Tempo e storia nel cristianesimo

di:

penna

Il docente emerito della Lateranense studia il tempo e la storia come fattori imprescindibili per l’identità del cristianesimo. Mentre per la gnosi, contemporanea alla nascita del movimento di Gesù, la salvezza si ha nella conoscenza e tramite una illuminazione al di fuori del tempo e della storia, per il giudaismo e il cristianesimo, che ne è il prolungamento storico, è essenziale il radicamento della salvezza nel tempo, nella storia, nel mondo, nella carne. Caro cardo salutis.

Dopo un primo chiarimento dei termini “tempo” e “storia”, Penna traccia le coordinate del pensiero sul tempo ciclico che caratterizza il mondo greco-romano e l’induismo. Quattro sono le età del divenire. Ce le descrivono Esiodo, Ovidio e l’induismo (cc. I e II, pp. 9-14.15-24).

Nel c. III (pp. 25-36) Pitta fa notare che, nel giudaismo, vige invece una concezione lineare del tempo e della storia, diretta verso il compimento con la venuta del Messia, discendente ultimo e glorioso di Davide. La storia ha un senso interno a sé stessa, in quanto inizia con la creazione da parte di Dio e termina con la redenzione ultima. Il giudaismo è pervaso dal pensiero messianico e la letteratura apocalittica colorerà il pensiero con un immaginario tutto particolare, dai toni spesso tragici e spaventosi nel loro coinvolgimento del cosmo intero.

Il cristianesimo condivide la concezione lineare del giudaismo, ma vede la sua conclusione nel ritorno di Gesù risorto nella sua gloria. La linearità è in sé “a spirale”, coinvolgendo il fatto decisivo della nascita di Gesù nella storia, nel suo ministero terreno, nella sua morte e risurrezione che lo pone alla destra di Dio, in una posizione di signoria che domina salvificamente uomini e cose. Con il suo avvento, il tempo per l’uomo non è solo chrónos, tempo misurabile, ma kairós, tempo opportuno di grazia e di salvezza tramite anche una decisione personale.

Compimento del tempo nel Gesù storico

Il c. IV (pp. 37-78) illustra chiaramente come il tempo abbia un suo compimento (iniziale) nel Gesù storico. La “pienezza del tempo” (Gal 4,4) non è data dall’impero romano, ma dalla nascita di Gesù, dal suo impegno pubblico e dalla sua morte in croce come momento finale – eppure transitorio – verso il compimento davvero conclusivo di ogni realtà con la parusia, il giudizio finale e la conclusione della storia nella salvezza che Dio vuole concedere a tutti gli uomini che si aprono a lui.

L’impegno pubblico di Gesù offre un’occasione propizia – un kairós – per ciascuno uomo. Penna sottolinea il comportamento “scandaloso” di Gesù che offre salvezza anche alle persone più disprezzate e peccatrici del tempo (pp. 44-57) e mostra un’autoconsapevolezza messianica ben precisa (pp. 58-63).

La persona di Gesù e il movimento religioso che nasce con lui è segnato dal paradosso di un tempo finale – un éschaton – che si compie nella storia. Per il momento in modo iniziale, ma diretto verso un compimento definitivo e onnicomprensivo di ogni realtà.

Penna descrive questo paradosso parlando della testimonianza degli scritti del NT, della missione del Figlio, del superamento-compimento della Legge e dell’adozione a figli.

L’evento pasquale segna un altro inizio con un nuovo Adamo. La riflessione paolina in Rm 5 e altri testi – analizzati nel c. V (pp. 79-96) – mostra nel cristianesimo una seconda nascita, vedendo Gesù nella sua morte come un anti-Adamo (Rm 5,15-19) e in Gesù risorto il neo-Adamo (1Cor 15,20-28).

Penna analizza questi brani paolini con la chiarezza e la profondità ben conosciute dai lettori.

La tensione verso l’omega conclusivo

Il titolo del libro – Ecco ora il giorno della salvezza – riporta il testo di 2Cor 6,2 ed è approfondito dallo studioso nel c. VI (pp. 97-120). Il presente è un tempo importante, decisivo – un kairós –, segnato dall’effusione (ancorché iniziale, a livello di “caparra”) dello Spirito Santo.

Questa effusione rende l’uomo che si apre nella fede in Gesù “una nuova creazione/creatura”. Quest’ultima è posta in un’esistenza definitiva, decisiva fin d’ora, nella storia, anche se conoscerà la sua pienezza di redenzione solo nell’ultimo giorno.

Nessuna fuga dal mondo per Gesù e neppure per Paolo. Occorre sfruttare bene il tempo che abbiamo a disposizione.

Nel c. VII (pp. 121-168) Penna annota come anche in Col 1,5 e altri testi del NT si riscontra la medesima tensione verso l’omega conclusivo, con una forte dialettica tra presente e futuro, il “già e il non ancora”, perché “la speranza ci sta (ancora) davanti” (cf. Col 1,5).

Il momento finale sarà un evento di portata collettiva che abbraccia anche la creazione tutta (cf. Rm 8) e una portata individuale, con un giudizio particolare.

Lo studioso analizza il vocabolario della fine, nella sua dimensione comune e personale. A livello comune si parla di regno di Dio, Gerusalemme celeste, Geenna, fuoco, tenebre, pianto e stridore di denti, millennio.

A livello personale Paolo parla mèta-premio (con doppio senso: esiste un termine-traguardo da raggiungere che egli non ha ancora conseguito in pienezza). Difficile è anche l’interpretazione di “premio della vocazione che viene dall’alto”, da Dio in Cristo Gesù.

Luca parla di “seno di Abramo”, mentre 2Cor 5,1-5 riporta una pericope impegnativa che parla di abitazione, vestito ed esilio. Qui si innesta la difficile interpretazione di un possibile stato intermedio delle persone alla fine della storia. L’importante è essere trovati “non nudi”.

Paolo, comunque, non parla mai di psychē (anima) in contrapposizione a corpo/carne.

Penna riassume il ragionamento paolino in questi termini: «Qui Paolo esprime tre cose: la speranza di essere trovato all’avvento del Signore ancora nel corpo (come in 1Ts 4,15; 1Cor 15,51); il timore di essere però sorpreso “nudo”, cioè senza il corpo e, quindi, già morto (2Cor 5,8-9); e la certezza di continuare comunque la propria esistenza grazie allo pneûma ricevuto come caparra del futuro (come in 2Cor 1,22; Ef 1,14)» (p. 146).

La metafora della partenza è frequente negli antichi bassorilievi sepolcrali greci e Paolo parla di «partire ed essere con Cristo» in Fil 1,23. Infine, c’è l’immagine del paradiso, usata solo tre volte nel NT: Lc 23,43; 2Cor 12,4; Ap 2,7.

Il Nuovo Testamento è attraversato dal sogno di “cieli nuovi e terra nuova” (cf. Rm 8,19-23, con la bella immagine del parto), mentre non mancano le immagini di cataclismi terrificanti, tipici delle pericopi di pensiero e di vocabolario apocalittici. Sono un cliché ben collaudato. Di cieli nuovi e terra nuova parlano anche 2Pt 3,13 e Ap 21,1-5.

Il giorno ultimo è visto come “giorno del Signore”: venuta escatologica di Dio o del Messia ma anche presenza fin d’ora della sua signoria onnipotente.

Penna ricorda come la parusia non sarà un avvento, una venuta assoluta, perché, come la risurrezione seguì alla croce, così la parusia deve seguire alla storia. La speranza non è un assoluto, perché si fonda sulla fede. La “cosa ultima” (éschaton) poi non è un fatto astratto o materiale o neutro o impersonale, ma «una persona viva, di cui sappiamo non solo che deve venire ma che è venuto e che viene, ed è già in camino per incontrarci» (p. 159).

Il pensiero cristiano tende, in ogni caso, a non spaventare nessuno. “Nessuno vi inganni” (Mt 24,4; 2Ts 2,3). Se nel NT ci sono testi che vedono come vicina la parusia, testi deuteropaolini molto chiari affermano che la fine non è imminente, ma dovrà essere preceduta dal dilagare del male e dell’Anticristo, “tenuto/trattenuto” da “qualcuno/qualcosa”.

Il giorno finale non lo conosce neppure il Figlio dell’uomo. Importante è vivere con serenità nella fede operosa, trasformando il chrónos in kairós di salvezza.

Un capitoletto conclusivo (pp. 169-17) e riassuntivo è dedicato al paradosso cristiano di un tempo compiuto eppure aperto. La storia ha una ragione all’infuori di sé stessa (contro il pensiero moderno), che è Dio creatore e Gesù redentore. Un breve excursus è dedicato al tempo di un giubileo (pp. 164-167).

Un indice degli autori citati (pp. 173-176) chiude il prezioso volume di Penna, sempre impeccabile nella chiarezza e nella padronanza della materia, che, en passant, spiega alcune pericopi bibliche non sempre facili da interpretare.

  • ROMANO PENNA, “Ecco ora il momento favorevole”. Il tempo e la storia fattori di base dell’identità cristiana, Ed. San Paolo, Cinisello B. (MI) 2024, pp. 184, € 20,00, ISBN 9788892244665.
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