Almeno dalla Divino afflante Spiritu del 1943 e dalla Dei verbum del 1965 gli studi biblici rivelano un cammino paragonabile a uno tsunami: ne vennero travolte vecchie letture e interpretazioni per lasciare il posto a… che cosa?
Nel bagaglio di biblisti e lettori comuni si accumulò una notevole dose di ipotesi e controipotesi, di novità e di sconcerti. Pensiamo al campo della Genesi e degli altri libri del Pentateuco, alla ricostruzione della storia di Israele da Abramo in poi, alla divisione di Isaia in tre libri ecc. Con un libro come questo del famoso archeologo e storico del Medio Oriente Mario Liverani quella dose potrebbe aumentare a dismisura.
Il ponderoso volume, che comprende anche quasi 80 pagine di bibliografia ragionata, tende a ricostruire in modo laico la storia di Israele e dell’Antico Testamento soprattutto dal 1200 a.C. al postesilio fino a circa il 300 a.C.
Lo scopo è perseguito con l’attenzione ai testi biblici, ma più ancora ai numerosi reperti archeologici e letterari del Medio Oriente, Palestina ovviamente compresa.
Qualche tempo fa si diceva che l’archeologia non aveva molto da dire; con Liverani si direbbe il contrario, benché non con l’intento di riaffermare che “la Bibbia aveva ragione”, anzi.
L’illustre storico, infatti, ripete continuamente che la ricostruzione storica più diffusa tra ebrei e cristiani è largamente una rielaborazione, un’“invenzione” più o meno tardiva: risalente in gran parte a ebrei del postesilio babilonico, preoccupati di dare un fondamento alla loro nuova situazione politica, religiosa e sociale appunto postesilica.
In funzione di questa sarebbero state inventate, sia pure con richiami a racconti più antichi e con agganci alle culture dei popoli vicini, vicende dei patriarchi, di Mosè e della “sua” legge, di Giosuè e dei Giudici, dei primi re e dei loro successori, la costruzione di un regno unitario poi diviso, quella del tempio cosiddetto salomonico e della sua distruzione ecc. Tutto o quasi inventato e retroproiettato in funzione del presente postesilico e del futuro. Ciò anche sfruttando materiali precedenti pur contrastanti tra loro e per sé addirittura controproducenti (come racconti fiabeschi o scandalosi e “orrendi” del libro dei Giudici: aspetto questo che l’autore sfrutta poco, come a pag. 332 e 338. Qui ho l’impressione che lo storiografo Liverani, si sia lasciato troppo guidare da una specie di precomprensione a favore dell’epoca postesilica. O mi sbaglio?
Si salva di più il fenomeno dei Profeti? Nel libro è ricordato, ma troppo frantumato e a servizio della tesi sostanziale. Specialmente con il fenomeno grandioso dei profeti di Israele si può collegare quello dello specifico dell’AT, che lo distingue, nonostante varie somiglianze, da altre religioni.
Anche il prof. Liverani tocca qua e là questa tematica (per esempio, pag. 225s), ma senza mai approfondirla, tanto meno nelle pagine conclusive, dove ce lo si poteva aspettare: lui ne riconosce la validità per uno studio storico, ma non lo affronta, limitandosi ad affermare che uno studio storico anche solo come il suo può produrre serie conseguenze su problemi attuali, come quello dei rapporti tra ebraismo e altri popoli (pp. 406s).
Il libro è corredato, oltre che di una ricchissima bibliografia, anche di cartine geografiche e di tavole cronologiche. Rimane ovviamente un’opera di lettura non facile, è direttamente per specialisti; tuttavia anche un lettore normale può percepirne la sostanza e ricevere un forte e salutare invito a leggere la Bibbia in modo sempre più attento a testi e contesti, andando anche “oltre” l’immediato; pur senza però perdere di vista il suo complesso straordinario e la sua capacità di parlarci anche oggi. E magari anche a nome di un Altro.
Mario Liverani, Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele, Laterza, Bari 2012-2019, pp. 510, € 24,00.