Le competenze della docente di antropologia culturale e quella del professore emerito di storia del cristianesimo si uniscono per analizzare la lavanda dei piedi raccontata dal Vangelo di Giovanni (Gv 13). Gesto riservato agli schiavi/e o alle donne, esso non va considerato tanto (o solo) come un gesto di umiltà ma quale gesto di inversione sociale di natura eversiva. Compiuto da Gesù non all’inizio ma durante la cena, è un gesto fuori luogo e fuori tempo con il quale egli assume il ruolo dello schiavo per raggiungere l’insegnamento che non poteva dare in altro modo. Lo schiavo poteva rappresentare e sostituire il suo padrone, mentre per il discepolo questo non è possibile nei confronti del suo maestro.
Gv 13–17 sono un processo iniziatico in cui i discepoli sono immessi progressivamente in un progetto utopico di comunità nuova dove i ruoli socialmente imperanti e strutturanti la società greco-romana vengono denunciati e sovvertiti attraverso una gestualità che denunzia i ruoli oppressivi dei padroni e intende costruire un rapporto paritario in una comunità chiamata nel suo insieme ad assimilare profondamente gli insegnamenti del suo maestro.
Alla gestualità di Gesù segue, infatti, un’istruzione con la quale il maestro trasmette ai discepoli il messaggio iniziatico riguardante il fatto che, dove va Gesù, al momento non possono andare i discepoli e, dopo la spiegazione del gesto, la consegna del comandamento nuovo dell’amore reciproco.
Per i due autori non si può e non deve legge il vangelo astraendo dalle realtà materiali delle condizioni sociali a cui si fa riferimento, pena una lettura spiritualistica molte volte fuorviante e comunque monca di un apporto molto valido offerto dalle scienze sociali.
Adriana Destro – Mauro Pesce, La lavanda dei piedi. Significati eversivi di un gesto, collana «Lampi», EDB, Bologna 2017, pp. 112, € 10,00.