Un’estasi notturna in Oriente
Ci avviciniamo come le pecorine del presepio al Natale e, ogni anno, diventa sempre più difficile, almeno per tanti di noi, gustarne la gioia e la festa. Proviamo a riscoprirle con l’aiuto del Salmo 8, forse il più bello tra i 150 riferiti dalla Bibbia. Prima però ancora un po’ di metodo per la sua lettura.
Lo sappiamo: i Salmi non sono moderni, hanno almeno 2000 anni e vengono da un contesto sociale, linguistico e religioso un po’ diverso dal nostro moderno, tanto che, almeno a prima vista, ci suonano come campane stonate o rotte. Salvo poi avvertirne il magnifico concerto.
Per arrivare a questo, occorre un metodo: mettersi nei panni dell’autore di un Salmo, spesso percepibile dal suo testo: chi era dunque l’autore del Salmo 8, anche se non possiamo decifrarne nome, tempo e luogo precisi?
È un uomo, probabilmente un papà vicino a un suo figlioletto e alla sua mamma; una notte, all’aperto, sta contemplando – beato lui, a differenza di noi a Milano! – il firmamento con una splendida luna e un esercito di stelle come la Via Lattea. Ne è estasiato e istintivamente contempla, medita, prega. Ma non gli sfugge la faccina e le labbrucce del suo bambino, che forse ha appena succhiato il seno materno. Tutto ciò lo guida ad un’estasi, che ora risentiamo nel Salmo 8:
2) O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile (o grande) il tuo nome su tutta la terra! Voglio innalzare sopra i cieli (la lode della tua) magnificenza;
3) con la bocca di bambini e lattanti hai posto una difesa contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
Non è del tutto chiaro il senso di questi versetti; si può però intravvedere qualche, per noi ignoto, episodio in cui la magnificenza o la grandezza di Dio si è servita di piccoli per combattere forze nemiche. Comunque è chiaro: anche la boccuccia di un bimbo o lattante parla e rivela qualcosa di Dio. Che bello, anche per esperienza nostra alla vista di un bimbetto/a nella culla o sul passeggino o in braccio alla mamma! Non ci parla anche di “Altro”?
Chi è Dio e chi è l’uomo?
Il Salmo prosegue sulla scia del papà contemplativo:
4) Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che Tu hai fissato, mi chiedo, e ci aspetteremmo “Chi è allora Dio?”, invece la sorpresa:
5) che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi?
6) Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato.
7) Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi,
8) tutte le greggi e gli armenti e anche le bestie della campagna,
9) gli uccelli del cielo e i pesci del mare, ogni essere che percorre le vie dei mari.
10) O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Temo di rovinare col mio commento il mirabile testo ispirato, ma qualche parola la aggiungo. Dire che è grande il Nome di Dio è come affermare: Dio è grande (anche i musulmani lo ripetono: Hallà akbàr). Ma quanto grande? Noi moderni diciamo: all’infinito. La Bibbia non ne è quasi capace. Il Salmo infatti ricorre a due immagini poetiche eloquenti: Dio ha creato tutte quelle meraviglie (e noi moderni potremmo precisarle: galassie, energia elettrica e atomica, big-bang, forza di gravità, potenza anche del più piccolo semino, DNA, batteri, atomi e particelle subatomiche…) solo con un tocco di mano, anzi delle dita! Quindi solo Dio è così, il resto è creatura, bella e buona, magari anche potentissima, ma solo creatura: non va quindi né adorata (la polemica biblica contro gli idoli) né disprezzata, nemmeno la materia, il corpo, le realtà terrene, animali e zanzare comprese (in passato ci furono invece il manicheismo e lo gnosticismo pessimisti al riguardo). Anzi, come già pensava sant’Agostino e come suggerisce anche la scienza, Dio ha infuso proprio nella natura e nella materia una tale potenza da sprigionare a poco a poco – miliardi di anni – una evoluzione tuttora in atto (interessanti le intuizioni del gesuita e scienziato Teilhard de Chardin al riguardo, morto nel 1955).
Ma per chi quel Dio così grande ha faticato – per dir così – con mani e dita? Per realtà divinizzate, come il dio sole o la dea luna o il divino faraone? Per gli Angeli? O per se stesso, e ne aveva diritto? No: per “me, povero uomo di palta”! Bellissimo e incredibile, incredibile e stupendo. Basta riflettere un attimo sulla nostra piccolezza, miseria, mortalità, stupidità, egoismi, cattiveria e ferocia, bestemmie e urla anche contro l’effettivo interesse di Dio per noi. Faccio fatica a credere a un messaggio come quello del Salmo 8. Dubbio. Domanda. Buio. Attesa di qualche luce…
Anche l’uomo è grande
La Bibbia suggerirebbe: attesa. Sia perché, nonostante tanti limiti, anche l’uomo è un “grande”, capace di opere meravigliose e anche di gesti d’amore insospettabili, di generosissimi eroismi, di speranza dura a morire (come quella di certi Ebrei dopo la Shoàh)… Ma grande ancor di più perché un divino Figlio di Dio si è fatto “carne” e “Figlio dell’uomo”, mediante una povera donnina di Nazaret e del suo strano sposo Giuseppe, figli ambedue di une stirpe di santi e peccatori, di poveri uomini della nostra umanità. Si può quindi parlare di “mistero” anche per l’uomo (e, ovviamente, anzi forse di più, per la donna). E quindi che senso ha tutto ciò, morte e grandezza umane comprese? Domanda inevitabile. E quale risposta intravvedere?…
Non per niente già i primi cristiani avevano intravvisto in quel “figlio dell’uomo” del v. 4 del Salmo 8 non solo l’uomo in genere ma anche e soprattutto un Figlio dell’uomo venuto dal cielo: 1Cor 15,25-27; Ef 1,22; Eb 2, 5-8. Ecco qui il vero “Signore” anche della morte e quindi la vera fonte di speranza per tutti noi poveri mortali. Anche la festa del Natale ci richiama a questa speranza. Comunichiamola anche alle… pecorine del presepio. Cantando il Magnificat di una povera donna di Nazaret. Aperti sempre al duplice intrecciato mistero: Dio e l’uomo, Lui e “io”, Lui e noi dentro il creato e la storia, con doni e responsabilità reciproche, in “alleanza”.
Rileggiamo adesso quella perla che è il Salmo 8 e il suo invito a contemplare insieme sia la grandezza divina sia quella dell’uomo, creato «poco meno degli Angeli» – si leggeva in vecchie traduzioni – «poco meno di un dio» in quella nuova della CEI da cui ho ripreso il testo. E in questa luce proviamo a guardarci l’un l’altro, l’uno e l’altra…