«La gente, chi dice che io sia?» (Mc 8,27). Questa domanda di Gesù ai discepoli – ogni volta così necessaria anche alla nostra coscienza, per non dimenticare certi valori fondamentali legati al messaggio cristiano –, questa domanda può essere presa come base della lettura del nuovo libro del card. Ravasi: Biografia di Gesù secondo i Vangeli (Raffaello Cortina editore, Milano 2021, pp. 256, € 19,00).
Come leggere i Vangeli
Noi non conosciamo il Vangelo. Crediamo di conoscerlo, perché ne ascoltiamo i passi durante la liturgia; ma non lo conosciamo, non ne comprendiamo la bellezza, l’arte dei rimandi o la dolcezza della parola di Gesù, semplice e alta, che gli stessi discepoli, a volte, non comprendevano.
Il Vangelo va letto interamente, come qualsiasi altro libro: una parola dopo l’altra, una riga dopo l’altra, una pagina dopo l’altra, un capitolo dopo l’altro; lentamente e attentamente, chiudendo la porta del cuore e della mente a ciò che è esterno, nel silenzio interiore ed esteriore. Una lettura così, è già preghiera, per la quale occorre la stessa disposizione interiore raccomandata da Gesù: «Quando preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt, 6, 6).
Ma il Vangelo contiene anche dei punti oscuri, all’interpretazione dei quali il cardinal Ravasi ha dedicato già un libro: Le pietre di inciampo del Vangelo [Mondadori, Milano, 2015]. La parola della croce, infatti, «è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano […] è potenza di Dio» (1Cor, 1,18); è una parola che “scandalizza”, la «pietra di inciampo che fa incespicare e cadere» (pag. 4).
Ora, con questo nuovo libro teologicamente denso, ma chiaro e accessibile, Ravasi ci viene incontro nella lettura e nella meditazione di questa parola. Il libro è anche una breve storia dei Vangeli, della loro formazione, delle comunità cristiane a cui sono rivolti, delle loro fonti e dei loro autori. Ravasi ne delinea il contesto in cui si collocano, ne traccia la trama per tematiche, per quadri, per movimenti (pur con i necessari tagli), fornendo anche dati archeologici, e richiami alle arti che in vario modo li hanno interpretati. In questo contesto deve essere inserita la figura di Gesù: la sua nascita, i suoi discorsi, le sue preghiere, il suo rapporto con il potere politico e religioso, ecc.
Gesù, fede e storia
Il Gesù dei Vangeli è, indubbiamente, il Gesù della storia, che percorre le strade predicando il Regno di Dio, circondato da folle immense di gente povera e di malati con ogni sorta di malattie; che parla loro con il linguaggio del loro mondo, «fatto di terreni aridi, di semi e seminatori, di erbacce e di messi, di vigne e di fichi, di pecore e di pastori, di cagnolini, di uccelli, di gigli, di cardi, di senape, di pesci, di scorpioni, serpi, avvoltoi, tarli, di venti, scirocco e tramontane, di lampi balenanti e piogge o arsure» (p. 163).
E la sua parola – sdegnosa verso i ricchi, verso il potere politico e religioso, verso quelli che mercanteggiano nella casa del Padre, verso l’apparenza e l’ipocrisia – reca a quelle folle gioia e conforto. Quale cuore non consolano queste dolcissime parole: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt, 11,28-30)!
Quali parole più rivoluzionarie di quelle del “discorso sul monte”! Quale racconto più bello di quello delle parabole! E chi, almeno una volta, non ha recitato quella umanissima preghiera che lui stesso ci ha insegnato! I Vangeli sono scritti stupendi, che infondono gioia e conforto a tutti, di ogni credo e ideologia, perché «la persona di Gesù non è un mito o un simbolo o un’idea che ha mosso un gruppo di adepti, bensì una figura storica» (p. 97), vero uomo tra gli uomini.
Il Gesù della storia, però, non può essere separato dal Gesù della fede; il Gesù dal Cristo, che solo la fede può farci conoscere veramente. In Gesù-Cristo, “divinità” e “umanità” è una sola realtà. Se, infatti, nell’angoscia del Getsèmani e nella morte egli si rivela pienamente uomo, risorgendo è il Dio vittorioso sulla morte.
«Il realismo della crocifissione, per i Vangeli, è una forte prova dell’incarnazione: Cristo passa attraverso il terreno proprio dell’uomo, quello del limite, della morte, della finitudine, divenendo fratello di tutti gli uomini e di tutte le donne» (p. 227). Incarnazione e Resurrezione (i misteri della fede) sono, in fondo, uno solo; in essi solamente si rivela le vera identità di Gesù. I Vangeli non trascurano la storia, ma la rielaborano teologicamente, trasformando i dati reali in segni d’una realtà che li trascende. Essi sono legati alla storia e alla fede: due realtà indivisibili.
Quando, infatti, li leggiamo, il Gesù storico non dico che ci sfugge, ma è talmente fuso con il Cristo, che non distinguiamo più l’uno dall’altro. E non capiremo quei due grandi misteri, se non ci lasciamo travolgere dalla sua parola umile e alta, umana e divina. Se, infatti, le sue parole sono profondamente umane, com’è profonda la sua preghiera prima della passione, o le sue parole d’addio (Gv, cc. 14 e 17)!
Senza la fede, non possiamo ri-conoscere Cristo, per il quale occorre uno sguardo diverso, più profondo.
Dentro la Trinità il volto dell’uomo
La professione di fede del credente – il Credo – nella sua parte centrale (la più lunga) riassume questo Gesù tra storia e fede. E con quali versi di stupefacente profondità teologica e fervore di credente, Dante, nell’ultimo canto del Paradiso ci ha lasciato un’immagine viva dell’umanità e divinità di Cristo: «O luce etterna che sola in te sidi, | sola t’intendi, e da te intelletta | e intendente te ami e arridi! || Quella circulazion che sì concetta | pareva in te come lume reflesso, | da li occhi miei alquanto circunspetta, || dentro da sé, del suo colore stesso, | mi parve pinta de la nostra effige».
Commenta Carlo Ossola: «L’epifania della Trinità ha, al proprio centro, il nostro volto: nel cuore del mistero stesso risiede un nucleo a noi noto; paradossalmente il lungo cammino verso l’essenza della Trinità ci restituisce a noi stessi» [Dante, La Divina Commedia; a cura di Carlo Ossola; Marsilio editori, Venezia, 2021; pag. XV].
In un bellissimo commento al verso 108 del canto XXXI del Paradiso, relativo al pellegrino che finalmente può vedere il volto di Cristo impresso nel lino, J.L. Borges (L’artefice, 1960) dice: «Se davvero sapessimo come fu, possederemmo la chiave delle parabole e sapremmo se il figlio del falegname fu anche figlio di Dio […]. Abbiamo perduto quei lineamenti […]. Possiamo scorgerli e non riconoscerli. Il profilo di un ebreo nella galleria sotterranea è forse quello di Cristo; le mani che ci porgono alcune monete a uno sportello forse ripetono quelle che i soldati, un giorno, inchiodarono alla croce. Forse un tratto del volto crocifisso si cela in ogni specchio; forse il volto morì, si cancellò, affinché Dio sia tutti».
Alle donne che, due giorni dopo la morte di Gesù, si recano al sepolcro e lo trovano vuoto, due uomini dicono: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» (Lc, 24, 5). Ecco: il Gesù-Cristo non cerchiamolo tra i morti, perché egli è vivo; e se non possiamo conoscerne il volto, possiamo almeno vederlo riflesso nei poveri che abbiamo sempre con noi, e presente nell’eucaristia.
Il suo messaggio di pace e d’amore non offende nessuno, perché è un messaggio umano che tutti comprendono, come comprendono il dolore, perché egli è “l’uomo dei dolori”; e il dolore unisce, forse, più dell’amore, perché è identico a tutti.
Scrive Salvatore Natoli in L’uomo dei dolori [EDB, Bologna, 2020, p. 24]: «Nell’immagine dell’uomo dei dolori vi è qualcosa che può attrarre anche chi non crede poiché nella mitezza di quel volto si può scorgere la superiore sapienza di chi non risponde al male con il male – s’intende quello inflitto – perché replicarlo vorrebbe dire mantenerlo in circolo, mentre non rispondervi significa neutralizzarlo svelandone la vanità. “L’uomo dei dolori” […] è un’immagine della pietà fatta per spezzare la “durezza del cuore”».
In questo periodo di Avvento e di preparazione al Natale, consiglierei a tutti – credenti e non – la lettura di questa splendida biografia, perché tutti possano conoscere meglio questa figura che, comunque si voglia considerare, ha rivoluzionato la storia e il pensiero, e i credenti, almeno, possano riscoprire il vero significato della sua Natività.
- Gianfranco Ravasi, Biografia di Gesù secondo i Vangeli, Raffaello Cortina editore, Milano 2021, pp. 256, € 19,00.
Di libri interessanti sia a livello teologico che non ce ne sono, con tutto il rispetto per Ravasi che scrive molto bene ed è davvero competente. Non capisco come mai non si faccia “pubblicità” anche a chi tenta di elaborare in teologia qualcosa di nuovo come l’autore di “Teologia del gioco” . Credo che se ogni tanto il sito si concedesse il lusso di parlare non solo di grandi firma, ma anche di “piccole” firme ne guadagnerebbe. Anzi farebbe un bel servizio alla Chiesa? Mica solo persone come Ravasi scrivono cose intelligenti, belle e profonde.