendolo che scandisce la sua vita.
Un bel libretto, scritto come sempre con brillantezza di dettato, che può accompagnare tutti nella comprensione anche dei salmi più «difficili». La traduzione è quella ufficiale liturgica della CEI 2008.
Gianfranco Ravasi, Pregare con i Salmi. Nuova edizione, collana «Lapislazzuli», EDB, Bologna 2017, pp. 208, € 14,50.