Un’operazione notturna della polizia austriaca, nella notte tra l’8 ed il 9 dicembre scorso ha suscitato grande indignazione e sconcerto non solo in Austria: fatta irruzione nel monastero delle suore francescane di Langenlois (distretto di Krems, Bassa Austria), gli agenti sono penetrati nella zona claustrale e tra le proteste vibranti delle suore hanno arrestato Ziaulrahman Zaland, 22enne richiedente asilo afghano.
L’asilo della chiesa
Zaland era ospitato dalle suore nel regime di santuario d’Asilo, il KirchenAsyl, cioè l’offerta di alloggio a richiedenti asilo che abbiano visto la loro domanda respinta. Si trova a Langenlois dall’agosto 2015 ed è uno studente della Scuola francescana di professioni sociali dal 2017, con la previsione di diplomarsi nel giugno 2020.
Nel caso del profugo afghano è stato chiesto direttamente l’intervento del presidente federale della Repubblica austriaca, Alexander Van der Bellen. La protesta ha sortito effetti positivi per Zaland, che, rimesso in libertà ora potrà ancora restare in Austria in attesa di giudizio, ma presentandosi giornalmente dalla polizia.
Questo episodio rinnova in maniera rumorosa il problema del KirchenAsyl, cioè dell’asilo della Chiesa. Un approccio così rigido da parte delle autorità non è in realtà un caso isolato, sia in Austria sia in Germania.
In Germania
Anche in Germania il KirchenAsyl per i richiedenti asilo in situazioni molto difficili è stata presa di petto dalla politica e dall’amministrazione dei Lander: nella cosiddetta “chiesa d’asilo” o “santuario”, le comunità parrocchiali o i religiosi e le religiose di un qualche monastero o convento, accolgono i richiedenti asilo a rischio di espulsione.
Ciò in realtà nella coscienza della violazione della legge, ma alla luce di un documento della Conferenza episcopale tedesca del 2015, si parla dell’“asilo nella chiesa” come “ultima ratio”, ovvero un richiesta di gestione molto accurata del bene prezioso che è la vita umana del richiedente asilo, attraverso una “forma di disobbedienza civile non violenta”.
Secondo Andreas Lob-Hüdepohl, teologo ed esperto di etica sociale, membro del Comitato centrale dei cattolici tedeschi, «“l’asilo della Chiesa” è un atto di aiuto d’emergenza. A volte capita che la domanda di asilo di un rifugiato sia stata esaminata in modo errato»: in questo senso però, sostiene il teologo, «l’asilo della Chiesa non intende concedere l’asilo stesso. Questo non è possibile perché la chiesa non è uno “stato all’interno dello stato”. Le congregazioni ecclesiali non sono un’area legalmente libera che, secondo i loro gusti, può o meno concedere asilo. Ciò distingue l’asilo della chiesa di oggi dai suoi predecessori storici. Oggi, per motivi di diritti umani, sta facendo una campagna per l’asilo, che lo stato dovrebbe concedere alle persone che sono in pericolo immediato – se necessario con il sostegno di cristiani impegnati nelle congregazioni ecclesiali. Questo è il motivo per cui preferisco parlare di “asilo con la Chiesa” invece di “asilo nella Chiesa”».
Uno schiaffo
La maggior parte di coloro che chiedono protezione alla Chiesa sono i cosiddetti casi di Dublino, i profughi che dovrebbero essere reindirizzati nel primo paese di ingresso dell’Ue per presentare domanda di asilo.
Ma, se il periodo di trasferimento scade – inizialmente sei mesi – la Germania è responsabile della domanda di asilo. Situazione simile è anche in Austria. In Germania nel 2015 la Chiesa Cattolica e la Chiesa Evangelica, con il Bundesamt für Migration und Flüchtlinge – l’Ufficio federale della migrazione e dei rifugiati (Bamf) avevano raggiunto un accordo di cooperazione per i casi più difficili a livello umanitario. Ma dall’agosto 2018 il periodo di trasferimento può essere esteso a 18 mesi se i comuni non soddisfano determinati requisiti: i Lander hanno così prodotto, d’accordo con il Bamf, un drastico irrigidimento delle regole inizialmente concordate con le Chiese. La nuova realtà ha portato nel 2018/2019 alla soluzione positiva per solo il 2% del casi KirchenAsyl autorizzati a presentare la domanda in Germania per motivi umanitari: nel 2016 era di circa l’80%.
Secondo il Coordinamento ecumenico del KirchenAsyl, al 28 ottobre 2019 si conoscono 441 santuari attivi con almeno 703 persone, di cui circa 155 sono bambini. 417 dei richiedenti accolti nei santuari sono ricollegabili all’accordo di Dublino.
Suor Franziscka Bruckner, superiora generale delle suore del III Ordine di San Francesco del convento di Langenlois afferma che «la ragione deve essere posta prima della politica simbolica» e si deve primariamente applicare il diritto umanitario alla permanenza. Come responsabile di una comunità che ha dimostrato di aver curato l’integrazione del richiedente asilo Ziaulrahman Zaland, suor Bruckner vede l’azione della polizia dell’immigrazione come «uno schiaffo in faccia ad ogni sforzo per fare un’integrazione significativa».
Agenzia SIR, 28 dicembre 2019