Chissà quante volte abbiamo recitato o cantato questo Salmo per qualche defunto. Ma… chi è morto giace e chi è vivo preghi innanzitutto per se stesso intanto che è in tempo. Anche in questo Salmo è un vivo che prega: un ebreo prima di Cristo, gran peccatore ma pentito.
Per i defunti o per i vivi?
Uno come il re Davide, santo e peccatore, con sul cuore una serie di gravi misfatti: adulterio con Betsabea (corresponsabile e desiderosa di diventare la prima donna nel regno?), uccisione pur indiretta di Uria marito di lei e soldato fedele del re, strategia vigliacca di Davide pur di arrivare ai suoi scopi malvagi… Credeva di averla fatta franca, ma troppe erano le lingue e gli occhi intorno a lui; soprattutto occhi e parola del profeta Natan, pur amico e sostegno politico del re. E Natan, da vero amico, glielo dice in faccia: Sei adultero e assassino, hai messo Dio da parte a favore del solo tuo io!
Certo, Davide, da re, poteva decidere: uccido anche te e ti metto a tacere. Non l’ha fatto: rientra così nei ranghi dei pentiti e quindi servo del Dio santo (cf. 2Sam 11–12).
In un contesto storico e vitale più o meno come quello nasce il Miserere. Ora, 3000 anni dopo, lo rileggiamo secondo l’ultima traduzione della CEI. Ne distingueremo alcuni temi: il peccato e il pentimento, la preghiera del peccatore, le invocazioni a Dio, gli impegni del convertito, la rilettura per la comunità di allora e di sempre.
Il senso del peccato nel Miserere
L’orante (Davide o chicchessia) sa di aver peccato e gravemente; ma si vede come uno impastato di peccato e di cattiveria fin dalla sua nascita: Pietà di me, o Dio, nel tuo amore, nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità, lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro… Il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Quello che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto. Contro di te, contro te solo ho peccato anche se agli occhi della gente potrei averla fatta franca e perciò a te solo io elevo la mia supplica di perdono e di rinnovamento anche col prossimo.
Ma, appunto, non c’è solo il delitto commesso in un momento di follia e di egoismo feroce: Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Qui si intravvede sia un’idea pessimistica sulla sessualità e la generazione (mentalità di quel tempo: ricordiamo anche le purificazioni delle puerpere e di Maria santissima stessa (!), sia forse l’intuizione di quella condizione generale di peccato che noi dicevamo “peccato originale originato da quello dei progenitori”. Quindi un profondo senso del singolo peccato e della situazione di male comune a noi poveri mortali e peccatori, chiamati però almeno a pentirci.
La speranza nella preghiera
La situazione di quel peccatore poteva dirsi disperata, come di chi sentiva le proprie ossa spezzate da Dio! Ma non per chi ha fede nel Dio di Abramo, di Giacobbe, di Mosè, di Davide, nel Dio cioè che è amore, misericordia, sapienza, salvezza e giustizia: Dio, per la Bibbia, è giusto sia quando punisce (o ci lascia nei nostri guai, che sarebbe il vero castigo), sia quando perdona e salva, perché è fedele alle sue promesse, fedele con se stesso e quindi anche col peccatore pentito. Su questa base si eleverà anche la straordinaria Buona Novella del Vangelo.
Sulla fede in quel Dio scaturiscono le invocazioni del nostro salmista: abbi pietà, perdona la mia colpa, cancellala, lavami tutto, rendimi puro, gradisci la sincerità del mio cuore, aspergimi con rami di issopo come si usava dai sacerdoti ebrei nei riti di purificazione specialmente dei lebbrosi prima che venissero riconosciuti con una carne ridiventata più bianca della neve; e ancora: non privarmi della tua presenza, in particolare da quella del tempio, crea in me un cuore puro e rinnova in me uno spirito saldo e generoso, non basta infatti una purificazione esteriore, fammi sentire gioia e letizia, liberami dal sangue, dalle macchie del sangue versato ingiustamente o, forse meglio, dalla vendetta esigita per sé dalla legge del taglione e da parte di autorità o di singoli vendicatori.
Preghiera e impegni
Solo invocazioni nelle preghiere? In quelle egoistiche magari, non nel Miserere. L’antico salmista, infatti, si sente in dovere innanzitutto di lodare e ringraziare il suo Dio giusto: la mia lingua esalterà la tua giustizia e proclamerà la tua lode… ti offrirò il sacrifico di un cuore contrito e affranto, che vale più di mille offerte rituali come olocausti e altre oblazioni di bestie e o di cose. E un altro impegno: insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno.
Di solito, in Salmi come questo incontriamo anche dure invettive contro peccatori e nemici; invece, qui, come nel Salmo 22 (“Dio mio, perché mi hai abbandonato?”), non solo mancano, ma addirittura leggiamo la volontà di evangelizzazione: comunicherò ad altri come me la tua opera di salvezza per incoraggiarli a mettersi anche loro sulle tue vie! Questa era già una vera conversione del cuore, ben più di una semplice aspersione con issopo o… acqua santa.
Alla fine del Salmo è evidente un’aggiunta non si sa di chi, certamente di secoli dopo, dopo la distruzione di Gerusalemme e del suo tempio da parte dei Babilonesi (586 a.C.). Si intravvede anche una mentalità diversa: quella che tornò a valorizzare anche i riti sacrificali delle liturgie del tempio. Anche queste infatti avevano il loro senso, se sorte da un insieme di cuori simili a quello del salmista.
Infine, appare evidente a tutti noi la continuità profonda tra il Miserere e il Vangelo: Dio ha tanto amato il mondo, non quello degli angeli ma il nostro!, da mandarci addirittura il suo vero Figlio con il suo Pane, il suo Sangue, il suo Spirito (Gv 3,16…). E san Paolo insisterà sull’Evangelo della giustizia di Dio per la salvezza del mondo (Rom 1,16-17…): senza un po’ di Antico Testamento alle spalle, non si potrebbe ascoltarlo correttamente.
Le vie della penitenza
Nella Chiesa, almeno dal II millennio, le vie per il perdono dei peccati postbattesimali si sono quasi ridotte al pur valido sacramento della penitenza-riconciliazione; non era così nelle Chiese del Nuovo Testamento e in quelle successive (qualche accenno soltanto: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori… Beati i misericordiosi perché otterranno misericordia (Mt 5-6): date in elemosina e tutto sarà puro per voi (Lc 11,41); la carità copre una moltitudine di peccati (1Pt 4,8); e un esempio dai Padri della Chiesa: «Vuoi festeggiare in modo puro Natale o Pasqua? Offri i tuoi beni a qualche povero e invitalo a pranzo con te».
Senza rinnegare giuste prassi, però, può essere utile ed evangelico allargare le vie della penitenza. Anche per la crisi del sacramento e più ancora del senso del peccato (e smettiamola di dare come penitenze solo preghiere!). E anche il Miserere può rivelarsi un’ottima Parola al riguardo. Come anche pagine tradizionali e moderne della Evangelii gaudium di papa Francesco, pagine rivolte a “me” che vivo in una Chiesa santa e peccatrice, dentro un mondo tanto povero di Dio e della sua giustizia, della quale però avverte nostalgia e sete.
E con il Miserere prego anche per tutti noi il Dio giusto perché anche, anzi soprattutto, misericordioso. Con papa Francesco che tanto vi insiste.