Un gruppo di tredici studiosi francofoni studia la pluralità delle interpretazioni avanzate nella storia su questi versetti fondativi della Lettera ai Filippesi. Comunemente denominato “inno cristologico”, esso ha offerto lo spunto per le discussioni dogmatiche circa il rapporto fra umanità di Gesù e la sua divinità.
Dopo le letture patristiche viene presentata l’esegesi medievale dell’inno che insiste sul taglio etico dell’imitazione. L’interpretazione dei due grandi riformatori, Lutero e Calvino, mettono l’accento rispettivamente su Cristo servo e sul Cristo glorioso. La sua interpretazione etica valorizza l’umiltà, via regale che introduce il fedele nella gloria divina. Un capitolo è dedicato all’uso dell’inno nelle liturgie orientali, mentre il successivo si dedica al suo impiego nella liturgia romana prima e dopo il Vaticano II.
Attualmente ritorna ogni sabato sera all’ufficio dei Vespri. Viene inoltre studiato il repertorio musicale ispirato da Fil 2 e la nozione di kenosi nel giudaismo alla luce della figura di Lévinas. L’ultimo capitolo analizza il tema della kenosi di Cristo in alcuni teologi del XX secolo: J. Ratzinger, V. Lossky, K. Barth, K. Rahner, J. Moltmann e H.U. von Balthasar.
Nel primo contributo (pp. 7-30) l’esegeta C. Focant presenta la propria interpretazione a partire dalla divisione delle due parti strofe (vv. 6-11 e 9-11), che esprimono dapprima l’azione del Cristo e poi quella di Dio nei suoi confronti. Alla luce delle inclusioni interne Focant afferma che nella prima parte la strofa termina nel v.7b (e non 7c come nella traduzione CEI 2008).
Secondo lo studioso, più che di inno cristologico si dovrebbe parlare di encomio con finalità etica. L’inno si integra felicemente nel testo, anche se non si può escludere una sua origine prepaolina. Cristo è una figura fondatrice e per questo diventa anche una figura esemplare. Egli viene offerto alla comunità cristiana di Filippi, colonia romana fortemente segnata dalla presenza dei militari romani in congedo, per offrire una visione alternativa al motivo del loro vivere comune e dell’unità da perseguire.
Quattro sono per Focant le letture possibili, non escludentesi a vicenda, sullo sfondo delle tradizioni bibliche e giudaiche: secondo le rappresentazioni adamiche (Gen 2 – 3, Cristo nuovo e vero Adamo: Di Pede, Dunn, Hooker), secondo al figura del Servo sofferente (Is 52,13-53,12: Aletti, Cerfaux, Martin), secondo la figura del giusto dal destino paradossale (cf. Sap 3-5: Feuillet, Murphy- O’Connor), contro i re che usurpano la dignità divina (cf. il re di Babilonia in Is 14,5-21; il re di Tiro in Ez 28,1-19; Antioco Epifane in 2Mac 9,1-29: Vollenweider), nel contesto romano e in rottura col cursus honorum ben conosciuto dai militari in congedo a Filippi (la signoria di Cristo si pone in relazione problematica col potere imperiale sperimentato nella colonia romana: Barclay, Hellerman, Noselle Nebreda).
La novità del testo è quello di presentare una novità rispetto al suo sfondo. Come orienta la vita umana il Figlio di Dio quando diventa a somiglianza degli uomini? L’inno annuncia la meraviglia della nuova rivelazione di Dio in Gesù: la croce è gloria, la realtà piena di Dio Padre offerta per grazia in Cristo. Essere discepolo di Gesù Cristo è avere in sé questa disposizione di spirito, la mentalità di accoglienza del dono, lungi da ogni ideale di accaparramento. Il volume si chiude con un indice delle citazioni.
L’inno a Cristo. Filippesi 2,5-11, Collana «Temi biblici», EDB, Bologna 2016, pp. 208, € 24,00. 9788810225097
Ma chi ha composto questo inno? Alfredo Campi.