Futuro anteriore è il Rapporto Caritas 2017 su povertà giovanili ed esclusione sociale in Italia. Riportiamo in allegato il documento originale e per esteso l’Introduzione di don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana.
A più di vent’anni di distanza dal primo Rapporto sulla povertà di Caritas Italiana, pubblicato nel 1996, ci ritroviamo di nuovo a denunciare la persistenza del fenomeno nel nostro Paese. Rispetto al passato, i dati del Rapporto ci consegnano alcune specifiche differenze: la povertà, da un anno all’altro, è ancora una volta aumentata (mentre alla fine degli anni ’90 appariva sostanzialmente stabile). La seconda differenza è che le persone più penalizzate non sono più gli anziani, i pensionati, come nel passato, ma i giovani.
Il titolo del Rapporto, Futuro anteriore, intende descrivere in chiave simbolica questo fenomeno. Molti dei nostri giovani hanno ormai uno sguardo disincantato verso un futuro che vedono costellato di incognite e di incertezze e quasi uno sguardo nostalgico verso il passato.
I dati di questo rapporto confermano una realtà che le giovani generazioni sperimentano sulla loro pelle: i figli stanno peggio dei genitori; i nipoti stanno peggio dei nonni. Gli studi scientifici sul tema del divario generazionale sottolineano infatti che la ricchezza media delle famiglie con giovani capofamiglia è meno della metà di quella registrata venti anni fa e che l’autonomia dalla famiglia di origine viene conquistata in età sempre più avanzata.
La scelta di porre i giovani al centro del Rapporto povertà di quest’anno è in sintonia con l’attenzione di tutta la Chiesa alle future generazioni.
Le forti povertà e diseguaglianze caratterizzano la nostra famiglia umana, e la sete di potere così come la crescita avida e irresponsabile continuano a mettere a dura prova il creato, senza curarsi di quest’ultime.
«Sappiamo – sottolinea papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ – che è insostenibile il comportamento di coloro che consumano e distruggono sempre più, mentre altri ancora non riescono a vivere in conformità alla propria dignità umana… La crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Ma non c’è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo».
Ma ora sono gli stessi giovani che esigono da noi un cambiamento, ben sapendo che continuando di questo passo non è possibile costruire un futuro migliore. La diffusa situazione di vulnerabilità dei giovani emerge con chiarezza anche dallo studio di Caritas Europa, che ha scelto proprio la dimensione giovanile come aspetto centrale del Cares Report 2017, il rapporto sulla povertà in Europa, che sarà presentato nei primi mesi del 2018, e che comprende anche dei report specifici sulle differenti situazioni nazionali (la versione in inglese del rapporto sulla situazione italiana, l’Italy Report, è allegata al presente volume). Il confronto tra i diversi paesi dell’Unione Europea penalizza fortemente l’Italia: siamo il terzo paese dell’Unione ad aver incrementato il numero dei giovani in difficoltà, che dal 2010 al 2015 sono passati da poco più di 700mila a quasi 1 milione.
La crisi economica ci lascia un piccolo “esercito” di poveri, superiore per entità a quello della popolazione di un’intera regione italiana.
Uno sguardo complessivo al testo del Rapporto mette in luce aspetti e zone d’ombra di varia natura.
In primis il divario intergenerazionale in termini socio-economici che penalizza i giovani nei confronti delle classi di età più anziane, meglio retribuite e con maggiori livelli di protezione sociale. Ma poi ci sono molte altre forme di povertà: la povertà culturale e i fenomeni di dispersione scolastica; la disoccupazione, da cui deriva in parte il tema dei giovani Neet, privi di lavoro e fuori dal circuito educativo-formativo; la condizione di vita delle nuove generazioni di stranieri, con particolare attenzione ai rifugiati e richiedenti asilo; le nuove e vecchie forme di dipendenza; il difficile accesso dei giovani alla casa, che ostacola e inibisce sul nascere la “voglia di futuro” delle nuove generazioni.
Tutte situazioni rilevate dalle nostre parrocchie e dai centri Caritas. In effetti le persone che si rivolgono ai centri di ascolto sono sempre più giovani: l’età media è pari oggi a 43,6 anni; oltre il 10% degli italiani incontrati ha un’età compresa tra i 18 ed i 34 anni; rispetto all’anno scorso, la componente anziana appare invece stabile. E nei centri di ascolto iniziano a palesarsi anche situazioni di povertà che vengono trasmesse di padre in figlio e che alimentano la più iniqua delle disuguaglianze: la povertà minorile. Le ristrettezze e le privazioni vissute dai più piccoli (sia di ordine materiale che di ordine educativo) generano effetti e ripercussioni sull’intero ciclo di vita, andando a creare circoli viziosi di povertà da cui sarà difficile, se non impossibile, affrancarsi.
La presenza sempre più numerosa di persone in giovane età che si rivolgono alla Caritas pone poi una serie di importanti interrogativi ai servizi, ai volontari, agli operatori, ai sacerdoti.
In primo luogo, data la multidimensionalità del fenomeno, le risposte alle nuove forme di povertà giovanili non possono essere solamente di tipo tradizionale, e devono necessariamente spingersi oltre la stretta dimensione dell’aiuto materiale. Occorre investire molto sull’aspetto educativo, sulla formazione, sulla componente motivazionale e di autonomia personale, in modo da garantire ai ragazzi in difficoltà forme personalizzate di accompagnamento e orientamento. Colpisce a tale riguardo il dato che quasi il settanta percento dei giovani tra 18 e 24 anni che si rivolgono ai centri di ascolto Caritas hanno un livello di educazione uguale o inferiore alla licenza media inferiore. Un livello di capitale formativo che ci sembra assolutamente inadeguato per poter rispondere alle nuove esigenze del mercato del lavoro, italiano ed europeo.
Sulla dimensione occupazionale la Caritas non può certamente offrire risposte definitive, ma anche in questo caso è agevole evidenziare progetti innovativi, sul versante della Social Economy, promossi da varie Caritas diocesane, e che puntano ad offrire percorsi innovativi di inserimento lavorativo, rivolti non solamente a ragazzi provenienti da famiglie in difficoltà, su versanti e ambiti di lavoro inediti (turismo solidale, agricoltura sociale, artigianato locale, valorizzazione dei beni culturali e ambientali, aiuto alla persona, integrazione degli immigrati e dei rifugiati ecc.). O ancora le numerose progettualità diocesane finalizzate alla formazione e alla riqualificazione professionale che prevedono, a volte, anche un accompagnamento e tutoraggio per la creazione di impresa.
Nel suo videomessaggio per la 48ma Settimana sociale dei cattolici a Cagliari, lo scorso 26 ottobre papa Francesco ha infatti evidenziato che: «Tra tante difficoltà non mancano tuttavia segni di speranza. Le tante buone pratiche che avete raccolto sono come la foresta che cresce senza fare rumore, e ci insegnano due virtù: servire le persone che hanno bisogno; e formare comunità in cui la comunione prevale sulla competizione».
Alla luce di queste indicazioni dobbiamo interrogarci anche su coloro che, pur essendo in difficoltà, non giungono per diversi motivi alle nostre porte. A tale riguardo, uno degli sforzi maggiori degli operatori Caritas è quello di lavorare sempre di più in sinergia, al fine di coinvolgere attori diversi, non necessariamente specializzati nel settore dell’assistenza sociale, ma vicini all’universo giovanile, nelle sue variegate forme.
La riflessione di Caritas Italiana sul tema dei giovani non si conclude dunque con la pubblicazione del presente Rapporto, ma si svilupperà nei prossimi mesi, attraverso una serie di attenzioni specifiche al tema della condizione giovanile, con un’attenzione particolare ai giovani che stanno peggio, che provengono da famiglie in difficoltà, nelle periferie esistenziali e geografiche del nostro paese.
È questo il contributo che vogliamo offrire alla più ampia riflessione pubblica, in attesa della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi della Chiesa universale, che si svolgerà nel mese di ottobre 2018 e che avrà come tema «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale».
Un appuntamento cruciale per la costruzione di percorsi di incontro, accompagnamento e cura dei giovani – nessuno escluso – nel loro cammino esistenziale verso la maturità affinché, attraverso un processo di discernimento, possano scoprire il loro progetto di vita e realizzarlo con gioia, aprendosi all’incontro con Dio e con gli uomini e partecipando attivamente all’edificazione della Chiesa e della società.
In questa prospettiva auspichiamo che una lettura attenta del Rapporto possa rappresentare uno strumento utile, da valorizzare sul territorio, sul piano culturale oltre che strettamente ecclesiale. Per essere davvero “lievito sociale” e restituire alle nuove generazioni «il diritto di poter camminare verso mete importanti e alla portata del loro destino» (10 giugno 2017, discorso di papa Francesco al Quirinale).