Il lungo terremoto del 2012 ha cambiato il paesaggio e, soprattutto, la vita delle persone e delle comunità. Anche la Chiesa è cambiata. A quattro anni dal sisma le comunità cristiane coinvolte tracciano un primo bilancio. I danni, la paura e la morte le hanno scosse portando spesso a ripensare il modo di stare insieme e di continuare a credere e pregare. Le attività pastorali e liturgiche non si sono interrotte, anche se gli edifici inagibili hanno costretto a vivere nel provvisorio e a ripensare spazi e organizzazioni. Qualche volta la tensione ha creato scontri e allontanamenti, ma il più delle volte sono rifiorite nuove forze e solidarietà.
Un convegno a Crevalcore ha cercato di raccontare la strada fatta insieme dalla Chiesa, dalla società civile e delle istituzioni. Nel mezzo del cammino della ricostruzione. Potrebbe essere un periodo di affaticamento in cui potrebbe venire meno l’entusiasmo iniziale. «Ecco perché bisogna continuare a guardare con urgenza al futuro – ha detto l’arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna, monsignor Matteo Zuppi, in un’intervista rilasciata a Bologna Sette – con quella fretta e urgenza dei “primi tempi”, senza rassegnazione. Il messaggio per il domani è di grande speranza: l’unità che ha messo insieme credenti e non credenti nella solidarietà è il patrimonio più grande che abbiamo da spendere per il futuro. È stata la vera forza che ha saputo contrastare la distruzione del sisma. Questo ci permette di guardare fiduciosi in avanti».
Il futuro passa necessariamente per la via della ricostruzione anche materiale degli edifici danneggiati. «I lavori fatti in questi anni – ha spiegato ancora monsignor Zuppi – hanno reso ancora più bello quanto esisteva prima del sisma. È la capacità straordinaria dell’uomo di ripartire: non solo di adattarsi ma di rendere la realtà intorno a sé ancora più bella. Penso per esempio anche alle chiese provvisorie, che sono edifici molto belli e che sono una risorsa straordinaria da tutti i punti di vista per le nostre comunità. Sono espressione di parrocchie che vogliono continuare a stare insieme e crescere nella fede».
Nella sua visita a Novi del 26 giugno 2012 papa Benedetto XVI ha richiamato le parole del Salmo 46: «Dio è per noi rifugio e fortezza, / aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce. / Perciò non temiamo se trema la terra, / se vacillano i monti nel fondo del mare». «È un passaggio fondamentale – ha detto ancora l’arcivescovo di Bologna, monsignor Matteo Zuppi – e posso dire che grazie a una fede molto forte i credenti hanno saputo affrontare le tante difficoltà e ancora oggi sono da essa sostenuti nella ricostruzione, che nei vincoli necessari dettate dalle tempistiche tecniche, deve affrettarsi per dare una sistemazione definitiva alle tante comunità ancora nel provvisorio».
Ci si salva insieme. Nelle comunità non si può andare avanti da soli. «L’esperienza del terremoto – ha detto l’arcivescovo nell’omelia della messa celebrata nella chiesa provvisoria di Crevalcore – vi ha fatto scoprire la solidarietà e la fragilità. La solidarietà soprattutto quella dei primi tempi quando aiutare gli altri era urgente e gratuito. E la fragilità che ci ha aperto alla sensibilità verso gli altri. È questo il momento doloroso del ricordo, ma anche quello della ripartenza per essere ancora più determinati nel ricostruire».
L’opera di ricostruzione richiede la virtù della pazienza che non è rassegnazione, ma certezza nel presente di un futuro migliore. «Quella che avete avuto in questi anni – ha aggiunto l’arcivescovo – è quel tipo di pazienza che sa sempre che c’è qualcosa di più bello che deve venire. È la pazienza dei profeti. Giobbe non cede alla rassegnazione e alla maledizione, ma crede che l’amore del Signore lo aiuterà. Crede comunque che il Signore lo capirà. Il terremoto non sempre è quello esterno, ma a volte è anche dentro di noi. La notte della paura non scompare con l’ultima scossa».
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