Ci sono parabole di Gesù che assomigliano a racconti, come quella del figlio dissipatore che abbandona la fattoria del padre per andare in città. Altre, invece, sono brevissime, dei lampi improvvisi e illuminanti. Una di queste la conosciamo grazie al Vangelo di Marco:
Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire le sue cose se prima non avrà legato quell’uomo forte; allora ne saccheggerà la casa (Mc 3,27).
Con una straordinaria sintesi in venti parole Gesù fotografa un fenomeno di piccola criminalità, normale nella società del suo tempo. Dei ladri entrano in una casa ricca, ma il proprietario è forte e fa resistenza. I rapinatori hanno la meglio, lo legano e poi svaligiano la casa. Gesù non si sofferma a descrivere le percosse, le violenze, la devastazione. Sia lui che i suoi ascoltatori sanno di cosa si tratta.
Gesù ha uno sguardo realistico sulla società. La sua esperienza lo ha spinto a frequentare ogni ambiente. Non si è fermato ai mondi sereni e protetti. Conosce la vita dei poveri e delle prostitute, sa che fuori della casa del ricco che banchetta c’è il mendicante che ha fame. Conosce lo sfruttamento dello schiavo che dopo avere lavorato nei campi deve servire il padrone e solo dopo potrà mangiare. Sa bene che gli amministratori delle grandi fattorie rubano. Lui che non ha casa e danaro, che ha dormito tante volte all’aperto, ha potuto vedere e condividere quello che normalmente chi vive bene non vede o ignora.
La struttura delle parabole è semplice: un piccolo racconto di qualcosa che tutti capiscono diventa metafora per aiutare a capire ciò che è più difficile da comprendere. In questo caso, Gesù vuole far intuire come si fa vincere il potere demoniaco. Se vuoi vincere Satana, che è molto forte, lo devi legare. La base delle parabole è la vita reale, non una semplificazione letteraria e religiosa.
Ed è qui che c’è qualcosa di stupefacente. Gesù ha compreso come si vince Satana osservando il comportamento di un criminale. I ladri hanno prima sopraffatto il proprietario e poi lo hanno legato. Dall’esito della loro azione Gesù capisce come egli stesso debba agire. Attenzione! Non dico che Gesù si identifica con il criminale, che simpatizza con lui. Il suo sguardo rimane realistico: il ladro commette un vero crimine, il proprietario subisce un’ingiustizia. Ma il conflitto che caratterizza il furto illumina il conflitto che a cui va necessariamente incontro chi obbedisce a Dio.
La realtà è piena di violenza provocata da chi commette ingiustizie. Proprio per questo, chi difende la giustizia non può che andare incontro a lotte e conflitti.
Questa frase di Gesù apre un squarcio straordinario sul modo di pensare di Gesù sul suo modo di osservare con lucido realismo la realtà che ogni giorno viveva.